La vita catturata in fantasie dada

La vita catturata in fantasie dada I «teatrini» di Fausto Melotti La vita catturata in fantasie dada Y VEBONA Il ER Fausto Melotti, nato a Rovereto nel 1901 e compagno in gioventù *_ldel futurista ludico Depero, dell'architetto e scenografo d'avanguardia Luciano Baldessari, del teorico della poetica astrattista Carlo Bulli, dell'architetto razionalista Gino Pollini - sarà cognato di suo figlio, il grande pianista Maurizio Pollini -, morto a Milano nel 1986 il giorno prima dell'assegnazione del Leone d'Oro per la scultura a Venezia, l'idea musicale simboleggiava la sublimazione armonica della sua multiforme personalità. Essa era il punto focale d'incontro fra la logica matematica dell'ingegnere elettrotecnico e la creatività poetica e il sogno lirico del frequentatore dei Conservatori di Firenze e di Roma e del diplomato in scultura a Brera, alla scuola di Wildt. In un ricordo autobiografico in terza persona, susseguente alla crisi anche spirituale della guerra («Duro colpo portato a tutto quanto riguarda lo spirito da una guerra crudele, dalla scomparsa della pietà»), è la metafora musicale a suggerirgli una sottile ma fondamentale distinzione fra i «teatrini» in terracotta e le strutture metalliche maggiori, ritmiche e astratte. «Lontano, come formazione quanto si può trovare nell'espressionismo, il quale (...) sarà come sempre l'ultima parola d'un periodo ferito dalla guerra, Melotti si troverà abbandonato in strade non sue (...) sarà sempre la musica a venirgli in soccorso». E ancora: «Anche se non appare, saranno i suoi "Lieder" (così chiama i suoi "teatrini"), che l'hanno via via accompagnato, e che egli mai abbandona per la loro carica di poesia, a trasformarsi un poco alla volta nelle composizioni sempre più vicine al contrappunto». La Galleria dello Scudo dedica fino al 28 febbraio una bellissima mostra ai «teatrini», da un incunabolo dei primi Anni 30, rielaborato nel secondo dopoguerra ma già inglobante in una sorta di tabernacolo aperto un'arcaica figuretta di Venere-manichino fra surreale e metafisica, all'ultimo spettacolo, L'acrobata si avvia del 1985, con il filiforme protagonista d'ottone (autobiografico?) ai piedi forse di una scala di Giacobbe. Originfra le tedi Arturoe il surrdi Caldementale, da ale mix rrecotte Martini ealismo r-Picasso «Un commiato pacato sulle cadenze lievi del minuetto, quali si addicono a un folletto che ha passato indenne ben altre calamità e quindi può ignorare (o fingere di ignorare) l'agguato delle Parche», come chiosa in catalogo il curatore Carlo Pirovano. All'ingresso, la grande Scultura n. 17 in ferro nichelato, esposta alla fondamentale mostra al Milione di Milano del 1935 dello scultore astratto italiano primo in lutti i sensi, offre l'aereo termine di paragone dei puri ritmi spaziali «per contrappunto». Subitu di seguito, Scultura del 1934, con i suoi ritmi architettonicogeometrici a mosaico e la sua consonanza decorativa con la cultura razionalista-doco milanese, introduce però anche il racconto magico e surreale con l'inserto della testa ► classica» in gesso dipinto che sottolinea la comunità di lavoro con il primo Fontana. Da questi esordi si dispiega nelle sale, a partire dagli Anni 40, l'armonia di questi piccoli «lieder», di questi racconti magici e fiabeschi, spesso scintillanti di ironia poetica e maliziosa degna di Savinio, che incapsulano nelle cellette a fondo chiuso, nude e grezze nella materia fittile o dipinte e talora smaltate con effetti di tappezzeria microscenica, minifigurine recitanti, diavoletti cugini di Licini, Josephine Baker con gonnellino di catenelle di recupero al posto delle banane. Dadaismi preziosi di minuscoli reperti in tela, stoffa, ottone, stampati in plastica evocano i materiali di scena. L'eleganza classica della parodia (ma sempre sublimata dalla poesia lirica) sottintende secoli e millenni di scultura, dalla preistoria alle statue-colonne di Moissaq, fino alle radici della poetica di Melotti, originalissimo incrocio 1930 fra altri teatrini, le terrecotte e ceramiche di Arturo Martini, e le fantasie surrealiste di Giacometti, di Picasso, del primo Calder. Questo Cornell all'italiana, questo fratello in minidimensione scenica delle magie di Licini che può permettersi di ironizzare Duchamp [ProserpinaPersefone trasognata sorella di se stessa) è la carta più preziosa che l'Italia può giocare sulla congiuntura dell'incontro fra astrazione e surrealismo. Marco Rosei Originale mix fra le terrecotte di Arturo Martini e il surrealismo di Calder-Picasso Y Fausto Meloni «Solo coi cerchi» terracotta del 1944. (Novara, collezione privata). Sotto: «Scultura» del 1934. opera in marmo statuario, gesso e ottone {Milano collezione privata). Le due opere sono considerate tappe miliari nella storia dei «teatrini» melomani

Luoghi citati: Firenze, Italia, Milano, Novara, Roma, Rovereto, Venezia