Sì del pds al «governo del premier»

Una nuova proposta della Quercia accoglie alcune delle richieste del centro-destra Una nuova proposta della Quercia accoglie alcune delle richieste del centro-destra Sì del s al «governo del premier» Bicamerale, patto anti-ribaltone DALLA PRIMA PAGINA LE RAGAZZE PERDUTE cercò di convincerla, non li vedrai mai quei soldi. Lei all'inizio si ribellava, poi cominciò a pensarlo. «Perché non torni in Albania?», le chiese. «Ti aiuto io». Perché non posso, gli disse. Piangeva sempre, Violza. La porto in ospedale, dovette abortire. Poi la convinse a entrare in un istituto religioso. Dopo 30 Borni era di nuovo sulla strada, i lo richiamò una volta: «Sono a Bologna, vienimi a prendere». Andò e l'aiutò di nuovo. Ora vive dalle suore, lui non può neanche sapere dove. Ma da quella volta è cominciata la sua missione. «L'albanese» gira sulla sua 'l'Imma grigia per Te strade dove ci sono le ragazze come Violza. Ce n'è una a Piacenza, racconta, dove ci sono cento prostitute in due chilometri. Lì trovò Chela, arrivata il 3 agosto in Italia, da Fieri, campagna di Albania: una ragazza impacciata che forse non aveva neanche 18 anni, con la minigonna che le aveva dato l'amica. Non stava mai ferma, camminava in continuazione e le altre le dicevano: «non muoverti, Chela, devi stare li, ferma». Nicola la va a trovare alcune volte, comincia a convincerla. «Senti, facciamo una cosa, smetti subito», la prega una sera. Lei accetta. Deve stare attenta, perché ogni ragazza ha un'altra ragazza che la controlla. Quella che controllava Chela era Lily, e aveva 15 anni soltanto e si vantava di essere riuscita a farsi 50 clienti in una notte. «Non dire niente a nessuno, non devi più nemmeno passare sulla strada. Domani esci dall'albergo con le tue cose, io ti vengo a prendere». Fa così, e la porta fino ad Ancona e la imbarca. Poi, raccoglie Anna e poi ancora Cleta. Cleta lavorava in un piccolo paese vicino a un cimitero. Fra di loro cercano tutte di convincersi che è un lavoro, come fare il garzone da un fornaio. E quando si salutano, dicono proprio così, si augurano «buon lavoro». Una domenica, vide questa ragazzina bionda, immobile, che si guardava fissa le scarpe. Lui le offrì dei soldi. «No, non voglio soldi. Portami qualcosa da mangiare». Gli spiegò che non le davano da mangiare se non portava a casa un milione : «Mi chiudono in una cascina nuda». Le domandò se voleva tornare a casa. Subito, disse lei. Anche Cleta, a fine agosto è rientrata in Albania. Nicola affonda il naso nella tazzina di caffè. Ogni tanto lo fermano i carabinieri, racconta, gli fanno grane. C'è solo un maresciallo che sa quello che fa lui. Nicola lo fa chiamare tutte le volte. E il maresciallo glielo dice sempre, «ma perché non lo lascia a noi questo lavoro?». Perché voi non le togliete dalle strade, gli risponde Nicola. Colleziona le foto delle ragazze salvate in una busta. L'ultima è Dory. E' stata la più dura da convincere, non ne voleva sapere. Suo padre aveva sporto denuncia per sequestro di persona, vuol dire che sapeva com'era finita. Non poteva tornare indietro. Un giorno stavano a parlare da un ponte sul fiume. Sporgendosi dal parapetto, Dory poteva divorare con lo sguardo l'orizzonte di tetti rossicci, le facciate bianche e grigie. Gli disse: «Senti, io ho una sorella qui in Italia. Non so dove sia. Me la puoi cercare?». Si chiamava Susanna, gli datte un numero di telefono, gli disse che lei non faceva la vita. Si sbagliava, Dory. Era il numero di un albergo, andò lì e il padrone non ne voleva sapere di parlare. Susanna stava fuori dall'una di notte alle 9, quando la nebbia comincia ad alzarsi e a sciogliersi come fumo. Nicola l'aspettò. Lei venne e le parlò di Dory. Susanna scoppiò in lacrime, disse: «Portami da lei». Nicola le fece scappare una notte di tempesta e di tristi ricordi. La sera prima della fuga le ospitò a casa sua. Adesso, ogni tanto succede che sente qualcuna delle ragazze dell'Albania. Gli dicono che sui muri sono apparse delle scritte, anche nei paesi: «Non andate in Italia perché finirete sulla strada». Lui le ascolta che raccontano ed è come se le vedesse camminare in mezzo al polverone, sotto a un sole animoso, tra somari carichi di legna e di orci, cani lanosi e marmocchi conciati di stracci. Nicola chiude la porta di casa, chiama dentro il gatto che sta per scappare. Solo Violza non riesce più a sentire. Guarda sotto. La sua Thema grigia è ferma sulla strada. Il giorno di Natale, Nicola l'albanese era da solo. Chissà perché Oscar Wilde diceva: «State molto attenti a quello che desiderate. Potrebbe capitarvi». Pierangelo Sapegno ROMA. E' la Bicamerale il prossimo grande appuntamento dolla politica italiana. In vista del 15 gennaio, data entro la quale dovrebbe essere votata la legge costituzionale che istituisce questo organismo parlamentare, i leader del Polo e dell'Ulivo hanno già cominciato a lanciarsi segnali di pace o di guerra. E anche all