Bibi l'arte di crearsi nemici

Gli Usa lo condannano, in Israele è psicosi: ci porta alla guerra IL CASO 8 Gli Usa lo condannano, in Israele è psicosi: ci porta alla guerra Bibi, Parte di crearsi nemici Persino la destra è contro il suo premier PTEL AVIV ARE che Benjamin Netanyahu, il primo ministro eletto a suffragio universale dello Stato d'Israele, in questi giorni vada da un interlocutore all'altro (i suoi ministri, l'ambasciatore americano, i vari amici-nemici arabi) ripetendo con la sua voce profonda e con atteggiamento corrucciato: «Datemi un altro anno». In realtà, dopo sei mesi esatti dalla sua elezione, Netanyahu ha ancora tre anni c mezzo da governare. Ma la verità è che ovunque egli giri lo sguardo non trova ormai altro che ostilità e una situazione di discordia senza precedenti. Perché è pur vero che da Begin a Rabin tutti i primi ministri della breve storia d'Israele hanno trovato durissime opposizioni alla loro politica. Ma qui, per Bibi, ò diverso: ii fronte che sostiene di avere a che fare con un primo ministro incompetente e prepotente, che lo accusa di star portando Israele direttamente in bocca alla guerra e alla rovina economica, va molto, molto al di là dell'opposizione; che anzi, l'opposizione al contrario, quasi non si fa sentire presa com'è nelle beghe di successione a Shimon Peres. Ormai è diventato nonnaie che alla tv e alla radio israeliane vengano trasmessi programmi di grande ascolto in cui si fanno o disfano scenari della guerra prossima ventura. Netanyahu ha distrutto così rabidamente la fragile fantasia di pace dei suoi predecessori, ha agito in maniera cosi avventata prima aprendo la galleria del Muro del Tempio, poi facendo ai coloni promesse di consolidamento e costruzioni nuove, poi ancora promettendo che si parlasse apertamente della prossima, vicina costruzione di un grande quartiere ebraico a Ras El Amud a Est di Gerusalemme in piena zona araba, che ormai non c'è giorno in cui non si preveda un im¬ minente «pitzuz», cioè uno scoppio. Arafat ormai lo promette, e si permette di bamboleggiare nella trattativa per riprendersi Hebron poiché sente che a causa dei toni roboanti e inutili di Bibi gli si è di nuovo creata intorno una grande solici.irida internazionale che lo mette in vantaggio. Prima di tutto, questo è accaduto con gli arabi, com'è naturale: dagli Emirati ai sauditi, all'Egitto, alla Giordania, tutti sono ormai apertamente ostili al loro vecchio interlocutore di pace, Israele, e non perdono occasione per frustarlo violentemente in pubblico. Assad, poi, di cui si dice in Medio Oriente che è «un vecchio squalo che quando sente odore di sangue attacca», fa balenare autentiche minacce di guerra. In Libano arrivano armi nuove di zecca agli hezbollah, con tanti auguri dall'Iran e i buoni auspici di Damasco. Cosicché Israele ha questo nuovo delizioso passatempo: chiedersi «da dove pioveranno i primi missili? e saranno carichi di gas venefici o no? e in che stato è realmente l'esercito siriano? e gli egiziani, è vero che preparano grandi manovre nel Sinai? e Gerusalemme sarà sommersa prima della guerra o durante, da una nuova Intifada?». Il fronte interno israeliano, poi, è come contagiato da una malattia della discordia che mai aveva raggiunto questo livello: i religiosi e i laici ormai appartengono a due mondi diversi, l'antica, mitica unità ebraica sta andando in pezzi. Gli uni accusano gli altri di non essere veri ebrei, le botte volano facilmente, il rabbino capo Lau un paio di giorni fa si domandava come mai la storia è così terribile da far sì che gli ebrei sappiamo morire insieme (in guerra, nelle persecuzioni) e non sappiamo invece come vivere insieme. La discordia è penetrata anche accanitamente fin dentro le stanze del potere, perché la direzione è incerta, e l'autocrazia di Bibi eccessiva. Per esempio. Netanyahu