Una speranza per chi viene escluso dalla vita di Luigi Ciotti

Una speranza per chi viene escluso dalla vita Una speranza per chi viene escluso dalla vita IL CASO I DELLA FESTA ALLELUIA, lodate il Signore, è nato Gesù Natale significa innanzitutto condividere la gioia per quella nascita che ha portato una promessa e una speranza nel mondo. In questi giorni si fa festa, ci si chiama per nome, si è più disponibili verso gli altri, si ritrovano più forti e vicini quei sentimenti e quell'autenticità nelle relazioni che, troppo spesso, nel corso dell'anno, vengono sacrificate a un modo di vivere distante dall'uomo. Ma dietro a questo clima festoso, al ritrovarsi, allo stesso rito dei doni e delle compere, rimane ed anzi si accentua una maggiore fatica in chi è solo, soffre o è escluso. Anche a Natale, per qualcuno continua a non esserci posto, proprio com'è stato per Gesù, Giuseppe e Maria: «Giunse per lei il tempo di partorire e diede alla luce il suo figlio primogenito. Lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto all'ulbergo» (Le 2, 6). Non c'è stato posto per Renato, trentun anni, che ri è ucciso due giorni fa; non sappiamo cosa ha pensato, quali siano stati gli insormontabili problemi contro cui la sua vita si e arresa e spezzata. Ma ogni volta che la disperazione o la solitudine vincono è un interrogativo in più che ci viene consegnato, è un grido silenzioso ed estremo che chiede di essere accolto. E' un nome, una storia, che bisogna ricordare, perché le storie sono nomi, perché i problemi sono persone uomini, donne e bambini che fanno fatica, che sono umiliati o privati di un diritto e di una speranza. Come Tina, che ha lasciato i suoi quattro figli in Nigeria ed è arrivata in qualche modo a Torino. Cercava la «terra promessa» ma ha trovato invece una strada. In Italia sono circa 20.000 le donne extracoinunitarie che si prostituiscono. Non poche di loro sono minorenni costrette a vendere il loro corpo, addirittura rapite nei loro Paesi d'origine, picchiate, violentate nella loro dignità prima ancora che nel loro corpo. Molte sono arrivate in Italia come profughe, sfuggendo dalla guerra e dalla fame. Su quel marciapiede, in cui si è trovata contro la sua volontà, Tina ha pianto e cantato. E' il suo modo di pregare perché vi possa essere un posto per lei. Un posto che ora ha trovato, un lavoro e una dignità che le consentono di guardare al futuro e ai suoi figli con nuova speranza. Maria Teresa abita nella Locride. Una vita come tante: ima casa decorosa, i figli che crescono, il marito che gestisce una piccola officina. Un brutto giorno proprio 11 davanti viene uccisa una persona, i carabinieri raccolgono testimonianze. Poco tempo dopo, suo marito, sospettato di aver fornito informazioni alle forze dell'ordine, viene assassinato. Maria Teresa non ha rimorsi, le sembra normale aver fatto il proprio dovere di cittadini; però si chiede se c'è ancora posto per la giustizia, se questo dovere può costare la vita. Francesca, 5 anni, è figlia di genitori sieropositivi, ha contratto a sua volta il virus. Il padre è tossicodipendente, la madre non è in grado di educarla e assisterla. Cosi Francesca è stata affidata prima a una comunità, poi alla nonna che, tuttavia, ha dichiarato al tribunale di non essere in grado di accudirla: anche per lei sumbra non esserci un posto dove stare. Non è un caso isolato, in Italia ci sono 3600 bambini sieropositivi e 530 malati di Aids. Di questi solo il 70% ha ancora la madre, molti diventano progressivamente orfani di entrambi i genitori e 61 di loro non hanno addirittura alcun parente. Pino è vivo per miracolo: lo hanno trovato gli operatori dell'«unità mobile» sotto un ponte; non respirava quasi più, si era iniettato prima psicofarmaci e poi eroina, sino ad arrivare al collasso. Ora si è ripreso, ha accettato un aiuto, forse ce la farà a smettere. Sono nomi e storie di fatica, di lotta quotidiana per trovare e vedersi riconosciuto un posto, un'opportunità, un diritto. Sono uomini, donne e bambini che a molti possono apparire lontani, distanti dalla propria realtà, stridenti con la festa cui ci accingiamo. Padre Anastasio Ballestrero, già arcivescovo di Torino e presidente della Conferenza episcopale italiana dal 1979 al 1985, ci ha ricordato di recente, con la sua grande umanità e autorevolezza, quanto sia indispensabile che questi elontani» vengano fatti diventare «prossimi», vicini, andandoli a cercare: «Il ruolo di noi cristiani deve diventare fondamentale per un cambiamento di mentalità nella società, perché la denuncia di situazioni di ingiustizia e di op- pressione è anch'essa annuncio salvifico». Ecco perché l'annuncio della nascita e la denuncia delle sofferenze e dell'ingiustizia possono e debbono intrecciarsi: entrambe ci chiedono cambiamento, di fare ciascuno la propria parte per sanare, come ha detto il Papa facendo gli auguri di Natale alla Curia romana, «gli insopportabili contrasti tuttora esistenti tra chi manca di tutto e chi sperpera senza ritegno beni che nel piano del Creatore sono destinati all'intera umanità». Fare festa significa allora realizzare giustizia, trovare posto agli esclusi. Nella Messa di Natale voglio dire anche per loro: alleluia, Gesù è nato. Luigi Ciotti

Persone citate: Anastasio Ballestrero, Cosi Francesca, Gesù, Gesù Natale, Maria Teresa

Luoghi citati: Italia, Nigeria, Torino