interno degli stessi schieramenti la dialettica è piuttosto accesa. Berlusconi deve barcamenarsi tra le diffidenze di Fini e di quella parte del centro-destra che preferisce la costituente. D'Alema, invece, deve far fronte alle resistenze di Rifondazione e alle perplessità del ppi. Insomma, vista da quest'ottica la Bicamerale sembra ancora un oggetto misterioso che non si sa ancora se vedrà mai la luce. Ma sotto-traccia le diplomazie e gli esperti del Polo e dell'Ulivo stanno già lavorando alacremente, e i contatti tra gli «sherpa» delle due coalizioni sono pressoché quotidiani. Forza Italia ha già pronte tre proposte. Due sul semipresidenzialismo, e una sul «governo del premier». Ed è proprio su quest'ultima ipotesi, l'esecutivo del primo ministro, che alla fine convergeranno entrambi i fronti, come confermava giorni fa Giorgio Rebuffa, uno dei «professori azzurri» protagonisti delle trattative Polo-Ulivo sulle riforme istituzionali. E che questa sia ormai la direzione di marcia lo dimostra anche il fatto che il pds ha sfornato di fresco un'altra proposta, sempre sul «governo del premier», che modifica la precedente accogliendo alcune richieste del centro-destra. La bozza pidiessina, il cui autore è il capogruppo della Quercia in commissione Affari costituzionali Antonio Soda, non è stata ancora resa pubblica: finora ne sono a conoscenza solo i vertici del partito, anche se, in via ufficiosa, gli «esperti» del Polo sono stati consultati su alcuni punti. La proposta pidiessina di riforma costituzionale è composta di 33 articoli e non tratta solo della forma di governo, ma prevede anche altre innovazioni, come la trasformazione dell'assemblea di Palazzo Madama in Senato delle Regioni con la quale si introduce il monocameralismo. Il testo, rispetto alla precedente bozza della Quercia, rafforza ulteriormente i poteri del premier proprio per venire incontro alle esigenze del Polo. E' sempre il Capo dello Stato a nominare il presidente del Consiglio, ma per legge questi deve essere il candidato a cui è collegata «la maggioranza dei deputati eletti». Quindi, su proposta del primo ministro, il Presidente della Repubblica nomina e revoca il vicepremier e i titolari dei vari dicasteri. Qualora l'esecutivo non ottenga la fiducia il Capo dello Stato procede al varo di un governo di garanzia elettorale - che sarà sempre guidato dal presidente delia Corte Costituzionale - e scioglie la legislatura. In caso di morte o impedimento del primo ministro il capo dello Stato nomina al suo posto il vicepremier. In caso di dimissioni del primo ministro, se nella legislatura è stata approvata una mozione di sfiducia costruttiva o se vi è stato un altro caso di dimissioni, il Capo dello Stato nomina un governo di garanzia elettorale e indice le nuove elezioni. Se invece non si sono verificati nella legislatura episodi come quelli descritti, il Presidente della Repubblica convoca una riunione straordinaria della Camera per l'elezione di un nuovo primo ministro. Questi con il suo governo dovrà riuscire ad ottenere sul program- ma il voto favorevole di «almeno diciannove ventesimi dei deputati che risultavano membri dei gruppi parlamentari aderenti alla maggioranza al momento dell'approvazione del programma del precedente governo». Si tratta di una norma «anti-ribaltone», rafforzata dal fatto che, comunque, entro dodici mesi dalla nascita di un esecutivo del genere, il Capo dello Stato dovrà indire nuove elezioni. Il premier ha il potere di sciogliere le Camere: «Sentito il Consiglio dei ministri e sotto la sua esclusiva responsabilità - si legge infatti nel testo del pds - il primo ministro decide dello scioglimento anticipato che è decretato dal Presidente della Repubblica insieme al decreto di indizione delle nuove elezioni». Ma la proposta di scioglimento non può essere presentata quando è in corso una mozione di sfiducia costruttiva. Questa mozione, che rappresenta l'unico strumento con cui il Parlamento può sfiduciare il governo, deve contenere il nominativo di un candidato a primo ministro e il programma di governo. E risulta approvata solo se ottiene il «si»; dei «diciannove ventesimi dei deputati che risultavano membri dei gruppi parlamentari aderenti alla maggioranza al momento dell'approvazione del programma del precedente governo». Comunque, un nuovo esecutivo nato da una mozione di sfiducia non può avere più di un anno di vita: entro dodici mesi è previsto che il Capo dello Stato indica nuove elezioni. Anche in questo caso, perciò, vengono previste delle norme «anti-ribaltone». Tirando quindi le somme, il primo ministro non può decidere di andare alle elezioni solo se è in corso una mozione di sfiducia, o se non è ancora trascorso un anno dal precedente scioglimento (salvo nei casi accennati prima). Dunque è questa la proposta con cui il pds intende andare a trattare con il Polo... sempre che la Bicamerale parta sul serio. Maria Teresa Il segretario del pds Massimo D'Alema