dojo l'assassinio di Itta Tzur e del suo bambino Efraim per mano di un commando palestinese ha rivolto ai coloni parole di totale sostegno e ha promeroo loro mari e monti, con una decisione autonoma. Poi, tutto il mondo l'ha attaccato, con. ~esi gli Stati Uniti, il vecchio e fedele amico d'Israele. Così Bibi ha cominciato una rapida marcia indietro, dicendo che intendeva solo consolidare e non certo incrementare l'esistente. Così, nessuno più ormai è dalla sua parte, né i settler, né le forze nazionaliste della coalizione, né tantomeno, si capisce, le forze moderate e avanzate che non si fidano di lui. Dopo mille dichiarazioni contro lo Stato palestinese, ora si è addirittura cominciato a parlare nell'ufficio del primo ministro di una forma di Stato che non possa minacciare Israele. Molto più di quanto Peres non abbia mai promesso. E queste altalene di opinioni sono letali per il consenso. Netanyahu ha tenuto i suoi ministri più importanti, come David Levy, ministro degli Esteri, o Yzhach Mordechay, ministro della Difesa, fuori dai processi di decisione, seguendo una gelosa politica che lo porta a fidarsi solo dei suoi intimi, e che poi però non lo trattiene dal biasimarli in pubblico se qualcosa non funziona Intanto, si è crea¬ ta una frattura senza precedenti fra lui, l'esercito e i servizi segreti, specialmente Amy Ayaìon, il capo dello Shabbach (i servizi interni) quand'è venuto fuori che Bibi dei loro consigli, della loro esperienza tiene conto soltanto quando coincidono con una decisione già presa. Ayalon è giudicato ormai da tutti prossimo alle dimissioni, ed è un vero peccato, perché è un ottimo professionista e un uomo d'onore. Perché Netanyahu si sia infilato in tutti questi guai è ancora difficile da capire: se voglia veramente distruggere l'accordo di Oslo senza aver preparato nulla di sostitutivo, senza una politica chiara, se voglia rompere con gli Stati Uniti, veder scoppiare una nuova Intifada dopo che aveva promesso «pace nella sicurezza», accontentarsi di nuovo, come nel passato, di veder le risoluzioni passate all'Onu col voto delle isole Marshall e della Micronesia mentre la Russia fa fronte come ai bei tempi con i Paesi arabi, se veramente voglia tutto questo è difficile dire. La sensazione generale è che ci sia qualcosa di poco politico e piuttosto invece di molto personale, legato all'indole, alla formazione di Netanyahu, che prende il sopravvento e crea pasticci. Netanyahu è giudicato da tutti molto bravo nella programmazione della scalata al potere. Forse ancora non ha deciso sino in fondo che cosa vuole farne. Può darsi che prenda il sopravvento, in questa situazione, la prospettiva di un governo di unità nazionale, sempre più balenante in lontananza come miraggio di salvezza. Sugli insediamenti promesse reboanti ai coloni, poi mezze retromarce Per i religiosi è già un traditore dio israeliane i programmi n cui si fanno della guerra . Netanyahu abidamente la pace dei suoi gito in manieprima aprenMuro del Temai coloni proamento e cooi ancora pro si parlasse prossima, vidi un grande o a Ras El rusalemme in a, che ormai cui im¬ rante, da una nuova Intifada?». Il fronte interno israeliano, poi, è come contagiato da una malattia della discordia che mai aveva raggiunto questo livello: i Per esempio. Netanyahu dojo l'assassinio di Itta Tzur e del suo bambino Efraim per mano di un non funziona tto, si è creayahu, che prende il sopravvento e crea pasticci. Netanyahu è giudicato da tutti molto bravo nella programmazione della scalata al potere. Forse ancora non ha deciso sino in fondo che cosa vuole farne. Può darsi che prenda il sopravvento, in questa situazione, la prospettiva di un governo di unità nazionale, sempre più balenante in lontananza come miraggio di salvezza. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu con la moglie Sara