Dal Quattrocento a Van Gogh senza dimenticare i falsari

ÌDal Quattrocento a Van Gogh, senza dimenticare i falsari ÌDal Quattrocento a Van Gogh, senza dimenticare i falsari UNA punitiva catenella, a Palazzo Vecchio, c'impedisce di penetrare meglio i misteri compressi dello Studiolo di Francesco I, per esempio di quella così poco frequentata iconografia di «Medea che ringiovanisce Esone» o di quella splendida scenetta termale, «girata» a Pozzuoli, in cui solleciti bianchi lenzuola si piegano a ricevere corpi serpentinati. Ora, questo benvenuto volume Jandi Sapi (pp. 221, L. 289.000) ci permette finalmente di meglio sviscerare il mondo di Girolamo Macchietti, fiorentino uscito dalla bottega di Ridolfo del Ghirlandaio, meticoloso lavoratore parco di opere (molte andarono distrutte nei suoi viaggi tra Napoli, la Spagna e Roma, dove si lasciò influenzare da Perin del Vaga, Taddeo Zuccarì e Parmigianino). Figura nevralgica della covata di Vasari, ma più vicino al suo nemico Celimi e scultore nell'animo, Macchietti è figura enigmatica del passaggio da Manierismo a Controriforma. A questo proposito, non si trascuri il volume L'officina della Maniera (Marsilio, pp. 426, sip) che più che essere un catalogo di mostra, raccoglie le ultime ricerche di giovani agguerriti sulla temperie pittorica «bruciata» fra le due Repubbliche fiorentine. E naturalmente ancora il Manierismo è uno dei momenti più intriganti di un imponente volume II Ritratto (Giunti, pp. 333, L. 220.000) dove diversi specialisti internazionali studiano, dal Fayyum a Picasso, da Van Gogh a Ercole de' Roberti a van Eyck, tutte le problematiche connesse a questo tema inquietante: la somiglianza, la fisiognomica, il rapporto tra invenzione e memoria, i committenti «in abisso». PERICOLI DISEGNA MORGANA Altro viaggio suggestivo, questa volta nella sorpresa del genius loci di una civiltà a noi abbastanza straniera, il cofanetto La Pittura Tedesca, della serie europea Einaudi (due volumi, pp. 562, L. 320.000). Tentando di ritrovare (e con la Germania questo è abbastanza realizzabile) un filo rosso, meglio nero, di sotterranea tensione, tra le asperità nordiche di Griinewald e Baldung Grien e Pforr e l'espressionismo di Grosz o i ghiacci della Sachlichkeit. Ma anche le dolcezze melanconiche di Dùrer, Friedrich, Bòcklin. Sempre da Eieetà, la ristampa di un classico ormai introvabile se non antiquariato come il Gaspar Van Wittel di Giuliano Briganti (pp. 454, L. 300.000) imprescindibile «bibbia» sul vedu- tismo settecentesco italiano, che proprio a questo nordico disceso tra le luci dorate della gouaehe olandese naturalizzato italiano e padre putativo di Carlevarijs e Canaletto, riserva la palma del grande iniziatore. Alla biblioteca dei cultori del Barocco, non può mancare la Scultura del '600 a Roma, repertorio fotografico a cura di un giovane sapiente conoscitore, Andrea Bacchi (Longanesi, pp. 860, L. 480.000) intorno a un patrimonio in fondo negletto, salvo i più noti Algardi, Bernini, Mochi. Indagine di preziose sorprese. Mentre a una rinnovata immagine del Rinascimento, Lina Castelfranchi Vegas dedica un concertato volume sul Quattrocento (Jaca Book, pp. 295, L. 180.000) che non dimentica le connessioni tra

Luoghi citati: Germania, Napoli, Pozzuoli, Roma, Spagna