E' un fegato malato, ma durerà 10 anni» Un trapianto a orologeria

Un trapianto a orologeria Padova: donna di 66 anni accetta l'organo: mi regalate un sacco di tempo Un trapianto a orologeria «E' un fegato malato, ma durerà 10 anni» PADOVA. Un fegato nuovo per un signore romano di 37 anni, affetto da amiloidosi primaria, malattia rara e incurabile. E il suo fegato, quello «da scartare», trapiantato su una donna, pure romana, di 66, malata di cirrosi biliare. Un trapianto con sofisticata tecnica «a domino», dunque; ma anche un trapianto - il secondo - «a orologerìa»: la previsione dei medici è di una dozzina d'anni. Dopo di che, quell'organo diventerà inservibile e la signora dovrà rassegnarsi a convivere con questa specie di bomba nella pancia. Una vicenda che solleva non pochi problemi etici e che subito ha agitato qualche polemica, non appena è stata diffusa la notizia che fra la notte del 7 e il mattino del 9 dicembre scorsi l'equipe del professor Davide D'Amico, primario della clinica chirurgica dell'ospedale di Padova, aveva eseguito questo doppio trasferimento fra vivi. Si tratta del secondo intervento del genere in Italia, dopo quello eseguito il 28 novembre alle Molinette di Torino, e del quinto a livello mondiale. Gli esiti sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa. Questo signore di 37 anni, dunque, M. G., imprenditore, soffriva di un difetto metabolico per il quale la mancanza di un enzima provoca accumulo di una proteina alterata, l'amiloide appunto, con danni irreversibili e praticamente condannandolo a una vita condizionata da gravi sintomi neurologici, cardiaci e intestinali. L'unica soluzione, sostituire il fegato malato con uno sano. Non appena si è reso disponibile l'organo di un donatore morto a Firenze, un ragazzo di 24 anni vittima di un incidente stradale, e stato predisposto l'intervento chirurgico. Allo stesso tempo, i sanitari hanno deciso di non sprecare il fegato di M. G., mandandolo come di consueto all'inceneritore, visto che c'era questa signora di 66 anni, G. E., con l'organo in uno stato ancora peggiore. La cirrosi biliare che la affliggeva l'avrebbe fatta morire in pochi giorni e non c'era dunque tempo da perdere. Ora, il fegato donato alla donna, benché portatore di patologia, le consentirà una sopravvivenza dai 10 ai 12 anni, poiché l'amiloidosi ha uno sviluppo molto lento. Se non si fosse ricorsi al «domino», la donna, data l'età e la scarsità di donatori, non sarebbe mai stata prescelta, perché in genere un fegato integro viene assegnato a pazienti con maggiore aspettativa di vita. L'intervento è stato dunque deciso, d'intesa con il comitato etico, il servizio di medicina legale e gli stessi interessati, che dovevano sottoporsi a un'operazione molto più complicata e difficile. Ormai sulla soglia di un'insufficienza renale, la donna ha anzi incoraggiato i sanitari: «Ce la farò, in questo modo mi regalate un sacco di tempo». Nei dieci anni che le sono stati «garantiti» la signora ne è convinta - la scienza saprà trovare una cura per sconfiggere la malattia che per forza di cose le è stata «rifilata», salvandola una seconda volta. Mario Lofio

Persone citate: Davide D'amico, Mario Lofio

Luoghi citati: Firenze, Italia, Padova, Torino