Così l'addio a Mastroianni diventa «caso» politico di Antonella Rampino
Così l'addio a Mastroianni diventa «caso» politico Così l'addio a Mastroianni diventa «caso» politico IL PALAZZO ROMA. Sofia Loren sì, e Alessandra Mussolini no. Walter Veltroni sì, e Silvio Berlusconi no. I funerali di Mastroianni hanno diviso, se ancora ce n'era bisogno, gli italiani. Di qua la gente del cinema, commossa dietro il feretro, anche se il comandamento numero uno, in quel mondo, è the show must go on, lo spettacolo innanzi tutto. Di là i politici: la sinistra c'era, la destra no. La sinistra ha dato cattiva prova di se stessa, ha commentato Beniamino Placido sulla Repubblica. Perché si sa che se Mastroianni ha interpretato un tipo di italiano, questo era proprio il cittadino impolitico. «La destra ha perso l'occasione di far parte della memoria del Paese, di condividere un valore, di cessare gli antichi furori» ha scritto, la vigilia del giorno di Natale, Ernesto Galli della Loggia sul Corriere detta Sera. Passati i tempi in cui Giulio Andreotti se ne andava al festival del cinema di Venezia ad accusare il neorealismo di contrabbandare un'immagine dell'Italia come patria di straccioni, i politici italiani continuano a ragionare proprio come Galli della Loggia: «Da quando esiste il cinema, anche gli attori, i grandi attori, sono la memoria di un Paese». Con buona pace del teatro, dei commedianti e martiri, e di tutte le altre forme di rappresentazione della vita. «Ma perché, se è morto un uomo famoso, e che certo ha interpretato bene un certo spirito italiano, un politico non può avere un po' di pudore?» ribatte, con un interrogativo retorico, Pierferdinando Casini, che pure in altre situazio¬ ni ha mostrato minori timidezze. «Avevo pensato anch'io di andare al funerale di Marcello Mastroianni» dice invece Francesco Storace. «Ma sapevo come sarebbe andata a finire: avrei dovuto star zitto ad assistere a un comizio di Veltroni». Ha chiesto di parlare e glielo hanno impedito? Come sapeva che Veltroni avrebbe «fatto un comizio»? Storace risponde con una frase che dice di aver sentito in tv, pronunciata da Francesco Rutelli, ma forse con uno spirito diverso: «Se Marcello avesse saputo cosa sarebbe accaduto al suo funerale, sarebbe stato il primo ad alzarsi ed andare via». Insomma, di qua una parata della sinistra. Di là la destra che, chiamata in causa con nomi e cognomi da Galli della Loggia, si sfila dalla polemica: è irrispettoso fare politica ai funerali. Però, nota Casini, non si può certo criticare Veltroni e Rutelli che lì rappresentavano due istituzioni, il ministero della cultura, e la città di Roma. Non piace alla destra proprio l'accusa principale che Galli della Loggia muove: «L'assenza del Polo attorno al feretro di Mastroianni è la riprova che nella memoria dell'Italia repubblicana la destra non c'è». Addirittura. In democrazia, governare non è solo questione di numeri, è il ragionamento dell'opinionista. E, sostanzialmente, la destra è sradicata, certo soprattutto per ragioni storiche, proprio dalla cultura, dall'immaginario della società italiana. E non coglie al volo le occasioni che l'aiuterebbero a cominciarlo, questo necessario radicamento. Chissà cosa penserà, dall'alto della sua nuvoletta, Marcello Mastroianni. E chissà cosa ne penserà Federico Fellini, di cui Mastroianni è stata la personificazione cinematografica. Pelimi, che quando fece un film, un unico fimi (ipolitico», ed era «Prova d'orchestra», si mise a sfogliare i Suotidiani con le dichiarazioni ei politici e commentò: «Anche il politburo va al cinema?». Antonella Rampino Storace: «La destra assente? Già sapevamo del comizio di Veltroni» Veltroni al funerale di Mastroianni (a sinistra) Sopra: Storace
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