Tv nostra tiranna sconosciuta
discussione. Gli effetti «inquietanti» della Garzantina televisiva di Grasso discussione. Gli effetti «inquietanti» della Garzantina televisiva di Grasso Tv, nostra tiranna sconosciuta Tutto ciò che ignoriamo noi «patate in poltrona» LA prima informazione che viene trasmessa da una Garzantina della televisione è che la tv non è —luno «one man show». Ogni programma ha uno o più conduttori, autori, redattori, registi, che una Garzantina cerca appunto di ricordare e nominare. E neppure la stessa, nuovissima Garzantina televisiva Enciclopedia della Televisione è uno «one man show». In copertina, ed è un caso anomalo per le enciclopedie, appare un nome, quello del critico televisivo e docente universitario Aldo Grasso. Ma se fosse una trasmissione televisiva, diremmo che Grasso è il conduttore e che gli autori della Garzantina sono, oltre a Grasso, Dario Baudini, Cristina Buondonno e Mariapia Comand. La tv personalizza, punta su un singolo, ma sempre in virtù di un lavoro plurale (è un destino nativo: la tv non ha avuto un Leonardo o un Marconi, è collettiva già come invenzione tecnologica). Se questa Garzantina fosse davvero una trasmissione televisiva, sembrerebbe più un'inchiesta zavoliana come «Nostra padrona televisione» o un blobbone allegro? Se è lecito uno scherzo linguistico, per giudicare questa Garzantina bisogna stare attenti al tono di voce. C'è la voce da enciclopedia, nei lemmi dedicati a personaggi, programmi, termini tecnici. Partendo da pagina 459, per esempio, si trova una infilata che può rendere l'idea dell'affollamento: Mina (lei, la cantante); Mina (Gianni); Mineo (Corradino); Miniateci (Raffaele); miniserie (genere di fiction); Mino (sceneggiato); Minoli (Giovanni); Minoprio (Minnie); minuti visti (indicatore dell'ascolto televisivo). La Garzantina di Baudim-Buondonno-Comand-Grasso qui ha una voce quasi neutra, da imparziale reference book. Al massimo, passa un'ironia non soggettiva, magari un'ironia della sorte come nella voce su CASELLA, Giucas: «Mago. Ha debuttato ipnotizzando una vipera [...]». Senza interrompere l'ordine alfabetico, altri lemmi (distinti tipograficamente) conferiscono alla Garzantina una seconda anima, più saggistica e dal tono di voce più personale. Su questi altri soggetti, è possibile la notazione fulminante (il successo della moviola sportiva dovuto al fatto che il tifoso in ascolto «ha paura di essere più cieco di un arbitro in malafede»; la mitologia del telecomando come bacchetta magica e scettro) e anche la dichiarazione provocatoria: alla voce dedicata al servizio pubblico si propone che, per esserlo, la Rai esca dall'Auditel (ci sono obiezioni?). Qui la voce si concede qualche concreto tributo ai grandi maestri Campanile e Totò, come quando sigilla il sarcastico ritratto dell'«opinionista» con l'esortazione: «Opinionisti di tutto il mondo, opinatevi». Ne viene fuori che dell'ubiqua tv noi sappiamo ben poco. Igno- riamo le astruserie ingegneristiche, i pixel e il tracking, e ignoriamo le logiche dei generi e dei palinsesti. Ignoriamo i rapporti necessari fra trash e tv (qui trattati con giusto riferimento al trashologo Tommaso Labranca): li ignora anche il presidente della Rai che per evadere dal trash che lo assedia e non gli piace è andato alla prima della Scala e si è immerso nel sublime musi- cale (ma su trash e lirica, e su trash e foyer, quante pagine deve ancora scrivere, Labranca!). Ignoriamo noi stessi: non sappiamo cosa significhi essere gente, pubblico, e nulla sappiamo del nostro status di «patate in poltrona» [couch potato è, si apprende, il nome americano per chi è videodipendente). Quel poco che abbiamo saputo lo abbiamo dimenticato, e lo ritroviamo mescolato ai titoli buffi dei programmi [Bamoirichinate, Tbtanbot, Il borsacchiotto), ai personaggi, le foto, i gerghi. Ma, si dice, «la tv esiste solo quando è in onda»: dunque l'enorme apparato di memoria in qualche misura cozza contro la logica intrinseca alla tv. Infatti delle inevitabili lacune o imprecisioni della Garzantina (la memoria è fallace, specie in assenza di archivi attendibili) ci si lamenta soprattutto da dietro le quinte. I personaggi televisivi famosi, invece, hanno una preoccupazione contraria: temono che gli sia tolta l'impunità del dolce oblio a cui la tv, di per sé, li condanna un secondo dopo i titoli di coda. Come ogni tiranno, la tv vorrebbe storicizzarsi da sola, blobbarsi, moviolarsi, perpetuare il proprio effimero. Quando si trova sulla carta, fra gli scripta che manent, fa l'effetto delle parole gravi, di quelle turpi, e in genere di tutto ciò che preferirebbe volare per aria: portento e inquietudine per una Garzantina dell'etere, che è come dire una tassonomia dei fiocchi di neve. • Stefano Bartezzaghi Nelle foto a lato, da sinistra Mina e Minnie Minoprio, due protagoniste storiche della tv italiana V l'i Nelle foto a lato, da sinistra Mina e Minnie Minoprio, due protagoniste storiche della tv italiana Ignoriamo i pixel e il tracking, le logiche deipalinsesti e perfino che cosa significa essere pubblico
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