Il silenzio di Tonino delude gli ex colleghi

Borrelli: scelta del difensore. Greco: una strategia Gerardo D'Ambrosio: al suo posto mi sarei tolto un mucchio di sassolini dalle scarpe Il silenzio di Tonino delude gli ex colleghi Borrelli: scelta del difensore. Greco: una strategia MILANO. «Se fossi stato in lui mi sarei tolto un mucchio di sassolini dalle scarpe. E poi, un mattatore come lui...». Il procuratore aggiunto Gerardo D'Ambrosio, davanti alla televisione che trasmette i servizi sulla mancata deposizione di Antonio Di Pietro al processo di Brescia, ha una reazione contrastante: prima si arrabbia con l'ex collega del pool («Ma che bisogno aveva?»), poi, quando sente le sue motivazioni lette dall'avvocato Massimo Dinoia, si mostra più morbido; «Se il suo silenzio va inteso come una provocazione, allora è più comprensibile. Ha voluto protestare contro la perquisizione dei Gico a casa sua. Io al posto suo, però, forse avrei accettato il confronto, magari per dire, ad ogni domanda, che non potevo rispondere perché mi avevano sequestrato i documenti della mia difesa; sarebbe stato più incisivo». Dottor D'Ambrosio, ma cosa se r\e sarebbe fatto Di Pietro dei documenti se gli avessero chiesto di spiegare le sue dimissioni? «Non so, ripeto, al posto suo avrei deciso di rispondere. Credo che Di Pietro non abbia più nulla da nascondere. Si può anche essere stanchi nella vita e decidere di mollare. Nel suo caso, con la storia della Mercedes e dei cento milioni, poteva subire al massimo una censura, magari un trasferimento. Comunque, l'unico ricatto possibile per lui era rappresentato da un'azione disciplinare, che s'interrompe solo con le dimissioni, come effettivamente è successo. A questo va aggiunto che probabilmente davvero non ne poteva più. Lo capisco». Ma allora, perché rifiutarsi di raccontarlo in aula? «Si vede che ha preferito adottare subito una forma di protesta per i sequestri dei documenti, che gli hanno tolto una possibilità di difesa. Le perquisizioni devono seguire criteri stabiliti per legge e il magistrato deve dare indicazioni precise alla polizia giudiziaria che le esegue. Non si può andare a casa di un individuo e sequestrare tutto quello che capita. L'ipotesi del reato per Di Pietro è concussione? Allora bisogna cercare una carta che provi un versamento di denaro, il resto va lasciato dove si trova». In procura, all'una del pomeriggio, non c'è solo D'Ambrosio attaccato al televisore. Un po' tutti gli ex colleghi di Di Pietro hanno voluto seguire i servizi che provenivano da Brescia, e per tutti la prima reazione è di delusione. Il procuratore capo Saverio Francesco Borrelli, che da tempo ha ormai raffreddato i rapporti con l'ex pupillo, rifiuta ogni commento: «Il processo non è mio. Quella di non rispondere sarà stata una scelta del suo difensore, chiedete a lui e a Di Pietro». Ma a freddo, la delusione lascia il posto a qualche considerazione più approfondita: «Non credo sia stato uno scatto d'ira o un blocco emotivo - dice il pm Francesco Greco -, se Di Pietro ha fatto così, avrà avuto i suoi buoni motivi. Quando era qui, in procura, non faceva mai niente per caso. Significa che ha in testa una sua strategia processuale». Quale sia però, nessuno riesce a spiegarlo. Gherardo Colombo, che pure due giorni fa ha dichiarato di aver condiviso qualche volta la voglia di lasciare la toga di Antonio Di Pietro, preferisce tacere. E gli fa eco Piercamillo Davigo: «Non so nulla e comunque non faccio commenti». Ip. col.]

Luoghi citati: Brescia, Milano