Il Terzo Uomo? Greene capì chi era di Fabio Galvano
Il Terzo Uomo? Greene capì chi era Secondo i due biografi lo scrittore intuì che il suo capo, Kim Philby, faceva il doppio gioco per i sovietici Il Terzo Uomo? Greene capì chi era Non volle denunciarlo ma, disgustato, lasciò i servizi segreti LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Harry Lime aveva un volto; e non quello, cinematografico, di Orson Welles. Aveva il volto, con la complicità di Graham Greene che scrisse il copione per 22 terzo uomo, di una spia inglese: di Kim Philby, anche lui giustamente noto come «il terzo uomo» per avere trovato la salvezza - dopo Burgess e MacLean - sulla strada di Mosca dopo essere stato per anni una spia di Stalin. Philby era stato il diretto superiore di Greene quando lo scrittore aveva fatto parte, durante la guerra, del Sis (Secret Intelligence Service); e ora i due maggiori biografi di Greene affermano che probabilmente il romanziere aveva intravisto il gioco del traditore. Non lo aveva denunciato, ma lo aveva messo al centro del suo giallo nella Vienna occupata, nei panni del sorridente e sconcertante Harry Lime. Norman Sherry e Michael Sheldon sono concordi: l'odio patologico che Greene provava per qualsiasi tipo di comportamento sleale nei confronti degli amici gli impedì sempre di denunciare la spia. Ma probabilmente era al corrente fin dal 1943 dell'attività del suo superiore: fu questo, forse, il motivo che l'anno seguente lo fece rinunciare a una promozione offertagli da Philby, e che anzi lo spinse a lasciare i servizi segreti, fl tradimento di Philby fu scoperto nel 1951; ma già nel 1948, scrivendo la sceneggiatura del film, Greene lo calò tale e quale nella tenebrosa vicenda viennese di contrabbando e morte, nonché nelle fogne che a Lime servivano come via di comunicazione fra i quartieri britannici e quelli sovietici nella città divisa. «Greene - afferma Michael Sheldon, uno dei due biografi - era una delle pochissime persone a conoscenza del passato di Philby nella capitale austriaca: un Philby che nel 1934 vi aveva sposato un'attivista comunista durante la resistenza al fallito putsch nazista in cui era rimasto ucciso il cancelliere Dollfus e aveva preso parte al sal¬ vataggio di alcuni militanti facendoli fuggire da Vienna attraverso le fogne. Occorre aggiungere altro alla trama per leggervi il film?». Ma c'è altro: persino uno scherzo nella scelta di un nome, del caffè Smolka dove un funzionario dell'intelligence (Trevor Howard) dice all'autista di portare il narratore del film. Peter Smolka era un agitatore comunista ben noto a Philby nella Vienna del 1934; ma noto anche a Greene, che ne leggeva i dossier negli uffici dell'intelligence e che nel 1948 addirittura lo assunse come consulente per il film. Ce n'è abbastanza per concludere che di quel film, e delle vicende di Harry Lime, Greene e Philby devono avere a lungo parlato nelle fredde notti moscovite, quando in anni successivi -'grazie alla tacita complicità del Kgb e dei servizi britannici - ci furono numerosi incontri fra i due ex colleghi, che poi venivano interrogati dai rispettivi su¬ periori. Secondo Rupert Allason, il deputato inglese che scrive libri di spionaggio con lo pseudonimo Nigel West, quegli incontri terminarono soltanto nel 1968, quando Sir Maurice Oldfieldjjirettore generale dell'MI6 - sospettò Greene di avere fatto da corriere per Philby. Norman Sherry, il cui terzo e ultimo volume della colossale biogra¬ fia di Greene uscirà nel 1998, ha definito «estremamente plausibile» l'idea che il personaggio di Philby sia finito in quello di Harry Lime. «Sono entrambi figure affascinanti e pericolose, abili manipolatori», afferma: «Il perché delle dimissioni di Greene dall'intelligence è uno degli ultimi misteri nella vita dello scrittore. Lui disse di annoiarsi, incredibilmente, proprio quando gli offrivano un incarico di rilievo pochi mesi prima del D-Day. La verità è che sospettava qualcosa. Forse non sapeva esattamente in che cosa fosse implicato Philby, ma annusò l'aria e prese il largo». Greene aveva un fiuto per il tradimento: fin da bambino. Figlio di un direttore didattico, si era sempre sentito trattare dai compagni come un quisling in territorio occupato. La complicità, neppure con Philby, poteva essere il suo pane. Fabio Galvano Da sinistra, Graham Greene e Kim Philby
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