La taglia per Riina Di Maggio pretende un miliardo
la taglia per Rima la taglia per Rima Di Maggio pretende un miliardo CALTANISETTA. Balduccio Di Maggio si tappa la bocca e i difensori del processo per la strage di Capaci non si lasciano sfuggire l'occasione per sferrare un nuovo siluro contro i collaboratori: il pentito che quattro anni fa consegnò con una «soffiata» il superboss Totò Riina ai carabinieri, nell'udienza di venerdì scorso si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere solo e soltanto per ragioni di carattere economico I legali della difesa sostengono, in pratica, che il silenzio di Di Maggio sarebbe dovuto al mancato versamento, da parte dello Stato, di un ulteriore miliardo promesso al pentito oltre ai 500 milioni già intascati. Il collaboratore, insomma, avrebbe rifiutato di rispondere alle domande dei giudici perché stanco di aspettare l'ultima rata della «capitalizzazione» promessagli dallo Stato in cambio delle sue informazioni. La cifra non è certo irrisoria. E l'indiscrezione trapelata dai banchi della difesa minaccia di aprire l'ennesimo vespaio di contestazioni. «Il silenzio è d'oro», ha ironicamente chiosato dalla sua gabbia dell'aula bunker di Caltanissetta Totò Riina, il più acerrimo nemico di Balduccio. E la polemica sul caso Di Maggio è tornata immediatamente ad infuocarsi. La notizia del miliardo in palio non ha trovato, per la verità, alcuna conferma ufficiale a Caltanissetta. Il pm del processo Luca Tescaroli ha specificato di non sapere nulla della cifra che sarebbe stata promessa al pentito. Ma dalla trincea della difesa sono immediatamente partiti gli attacchi frontali: «Se la verità dei processi è condizionata dal capriccio dei collaboratori, abbiamo davvero di che preoccuparci», ha commentato l'avvocato Nicolò Amato, difensore del boss Giuseppe «Piddu» Madonia. Non c'è dubbio. Il silenzio di Balduccio Di Maggio, ex autista di Riina ed ex reggente della famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato, si è rivelato una mossa del tutto controproducente, soprattutto se collegaca alla protesta di fuoco esplosa appena la scorsa settimana in seguito alla sua rivelazione, fatta ai processo Andreotti, di avere già intascato mezzo miliardo dal Servizio di Protezione, a titolo di anticipo sul sussidio mensile erogato ai collaboratori di giustizia. E l'enigmatico atteggiamento del pentito dopo aver provocato un fastidioso ritardo nel calendario processuale - ha suscitato ieri anche la reazione del superprocuratore nazionale Piero Luigi Vigna. «Occorrerebbe introdurre una modifica legislativa», ha detto Vigna al Tgl, «in modo che i collaboratori siano indotti a rispondere. Non è ammissibile che i collaboratori di giustizia protetti dallo Stato si rifiutino di parlare in occasione di un dibattito processuale». Il pm Tescaroli pensa già ad una sanzione di carattere patrimoniale: «Di fronte a disagi del genere, ci vorrebbero sanzioni di carattere amministrativo che incidessero sul patrimonio dei collaboratori». E Carmine Mancuso, l'ex senatore retino passato recentemente nelle file del Polo, a nome dell'associazione «L'Altra Palermo», auspica una riforma globale che impedisca ai pentiti di boicottare il regolare svolgimento dei processi: «Al fine di evitare che le parole, i silenzi e le pretese economiche di Di Maggio aprano la strada a coloro che vogliono indiscriminatamente mettere in discussione il valore dei pentiti nella lotta alia mafia, occorre un urgente provvedimento legislativo che impedisca ai collaboranti di avvalersi della facoltà di non rispondere e dichiari decaduto ogni beneficio nel caso di rivelazioni mendaci». Sandra Rizza
Luoghi citati: Caltanissetta, Capaci, Palermo, San Giuseppe Jato
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