L'amarezza di Tonino da inquisitore a vittima di Giovanni Cerruti

iiiisEiiiiii L'amarezza di Tonino da inquisitore a vittima iiiisEiiiiii I SILENZI DELL'EX MINISTRO BRESCIA OCCO, dov'è la macchina? Dai, andiamo via da quell'uscita che adesso ci aprono il portone...». Ci sono i cartelli, ci sono i tifosi, ma ci sono anche le tv. Vai Rocco, pesta sul clacson e pazienza per quei due fotografi che rotolano a terra. La Hyundai bianca si allontana veloce, Antonio Di Pietro si rilassa. Via, lontano da questo Palazzo che è solo amarezze, lontano da quell'ossessione che una volta era la Sala da Musica per nobili bresciani e ora è l'aula di Tribunale e il Presidente ha gli occhialini da presbite, la zazzera bianca, ijeans di velluto e una voce dai toni troppo freddi. Si chiama Francesco Maddalo, due anni fa era pm, un collega: aveva arrestato il giudice di Milano Curtò, quello che prendeva i soldi e diceva di averli buttati nel cassonetto della spazzatura. Non l'aveva bevuta, allora. E manco adesso. E per sei volte sei, Maddalo ha gelato Di Pietro: «Sinceramente, non ho capito». Eppure, la giacca di tweed verdolina era quella che gli porta fortuna. Eppure c'era Rocco Stragapede, poliziotto inseparabile, un paio di amici di Montenero, e alle 9,15 era stato accolto con grande discrezione. I giornalisti non hanno insistito, domande insidiose tipo «come stai», risposte scontate genere «che c'azzecca?». Maddalo, il presidente, aveva mandato il suo ambasciatore Elia Racheli, l'anziano ufficiale giudiziario in completo chiaro e panciotto: «Se non vuole esser disturbato c'è una saletta a sua disposizione...». «Non si preoccupi, grazie». «Dovere, riferirò». Discrezione e cortesia che in meno di un'ora andranno al diavolo. Come il buon umore, le vasche nel corridoio che s'interrompono solo quando in fondo compare Paolo Pillitteri, che ai tempi lo chiamava «Nini», o Fabio Salamone, il pm che non deve più indagare sul cittadino Di Pietro Antonio. «Rocco, prendi al volo». E Rocco afferra la cartella di pelle mar- rane, più portacarte che una borsa. Lì, Di Pietro, ha già le copie di quanto vorrà leggere. Anche se Massimo Dinoia, il suo avvocato, domenica ha fatto sapere che «dirà cose interessantissime»; anche se per sentirlo si è scomodato da Roma perfino l'imputato Cesare Previti, con gamba sinistra malconcia e stampella, Di Pietro ha pronta la sua sorpresa. E lì, nel portacarte in pelle che vola da Di Pietro a Rocco e torna a Di Pietro quando sono le 10,10 e l'aula è tutta per lui. «Parlerà tanto e non dirà niente», aveva previsto Previti. Errore. Il silenzio accompagnerà la sorpresa, con Previti che rimane fisso con gli occhi su Di Pietro, il pm Raimondo Giustozzi che si blocca con una mano sul calzino bianco e il presidente Maddalo che guarda l'ex collega e scuote la zazzera. Più di un'ora per decidere. Dopo sei tentativi, Maddalo da Di Pietro aveva incassato appena questa frase: «Intendo motivare il perché non intendo rispondere con un documento che intendo leggere». Di Pietro, che qui è parte civile, ma è anche sotto inchiesta per altre faccende, può accettare di rispondere oppure tacere. Chiede, cerca, vorrebbe una via di mezzo. Ma alla fine di quella frase scopre di aver giocato un tantino d'azzardo e si ritrova a ciondolare in aula aspettando la decisione di Maddalo. Un inchino al pm Giustozzi, una stretta di mano a Previti che fatica ad alzarsi («sennò, caro Di Pietro, i giornali scrivono che non ci salutiamo...»), convenevoli con gli avvocati. Però, come notano tutti, pm e avvocati, e come dirà Mad- dalo, «la questione ò nuova». Non s'era mai visto, in un processo, una parte civile (sia pure sotto inchiesta per altre faccende) che sceglie di non rispondere. Di Pietro aspetta e accende mezzi toscani. Fuori dall'aula rischia di incrociare Salamone, in aula gli tocca qualche giornalista. «Ma che c'azzecca quest'altra inchiesta con me?». Forse vogliono rivedere qualche posizione, come quella dell'avvocato Lucibello: «E non potevano farlo prima? E poi io ho presentato le mie denunce, perché non fanno le indagini? Perché la Procura di Brescia non indaga?». Si ritrova con Previti, che qui è accusato d'averlo costretto alle dimissioni e per lui ha sempre buone parole, guarda al futuro e pensa alla politica: «Adesso siamo tutti nelle mani dei giudici. Poi, con Di Pietro, si vedrà». Quando Maddalo rientra, sembra uscito da una nebbia che protegge da tensioni, clamori e tifoserie. Pugliese di Lecce, cinquantenne, a Brescia si è sposato con una dottoressa, ha cominciato la carriera e due anni fa dalla Procura è passato al Tribunale. Due figli che accompagna alle elementari tutte le mattine, schivo, mai un'intervista. Quando il primario dell'ospedale è finito sotto inchiesta ha rinunciato al processo: «Non posso, mia moglie è medico e lo conosco». Era la prima volta di Di Pietro in aula, è la prima volta che gli dicono no e a dirlo è proprio uno come Maddalo: il suo opposto. Di Pietro non l'aveva previsto, ma nella borsa aveva le fotocopie per giudici e giornalisti: «Non mi resta altro da fare, come unica e silenziosa forma di civile protesta, che avvalermi della facoltà di non rispondere...». Colpa di chi mi ha sequestrato il mio archivio e gli atti di questo processo, colpa di Craxi e tutti gli altri che ho denunciato. Maddalo ha letto, si è tolto gli occhialini, e la zazzera bianca ha cominciato a dondolare. L'amico Rocco era già lontano. Giovanni Cerruti

Luoghi citati: Brescia, Milano, Montenero, Roma