«l'Fmi troppo buono con Romano» di Massimo Giannini

«l'Fmi troppo buono con Romano» «l'Fmi troppo buono con Romano» Tra Polo e Ulivo battaglia di economisti Sopra l'economista Michele Salvati A destra Antonio Marzano Forza Italia. «Mentre tutti gli studi, dei vari centri di ricerca italiani, stimano al minimo il fabbisogno supplementare dei Paese in 25 mila miliardi, è la stima del Cer di Spaventa, noi di Forza Italia diciamo che saranno almeno 40 mila, il Fondo Monetario dice che ne mancano 1314 mila. Il Fondo, poi, dà per attendibili le previsioni di spesa del governo, che anche il gover¬ natore Fazio considera dubbie». Cosa diceva il Fondo Monetario? Che l'Italia può farcela, a patto di una manovra correttiva primaverile. «Indebita ingerenza negli affari di uno Stato straniero» ha stigmatizzato Nerio Nesi di Rifondazione Comunista, che a quanto pare detesta il Fondo dai tempi in cui faceva il banchiere. «Una manovra che si farà, se ce ne sarà bisogno» precisa Michele Salvati, deputato e consigliere economico di Massimo D'Alema. Salvati valuta le raccomandazione del Fondo «in linea con quanto si sapeva». Salvati nota che non serve scannarsi sulle cifre, «poiché esse dipendono da dati che ancora non conosciamo». Giusto: perché tutti gli studi sono previsionali. D'accordo, su questo, è anche Paolo Sylos Labini, che di Salvati è il maestro: «Bisogna essere molto cauti, sia nel pessimismo che nell'ottimismo. Ma bisogna avere coraggio, anche: il Fondo Monetario raccomanda, soprattutto, che la manovra di primavera incida sulla spesa strutturale, su sanità e pensioni. La prego di scrivere che il nodo è politico: qualcuno dovrebbe spiegare a Bertinotti che le pensioni di anzianità non sono un'invenzione di Che Guevara. No: le hanno fatte Andreotti e Malagodi nel 1976. E qualcuno dovrebbe dire a Rosy Bindi che i tagli sulla sanità non si fanno a tavolino, ma ingaggiando esperti che sanno dove affondare il bisturi senza fare ingiustizie. Un nome? Marco Vitale, che ha già fatto un lavoro del genere negli ospedali». Sul bisogno di coraggio e di equità è deciso anche il pensiero di Salvati: «Questa finanziaria passerà, è già passata. Ma la manovra di primavera che consiglia Massimo Russo, si debba fare o no, va affrontata il primo di gennaio del 1997. Con un gruppo di studio tecnico-politico nel quale sia rappresentata tutta la maggioranza, da Bertinotti a Dini per capirci, e che valuti come e quali risparmi di spesa operare». Sylos rincara la dose: «Berlusconi è una sciagura nazionale. Ma la riforma delle pensioni di Lamberto Dini, del suo governo, era giusta. Prodi non potrebbe avere più coraggio di Berlusconi, che quella riforma ritirò dopo ventiquattr'ore di sommossa di piazza?». Già, ma chissà se i dottori del Fmi hanno messo tra le raccomandazioni anche il coraggio. Antonella Rampino no le risorse, prima ancora che la volontà. E poi siamo alle prese con Maastricht... «Giusto, ma proprio per questo ci vuole una classe politica che tiri fuori il coraggio. Finora non l'ha dimostrato, si è limitata a tartassare i contribuenti. Adesso serve il colpo d'ala. Con l'anno nuovo questa maggioranza non potrà continuare a vivacchiare. Serviranno le grandi privatizzazioni, serviranno le vere riforme...». Se no, lei dice, il Paese spazzerà via il governo. Cosa immagina? Rivoluzioni cilene? «Parto da un presupposto: i sacrifici per Maastricht non sono finiti, ne serviranno altri. E questo Paese, democratico e tollerante, si è sempre piegato di fronte all'aumento della pressione fiscale anche, come in questo caso, quando ne era stata promessa la riduzione. Ora, se per evitare uno scontro politico nella maggioranza non si faranno i tagli strutturali alla spesa, e si punterà ancora sulle tasse, non so fino a che punto si potrà contare sul consenso dei contribuenti già esasperati». Quindi lei rinnova il suo avvertimento a Prodi? «Non ho nulla di personale contro Prodi, ma il Paese ha problemi che vanno risolti in fretta. Si chiarisca con Bertinotti, che ha già detto che al governo non entra, perché preferisce goderei la sua rendita di posizione. Si chiarisca con i Verdi, con la minoranza che tiene sotto scacco la maggioranza. E gli altri la smettano di subire o usare Rifondazione come un alibi, a partire da D'Alema». Ce l'ha pure con D'Alema? «No, ma insomma lui è l'azionista di maggioranza di questo governo. Si faccia sentire di più. In fondo Prodi, a Palazzo Chigi, ce l'ha designato lui, mica io». Ma qualche autocritica, per il passato consociativo, sarà il caso che la facciate anche voi industriali. Siete anche voi classe dirigente, no? «Sì, abbiamo fatto i nostri errori. Ma a un certo punto abbiamo detto basta al collateralismo, abbiamo accettato la cultura del cambiamento, siamo andati sul mercato. I politici tutto questo non l'hanno fatto. E oggi è ancora il nostro modello imprenditoriale ad essere studiato in tutto il mondo, non il nostro modello politico». Massimo Giannini «Nel governo D'Alema è socio di maggioranza e deve farsi sentire» s

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