Così naufraga il Grande Piano di Fabio Martini

Così naufraga il Grande Piano Così naufraga il Grande Piano La Destra trattava in segreto da due anni UNO SCACCO DIPLOMATICO CROMA ON il cappotto di cammello che gli cade a piombo e la vulcanica Daniela a fianco, Gianfranco Fini sbuca dalla dogana di Fiumicino alle 8 della sera e appena vede un taccuino, sorride: «E' per 'sta storia dell'ambasciatore Millo?». Già, questo veto è una brutta tegola, non le pare? E Fini: «L'ambasciatore se non è prevenuto - e non mi era parso prevenuto avrà modo di verificare di essere caduto in una trappola...». Una trappola? «Lui - insiste Fini - non conosce l'Italia, è qui da poco e deve essere stato fuorviato da qualcuno. E che sia una storia ridicola lo ha confermato stasera anche Occhetto. Arrivederci...». Gianfranco Fini sale sulla macchina guidata dalla moglie e fila verso casa. E ieri sera Fini, appena rientrato dal Giappone, ha cercato di capire come sia potuto sfumare il più importante, il più simbolico dei suoi viaggi all'estero. Ma dietro questo «fiasco» diplomatico c'è una lunga storia segreta, fatta di mediatori ruspanti e diplomatici enigmatici, di c.x fascisti che le hanno fatte tutte per cancellare il proprio passato e di un passato storico che invece pesa e ritorna. Tutto ha inizio sul declinare del 1994: An è al governo, ma Fini si rende conto che l'ostilità internazionale verso il suo partito rischia di rallentarne pesantemente la crescita. Certo, Parigi, Londra, Washington, ma serve soprattutto un viaggio in Israele. Già, ma a chi affidare la missione più delicata nella storia della destra italiana? E qui come si suol dire - casca l'asino. In via della Scrofa c'è una «Farnesina» più all'oliata di quella vera. Cu il «ministro degli Esteri», Mirko Tremaglia, che però viene subito scartato: per via del passato repubblichino Trémaglia è nella lista nera israeliana. Poi ci sono i due aspiranti «ministri»: il pirotecnico avvocato catanese Enzo Tramino e Marco Zacchera, un ex albergatore di Verbania noto nel partito come un «sedere di pietra», ma anche per una straordinaria limpidezza che talora sconfina nell'ingenuità. Fini decide alla fine di affidare la missione israeliana ad un trio: Zacchera, affiancato da Roberto Tana, consigliere di amministrazione dell'Iri noto come «il giaguaretto» e da Patrizia Andreassi, una brillante quarantacinquenne romana che deve il suo «know how» al fatto di essere stata moglie di un ebreo e dunque di far parte da anni della comunità romana. Il trio si mette in moto e piano piano le porte si schiudono. Persino quella dell'ex premier Shamir, un uomo appesantito da tante battaglie che quando incontra i tre ripete più di una volta: «Come sta Andreotti?». Un messo del Likud partecipa al congresso di Fiuggi, quello della svolta dall'msi ad An. E partono le prime richieste: «Ci chiedono fatti racconta la Andreassi - fatti concreti». E' la stessa richiesta che avanza il presidente del Centro Wiesenthal, che accetta persino di incontrare Fini nel suo studio di via della Scrofa. E le richieste israeliane sono di diversa natura: cancellare dalle sedi di An tutta l'esteriorità fascista, eliminare i testi «revisionisti» (persino quelli di Nolte), far visita ad Auschwitz, dare una mano nella caccia a clù è ancora sfuggito alla giustizia. E Fini? In via riservata il capo di An - come racconta la Andreassi «apre gli archivi deU'msi alla Wiesenthal, offre il patrocinio gratuito alla comunità israelitica romana nel processo contro Priebke», protesta pubblicamente contro l'Argentina che rifiuta l'estradizione dell'ex ufficiale nazista. E l'ambasciatore israeliano a Roma? Sembra apprezzare: «Qualche settimana prima di insediarsi ci ha invitati a pranzo - racconta Marco Zacchera - e anche successivamente si è comportato in modo corretto e cordiale, si è visto più di una volta con Fini e lo ha invitato all'ambasciata quando è venuta la vedova Rabin». Ma le forti riserve di Tullia Zevi su An e «una certa resistenza all'interno dell'ambasciata - come racconta Patrizia Andreassi - ci hanno indotto a prendere rapporti diretti in Israele». Un passo falso? Uno scavalcamento che l'ambasciatore non ha gradito? Sta di fatto che il 2 novembre scorso i tre ambasciatori di Fini riescono ad incontrare a Tel Aviv il capo di gabinetto di Netanyahu e strappano la promessa: Fini potrà incontrare il primo ministro isrealiano. Si apre la trattativa: l'incontro del disgelo si farà a gennaio nell'ambasciata italiana, quando Netanyahu sarà a Roma? Fini insiste per un incontro in Israele. Poi, l'incidente di ieri. Una rottura che richiederà tempo per essere ricomposta. E a chi chiede a Fini se il viaggio si farà, lui ieri sera rispondeva così: «Ci sono contatti...». Fabio Martini Il presidente di An «Una storia ridicola lo dice pure Occhetto» A destra il presidente di An, Fini Sopra Benyamin Netanyahu