Israele dice «no» a Fini di Andrea Di Robilant

Veto dell'ambasciata. Salta l'incontro con il premier Netanyahu Veto dell'ambasciata. Salta l'incontro con il premier Netanyahu Israele dice «no» a Fini // leader di Ari: «E' una trappola» ROMA. L'altolà dell'ambasciatore israeliano a Roma ad un incontro tra Gianfranco Fini e Benyamin Netanyahu finisce su un quotidiano di Tel Aviv, scatena una tempesta politico-diplomatica e, almeno per il momento, fa saltare un evento che avrebbe sicuramente avuto un grande impatto sullo sdoganamento internazionale di An. Ieri mattina il Yedioth Ahronot lia pubblicato il testo di un telegramma segreto che l'ambasciatore Yehudi Millo avrebbe mandato al premier israeliano. Il messaggio, così com'è pubblicato, è inequivocabile: «Sento più volte da fonti diverse che il leader di An Fini è stato da lei invitato in Israele e che è stato perfino fissato un incontro con lei il 5 gennaio 1997. Mi permetta di esprimere decise riserve per l'invito». Perché l'ambasciatore si oppone con tale fermezza all'incontro? Nel partito di Fini, dice, «si trovano ancora circoli che, nel migliore dei casi, possono essere definiti neofascisti e perfino antisemiti». E fa l'esempio di un recente comizio in cui «alcuni fedeli del partito e membri della sua guardia giovanile hanno fatto il saluto romano al grido cadenzato di "Duce, Duce"». Conclude l'ambasciatore: «E' vero che Gianfranco Fini, i membri del partito, quelli del suo gruppo parlamentare e della sua dirigenza, stanno cercando di allontanare questi elementi da An, ma la strada da fare è ancora lunga». Ieri mattina il governo israeliano è corso ai ripari. Michael Stoltz, dello staff politico nell'ufficio del premier, ha detto all'Ansa che l'ipotesi di un incontro con Fini «non è stata finora sottoposta all'attenzione» di Netanyahu. In realtà Rafael Lujon, un ebreo italo-libico che si è da poco trasferito in Israele dall'Italia e che molti indicano come il «tramite» tra l'entourage di Fini e quello di Netanyahu, assicura che le due parti erano ormai alla stretta finale della trattativa. «Lavoravamo a questo incontro da più di un anno. Gli israeliani avevano esaminato con attenzione lo statuto di An e gli atti del congresso di Fiuggi. Non c'era ancora l'ok definitivo di Netanyahu e non era stata fissata alcuna da¬ ta. Ma diciamo che l'incontro ci veniva dato al 90 per cento. E per me non è affatto saltato in aria». L'ambasciatore Millo si è chiuso in un riserbo assoluto. E Gianfranco Fini, informato di ciò che era successo al suo ritorno dal Giappone, ha commentato secco: «L'ambasciatore è da poco in Italia e credo che sia caduto in una trappola». Chi conosce la politica israeliana non esclude che la fuga di notizie al ministero degli Esteri sia da inquadrare nella lotta di potere all'interno del Likud tra Ù ministro degli Esteri Levy e il premier Netanyahu. L'ambasciatore Millo, sempre secondo il testo pubblicato da Yedioth Ahronoth, aggiunge che un incontro Fini-Netanyahu «cau¬ serà danni e una grave crisi con la comunità ebraica italiana, che ha ancora un lungo conto con i nostalgici del periodo fascista». Tullia Zevi, presidente delle Comunità israelitiche in Italia, non è voluta intervenire nella bagarre diplomatica anche se chi la conosce assicura che in questi mesi non ha certo caldeggiato l'incontro tra Fini e il premier israeliano. Ma Claudio Fano, capo della comunità romana, ha usato parole chiare: «Se quel telegramma è vero, l'ambasciatore ha fatto benissimo. E' un dato di fatto che gli ebrei romani non la pensano come a Fini piacerebbe che pensassero». Andrea di Robilant