L'ora della Delta Force I rambo Usa spostati a Panama di Franco Pantarelli

L'ora della Delta Force L'ora della Delta Force I rambo Usa spostati a Panama L'INCUBO PERUVIANO NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Finirà per intervenire la «Delta Force» contro gli uomini del movimento «Tupac Amaru»? L'unica cosa sicura, per ora, è che i «rambo» americani hanno lasciato la loro base di Fort Bragg in North Carolina, che hanno raggiunto la Zona del Canale di Panama, cioè quella fetta di territorio panamense che di fatto appartiene agli Stati Uniti, e che adesso sono lì in attesa di ordini ulteriori da Washington. Di che natura possano essere quegli ordini dipende dallo sviluppo che avrà il dialogo a distanza fra il governo peruviano e il commando asserragliato con gli ostaggi nella residenza dell'ambasciatore giapponese a Lima. Ma intanto, il fatto che gli uomini della «Delta Force» siano stati mandati in una località più «vicina» alla capitale peruviana indica che il governo americano non esclude il loro uso. Inoltre, si sa che un certo numero di «consiglieri» americani sono partiti per Lima, ma ieri non c'era uno straccio di responsabile disposto a dire qualcòsa sul loro conto. Non se ne conosce il numero, non si sa a quale agenzia di Washington appartengano e non si sa quale sia il loro compito specifico, se ne hanno uno. L'unica cosa che è stata detta è che la loro presenza nella capitale peruviana è legata alla necessità di salvaguardare l'incolumità dei circa 10.000 cittadini americani che vi vivono. E questo, dallo studio di un piano di evacuazione in su, può significare tutto. «E' prematuro affermare qualsiasi cosa - ha detto l'unica fonte del Pentagono (rigorosamente anonima) che si è azzardata a parlare - la situazione è ancora troppo fluida». E il ministro della Difesa William Perry, interpellato durante un'intervista innocua, centrata su quel che farà fra qualche giorno, quando abbandonerà l'incarico, si è rifiutato di dire qualsiasi cosa. Anche dal punto di vista formale l'Amministrazione americana ha detto poco, ma quel poco sembra avere aperto una specie di breccia nella tradizionale linea del «con i terroristi non si tratta». Bill Clinton non ha praticamente aperto bocca, limitandosi a un «non voglio dire nulla che complichi ulteriormente una situazione già così difficile», ma Warren Christopher, il segretario di Stato, qualche considerazione più «elaborata» l'ha fatta. «La nostra linea che in questi casi non bisogna fare alcuna concessione è ben nota - ha detto - ma allo stesso tempo, visto il gran numero di persone coinvolte, è importante che la comunicazione fra i terroristi e il governo peruviano resti aperta». Insomma, che gli Stati Uniti siano per la «fermezza» non ci devono essere dubbi, ma se il presidente peruviano Fujimori si mostrasse meno fermo e in questo modo salvasse delle vite umane (fra gli ostaggi trattenuti nell'ambasciata giapponese ci sono sette cittadini americani), non sarà Washington a biasimarlo. In questo senso, l'annuncio con cui ieri Fujimori ha detto di non voler liberare i detenuti di cui i terroristi chiedono la scarcerazione, potrebbe non avere fatto molto piacere nella capitale americana. Le possibilità che la situazione precipiti, ora sono considerate più forti, e chissà che quegli uomini mandati a Panama non tornino utili. «In una situazione dinamica, bisogna essere preparati a ogni tipo di eventualità», è stata l'unica, sibillina frase che si è riusciti a strappare al portavoce del Pentagono, Nicholas Burns. Franco Pantarelli

Persone citate: Bill Clinton, Bragg, Fujimori, Nicholas Burns, Warren Christopher, William Perry