Vita nova per la Doria Pamphilj

Riaperta a Roma la straordinaria Galleria, con un esemplare restauro Riaperta a Roma la straordinaria Galleria, con un esemplare restauro Vita nova per la Doria Pamphilj Scrigno di tesori, da Tiziano ai fiamminghi EROMA ARA' un poco d'effetto, agli habitués delle visite segrete e quasi proibite (per gli orari un tempo troppo avari) alla Galleria Doria Pamphilj, non accedervi più attraverso quel budello di scaletta clandestina, che ti pareva di vivere in un romanzo di Klossowski, durante, l'occupazione. Da ieri, con ampio agio d'ore e solo (intelligentemente) il giovedì di chiusura, yitty nova: scalone monumentale che ci accompagna con sculture classiche e dell'Algardi, e molti appartamenti privati finalmente svelati, si è riaperto quello scrigno di pitture che è la Dona Pamphilj. Miracolosamente dopo solo un anno di lavoro (e un mese di chiusura), grazie ad una benefica intesa tra lo Stato che si è preoccupato anche finanziariamente di garantire la 'messa a norma' di un palazzo a rischio e la famiglia principesca, che vanta nel presente storici dell'arte e nel pedigré personaggi muminati (Andrea IV subì il confino e fu il primo sindaco di Roma liberata). Ma è toccato soprattutto ad un membro di famiglia, Massimiliano Floridi e a dei giovani agguerriti storici dell'arte come Francesca Cappelletti e Andrea G. De Marchi il grato e vitale compito di ricomporre Yaccrochage originario della quadreria settecentesca, quale la progettò l'architetto Francesco Nicoletti, siciliano come Juvarra, che ha lasciato traccia disegnata di questo suo laborioso travaglio d'incastro. Non qualcosa di asettico e uggioso, come certe asfittiche esecuzioni con strumenti originali. Qui l'acribia filologica raggiunge altri obbiettivi: non è facile comunque in questi sterminati 'tappeti' di opere assemblate a risparmio, studiare meticolosamente le opere secondo metodo positivistico. Tanto vale ritrovare, con curiosità da cabinet pantografato, la tassonomia, per noi inimmaginabile, che non privilegia le scuole o i soggetti, ma vistosamente i formati e le maniacali simmetrie (anche a rischio di dimensioni originali crudelmente martirizzate e amputate. Del resto qui i complici chirurghi estetici sono artisti-restauratori di nome, pronti a tutto, come Benefial, Mola o Salvator Rosa). Certo è disorientante trovare la vespertina lunetta della Fuga in Egitto di Carracci accanto ad un lenticolare fiammingo, il formidabile San Sebastiano di Saraceni accanto ad una copiaccia modesta, una rorida cuoca procace di scuola nordica in pendent a un macilento San Girolamo genovese e magari in mezzo un Fra Paolino a far da giudice, come tra la Cucina grassa e la Cucina povera di Brueghel: ma questo vuole il gusto d'epoca. E infine in un'ala congegnata secondo un metodo più moderno, ..si decantano con maggior agio capolavori un tempo negletti, che non meritavano l'onore della Galleria. E così si danno battaglia per strappare l'applauso, da un lato la morbida crudeltà contadina della magnifica Salame di Tiziano intrisa di tepori veneti, contro le schiarite grazie maliarde del concerto di ». Caravaggio o la remissiva accondiscendenza di una Maddalena fanciulla che ha deposto le sue gioie come in un gioco perverso. Le petrose storie 'mantegnesche' del Parentino insieme a Dosso, Bassano, il misterioso doppio ritratto di Raffaello, così accecato di verdi minerali, da parere un Sebastiano del Piombo. Inoltre la recentemente rinvenuta Nota di guardaróbba, miracolosamente dettagliata per quanto riguarda tecniche, formati, attribuzioni, ha permesso anche di riscoprire artisti ancora da sviscerare, come Monsù Aurora o il singolare genovese Pasquale Chiesa, così imbibito di umori napoletani. La singolare varietà di questa collezione del resto, rimasta prodigiosamente intatta (a differenza di altre, come la Barberini, smembrata con la complicità del fascismo) risiede proprio nel configurarsi come l'estuario grandioso in cui confluiscono i rivoli benedetti di precedenti lasciti di famiglie toccate dalla ricchezza e dal fiuto collezionistico. Primo fra tutti, il parsimonioso papa Pamphilj, Innocenzo X, che ha se non altro l'intuito geniale di farsi ritrarre in marmo da Bernini e che ci riceve oggi, in una sorta di sulfurea udienza privata, entro imo stanzino confessionale architettato da Busiri Vici, col suo interrogante 'aspetto satirico, saturnale, ruvido e bruttissimo' sì da far sospettare 'uno spirito contumace', grazie al ringhiarne prodigio di rapaci rossi cardinalizi, che Velazquez ha saputo così ben tramare, al punto da impegolare perfino Bacon. E al Papa si deve il provvidenziale intuito del fidecommisso, che ha tenuto sino ad oggi la collezione compatta. Più interessato alle arti il Cardinal-nipote Camillo, dilettante d'architettura che si occupa di trasformare in imponente palazzo questa sorta di città nella città che congloba chiese case e cortili (cinque, di cui uno centrale, che durante la visita dell'Imperatore Giuseppe II, con un rialzo al piano nobile, fu trasformato in immenso salone da ballo) ed anche pittore, che in omaggio a Brueghel, confessa: 'nell'imitiazione della di lui maniera non posso contenermi di non passare spesso qualche hora col pennello alla mano'. Inviso agli artisti per essere troppo avaro (un processo col Mola, Poussin che lo accusa di aver ordinato 'che nessuna antichità fosse trasportata fuori Roma' per potersele accaparrare) abilissimo nel trattare con nobili in difficoltà e frati impiccioni, è il primo a delineare la fisionomia della quadreria, soprattutto quando, con gran scandalo della famiglia, decide di rinunciare alla porpora cardinalizia, per sposare Olimpia Aldobrandini, che significa soprattutto il confluire di una sontuosa collezione e in dote uno dei palazzi al Corso oggi qui conglobati, nel complesso museale. Ma anche il figlio Benedetto non è da meno: compositore di musica, appassionato di arti quanto di caccia (capace di scambiare un Guercino per un cavallo) cardinale papabile ma che fa arrabbiare Papa Innocenzo XI, per le sue galanterie e la sua prodigalità, amico di Haendel e di Scarlatti, è capace di donare ad 'Arcangelo dei violini' che è poi Corelli una tela preziosa con 'una donna che sona il tamburro'. Anche uno degli eredi Doria, infiltrato per via di matrimoni, saprà arricchire la collezione, svendendo nature morte secentesche, per annettere Memling, splendidi ferraresi e scelti fondi oro. Marco Vallerà «Paesaggio con la fuga in Egitto» di Annibale Carracd, tra i capolavori della Galleria Doria Pamphilj Sotto il titolo, «Il riposo nella fuga in Egitto», opera del Caravaggio acquisita dal nipote di Innocenzo X Jì «Paesaggio con la fuga in Egitto» di Annibale Carracd, tra i capolavori della Galleria Doria Pamphilj Sotto il titolo, «Il riposo nella fuga in Egitto», opera del Caravaggio acquisita dal nipote di Innocenzo X II prodigioso fiuto di collezionista di Innocenzo X e dei suoi eredi

Luoghi citati: Egitto, Roma