Mastella: l'ho sempre detto, è lui che vuole rifare la dc. Bressa (ppi): si crede onnipotente D'Alema adesso giochiamo al centro di Alberto Rapisarda

Mastella: l'ho sempre detto, è lui che vuole rifare la de. Bressa (ppi): si crede onnipotente Mastella: l'ho sempre detto, è lui che vuole rifare la de. Bressa (ppi): si crede onnipotente D'Aleniti: adesso giochiamo al centro «La Quercia non si pone limiti», e scoppia la polemica ROMA. Il «centro» sono io. Non proprio in modo così categorico, ma quasi, Massimo D'Alema ha certificato ieri che il nuovo partito della sinistra che sta per nascere ha intenzione di giocare in proprio la carta del governo. Senza più coperture di «garanti» (i popolari, Prodi), senza complessi di inferiorità e senza porsi limiti di spazi politici da conquistare. Il nuovo partito della sinistra «ha una grande ambizione unitaria che non si pone limiti. E una grande forza di sinistra che governa, inevitabilmente, finisce per incorporare elementi del centro». Dice proprio «incorporare» il segretario del pds alla riunione convocata per discutere del nuovo partito. Lui pensa a conquistare voti ora andati a Forza Italia, ma si drizzano i capelli in testa ai popolari di Gerardo Bianco e ai repubblicani di Giorgio La Malfa quando leggono sulle agenzie il fragoroso annuncio di D'Alema. Perché nella sceneggiatura abbozzata dal segretario del pds, per loro non ci sono ruoli. E, difatti, Bianco replica piccato e il pri pure. «In questo modo siamo, nello stesso momento, alleati e concorrenti - constata il segretario del ppi -. Così i popolari si sentiranno legittimati a guardare a sinistra». La Malfa non ci sta, invece, a concedere a D'Alema lo spazio che di fatto si è già preso e intima: «Lasci ad altri il compito di rappresentare istanze e valori che non sono rappresentati dalla sinistra demo- cratica europea, ma che appartengono al vasto mondo democratico e liberale». Agli alleati allarmati il segretario del pds, però, aveva già detto che questo è tempo di libero mercato e di concorrenza. «Seguendo la sua rotta, la sinistra arriverà dove saprà arrivare, non dove altri la delimiteranno». E, per essere ancora più chiaro, dice ai popolari e a Romano Prodi (che il ppi ha voluto alla guida dell'Ulivo): «Mai abbiamo pensato ad un centro-sinistra dove la sinistra porta voti e gli altri danno la legittimità a governare». Ergo, il nuovo partito avrà una forza tale da essere o primo o secondo alle elezioni, «non terzo, per quanti guasti possiamo fare». «E la leadership la decide il Paese. Non c'è bisogno di fare trattative per costruire la leadership». Che è un ragionamento brutalmente chiaro: la prossima volta il nascituro partito candiderà alla guida del governo il suo leader. Non si farà più come alle passate elezioni né ci sarà bisogno di elezioni «primarie» per scegliere il candidato. Tutto questo Prodi lo sapeva già, ma fa effetto sentirselo dire in modo così franco nel momento in cui il presidente del Consiglio sta impostando la fase due del suo governo. Prodi non lo può dire, ma il vicepresidente dei deputati popolari, Gianclaudio Bressa, non si tiene: «Quello di D'Alema è un progetto pericoloso perché contiene un sentimento di onnipotenza». «No - interviene dalla sponda del Polo il "centrista" Clemente Mastella - D'Alema che vuole rifare la de, come vado dicendo da tempo: un partito di sinistra che guarda al centro al posto della de degasperiana che dal centro guardava a sinistra». C'è, però, per D'Alema quella fastidiosa spina nel fianco costituita da Bertinotti. Per lui ci sono sarcasmo e bacchettate: dice di rappresentare gli operai? Ma se è il sesto partito dopo pds, Lega eccetera a raccogliere questa rappresentanza. Le teorie di Bertinotti sono «infantili», frutto di «primitivismo politico». «Loro alla domenica si riuniscono e dicono: non c'è più spazio per il riformismo. Comunismo o barbarie. Sta per essere abolito il lavoro... Poi, al lunedì, tornano e votano per il governo di Prodi dove c'è anche Dini...». Per Bertinotti è stata come una scudisciata quella storia del cambiare idea dalla domenica al lunedì: «Neanche per sogno, è sbagliato. Noi facciamo le stesse cose il sabato, la domenica e il lunedì: discutiamo sul socialismo e votiamo per il governo. Questo è il tempo del confronto e il tempo del conflitto». Ce n'è anche per Mario Segni che vuole dare una «spallata istituzionale» con un «rischio per la democrazia» con la sua battaglia per lì'Assemblea costituente. «Farneticanti affermazioni» replica Segni. Alberto Rapisarda Massimo D'Alema ha parlato all'assemblea nazionale del forum della sinistra

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