Compleanno d'autore al d'Orsay di Marco Vallora

Le sorprese dell'esposizione «Dall'Impressionismo all'Art Nouveau» Le sorprese dell'esposizione «Dall'Impressionismo all'Art Nouveau» Compleanno d'autore al d'Orsay Riportati alla luce i capolavori nascosti fi PARIGI I ' HI sceglie a Natale Parigi I come meta di visite cul1 i turali non si lasci sviare —VII dal titolo equivoco di De 'Impressionisme à l'Art Nouveau: la mostra che si chiude il 5 gennaio al Musée d'Orsay va vista assolutamente, perché presenta alcuni gioielli, che poi potrebbero tornare nelle grandiose e fin troppo pingui riserve di palazzo. Beata, invidiabile nazione che grazie anche a leggi snelle e proficue, per quanto riguarda donazioni e tasse di successione degli artisti, può riempiere i suoi musei di opere portentose, come queste in mostra. Così, in intelligente sordina, il d'Orsay celebra i suoi dieci anni di esistenza, potendo vantare dal 1990 a oggi l'acquisizione di più di 400 tele, di oltre 1500 tra disegni e pastelli, un centinaio di sculture, oltre a migliaia di progetti architettonici e 12.300 fotografie. Ma non sono le cifre a impressionare, quanto la qualità. Che non è la festa indiscriminata del nome celebre. Se può risultare prevedibile una domestica venere molliccia e salmonata di Renoir, strepitoso è invece l'insolito nudino maschile con gatto (già nucleo portante della mostra sulle Origini dell'Impressionismo, insieme all'Onde Dominique di Cézanne, altra acquisizione) dalle carni macilente e dalla posa lievemente morbosa, di torva cedevolezza baudelairiana. Così è insolito il Daumier «sacro» di un San Sebastiano (martire simbolico ch'egli usò anche per le sue caricature) molle come un cheewing gum correggesco, chiaramente suggestionato dalle paste fluide, catarrose di Delacroix. Splendidi i disegni italiani alla Granet, di Degas, o il ritratto a matita del fratello René, come affiorante dal sonno della sanguigna. E poi l'emozionante Notte stellata di Arlcs di Van Gogh, suggestionata dalla pagina d'esordio di Bel Ami e dai fiocchi vaganti delle lampade a gas, quindi una Variazione cromatica di Whistler, una flebile FaL/he di Mone?. che pare un Courbet stemperato nell anilina, un sorprendente Ritratto di Baronessa di Redon, che su un cielo di spugna profila insolite durezze di sagoma rinascimentale alla Vallotton. Pure lui in mostra, con una formidabile galleria di Nabis: Ranson, Roussel, André, Denis, un delizioso, tascabile Interno d'armadio di Vuillard, ritratto da Bonnard quasi un cilindrofantasma. E di Bonnard il celebre paravento con il cremoso fregio di fiacres: «Ottava meraviglia del mondo» come scrìveva candidamente alla madre. Non soltanto francesi, dunque, sciovinisticamente: ma pure l'ungherese Rippl-Rónai, uno struggente cielo marcito di nuvole e ciminiere di Kupka, il danese Hammershoi, Morandi del Nord, e poi Gemito, Bistolfi, Bugatti. Dunque anche oggetti, e curiosi: come le cere di Valéry, le sculture di Sarah Bernhardt, tutt'altro che dilettante, ia colla- borazione tra Daum e Majorelle, oppure un bellissimo appendiabiti di Otto Wagner per il giornale Die Zeit. che pare un aforisma pettegolo di Kraus. Così si scoprono anche dei mi¬ nori interessanti, come Bartholomé Albert, amico intimo di Degas e «internista» a metà tra Bazille e Caillebotte, il tenebroso Devoncelle ed il serafico Alphonse Osbert, simbolista ve¬ spertino affiliato ai Rosacroce, «pittore mistico del blu» e freschista delle Terme di Vichy, che si meriterebbe lina piccola monografia delle sue 424 tele donate. Infine l'attività pittorica del celebre scultore Falguières, qui impegnato in una succosa veduta di debordanti lottatori alla Eakins. Ma ci sono anche curiosità nel campo dei dagherrotipi. Oltre alla celebre immagine sognante del Baudelaire di Nudar, e a un Ingres di Pierre Petit, l'allievo di Disdéri e rivale di Nadar specializzato in prelati e cardinali (un Ingres in posa pittorica e mascella sdegnosa, lui che aveva pubblicato un feroce pamphlet Contro l'assimilazione delta fotografia all'arte), l'autentica scoperta di Paul Haviland (della famiglia dei celebri ceramisti americani, nipote del critico Philippe Burty, poi andato sposo alla figlia di Lalique) pittorialista di Camera Work, molto vicino a Stiegliez, autore di ovattati scorci di New York sotto la neve. Infine la curiosità della Contessa di Castiglione, già caduta in disgrazia dopo il suo amore con Napoleone III, subdolo cadeau di Cavour, che con Mayer e Piterson crea un rudimento di ditta fotografica, e si traveste da avvinazzata col quartino o mostra delle flaccide gambe nude come una mondina da cinema neorealista, attorniata da un'inutile corte di crinoline sollevate: proprio come un androgino Luigi Ontani sabaudo. E non a caso l'utile catalogo Rmn allude al «senso acuto di narcisismo e teatralità moderna» da Cindy Sherman. Marco Vallora A sinistra -Le Gordon au chat» di Pierre-Auguste Renoir accanto «Dans la serre», 1881, di Albert Barthotomé

Luoghi citati: New York, Parigi