«Non parlatemi di boiardi Telecom è già sul mercato»

«Non parlatemi di boiardi Telecom è già sul mercato» «Non parlatemi di boiardi Telecom è già sul mercato» LE «SFIDE» DI CHIRICHIGNO E m ROMA ™ mite, è generoso, a tratti quasi mistico. Si accende il toscano, parla dei suoi figli e gli si accendono subito, insieme, pure gli occhi. Poi parla dell'azienda di cui è top-manager, ed è come se raccontasse di un suo altro figlio. E' quasi il Santo dei Telefoni, Francesco Chirichigno, amministratore delegato di Telecom Italia. Profonde utili a palate, effonde pensieri e parole buone per tutti: per Ernesto Pascale, che continua a tutelarlo come una sua «creatura» nella lotta fratricida tra Telecom e Tim sul «Dect», il cellulare domestico; per Vito Gamberale, amministratore di Tim, che adesso vuole, appunto, soffiargli il business; per il ministro delle Poste Maccanico, autore di un ddl sulle telecomunicazioni «molto valido». Ma ecco, se al San Francesco dei Telefoni volete far cambiare l'umore, provate a parlargli del futuro dell'azienda, del dopo-fusione con la Stet e del destino dei manager che, come lui, a giochi fatti potrebbero esser costretti a passare la mano. «Andarmene? - vi risponderà -. No, credo di poter essere ancora molto utile...». Quindi, dottor Chirichigno, lei non fa come Pascale, che ha già annunciato che a privatizzazione fatta si dimette? «No, mi atterrò al giudizio degli azionisti, pubblici o privati, che secondo me dovrebbero valutare il management in base alle capacità di fare strategie e risultati». Cos'è, orgoglio aziendale o pura sindrome di potere, da bravo boiardo? «E no, non mi venga a parlare di boiardi! Vede, io sono entrato in questa azienda all'ultimo livello della scala gerarchica aziendale. Da allora, ho vissuto tutti i passaggi cruciali della vita del gruppo: ho compartecipato alla fuoriuscita dal vecchio sistema, quello frammentato dove c'erano Telve, Stipel e così via, sono stato il progettista delia fusione tra la Sip e le altre quattro aziende di tic, e poi, dal '94, come capoazienda della neonata Telecom e con il contributo del management, dei lavoratori e dei sindacati, sono diminuiti i debiti da 20 a 12 mila miliardi, è aumentata la redditività e la produttività del 7%, tanto che il risultato '96 sarà maggiore di quello del '95. E per la prima volta la società presenta una po- «La fusionè una opportunE la Borsa e con Stet rande à per tutti ha capito» sizione finanziaria netta a breve positiva. Siamo i primi in Europa per efficienza con 280 linee per addetto e più ricchi in Italia per cash-flow». Insomma, lei si sente un mago? «No, se permette sono solo un tecnico che non ha mai avuto nulla a che fare con i partiti e che ha pensato solo a far crescere la propria azienda. Per questo vorrei essere giudicato in base ai risultati. Per un manager contano solo quelli: se ci sono, secondo me il manager dovrebbe essere inamovibile. Poi, valuteranno i nuovi azionisti». Ma secondo lei arriveranno davvero, questi nuovi azionisti? Crede davvero che la Stet sarà privatizzata entro il '97? «Me lo auguro, la privatizzazione è necessaria non solo per le casse del Tesoro, ma soprattutto per la rea- lizzazione del grande "progetto-impresa" in un settore strategico come le telecomunicazioni». Tanto strategico da giustificare la «golden share»? «Guardi, secondo me con il disegno di legge Maccanico, che dice in modo chiaro come si vuol far sviluppare questo settore e con quali regole, la golden share ha una limitata ragione di esistere. Se ci sono un'Authority e una legge che prescrive obblighi precisi per i gestori, non vedo perché lo Stato debba temere alcunché». E del «nucleo duro» che ne pensa? Va bene o sogna anche lei la «public company»? «No, per la public company in Italia mancano ancora troppe regole. Io credo che serva un "nucleo duro", per guidare un'azienda complessa. Mi pare del resto che il governo si stia muovendo in questa direzione. Ma bisogna far presto, anche perché, fatta la privatizzazione, finalmente finiranno le polemiche sul "mercato protetto"». Non negherà mica che sia esistito, il mercato protetto? Sarà il monopolio che vi ha fatto macinare tanti utili no? «E' un luogo comune, già oggi il 57% del fatturato globale deriva da servizi liberalizzati. E poi chi ci muove questa critica dimentica che solo a noi fanno anche carico oneri pesanti, come un canone di concessione annuo di oltre 1000 miliardi, e il principio di mutualità tra i clienti». Per tornare alla privatizzazione, si dice che siate proprio voi manager a frenare... «E' un altro luogo comune: vede, io non credo che la nostra sia un'isola dorata, ma non è neanche un'isola dannata. Ormai, tra i manager del gruppo, c'è una radicata consapevolezza che privatizzando si farà il bene dell'azienda, e soprattutto del Paese. Perché si renderanno più forti le nostre telecomunicazioni, un settore trascurato per anni dai nostri politici, mentre altri Paesi hanno fatto l'esatto contrario, dalla Francia di Giscard e Juppé all'America di dintorni. Ora un progetto si delinea, con la fusione Stet-Telecom. A lei che gliene pare? «E' una grande opportunità. Ha un senso sul piano finanziario, tanto che la Borsa l'ha accolta con entusiasmo, ed ha un senso sul piano industriale: ora va individuata una missione strategica per il futuro, dal punto di vista tecnologico, e un progetto-impresa che rafforzi ulteriormente la competitività, continuando a ridurre i costi. Noi stiamo marciando, lunedì ci sarà l'assemblea degli azionisti Iri per il passaggio delle azioni Stet al Tesoro, subito dopo si riuniranno i consigli di Stet e Telecom per avviare l'iter». C'è ancora chi ipotizza che Tim possa essere venduta a parte. Condivide? «No, il futuro industriale del gruppo prevede un'infrastruttura globale sulla quale possano passare servizi mobili, fissi ed entertainment. Quindi, come accade in tutto il «Lasciare?di essere aI rapportNon vedo No, credo ncora utile con Tim? problemi» mondo, non avrebbe senso privarsi della telefonia mobile». A proposito di Tim, in queste settimane ci state regalando uno spettacolo paradossale. Nel Paese dei monopoli, e in cui l'ingresso di un secondo gestore per i telefonini è stato uno psicodramma, Telecom e Tim, due aziende della Stet, si stanno scannando sul «Dect)) il telefonino domestico. Fa un po' ridere, no? «No, io non vedo problemi, come ha già chiarito la Stet. Mi i'a piacere che tutti, compresa Tini, abbiano deciso di misurarsi su questa tecnologia. E' una conferma che il nostro progetto industriale aveva ben interpretato l'evoluzione del mercato. Abbiamo avviato il business da due anni con 1800 miliardi di investimenti e un'occupazione stimata nell'indotto in 6500 addetti. Per noi il "Dect" è un'evoluzione della rete fissa, che con questa tecnologia aumenterà le possibilità di offerta di servizi innovativi per i consumatori. Non per nulla, le anticipo che primari gestori europei ci hanno già contattato per replicare nei loro Paesi l'esperienza da noi awviata». Manca ancora il parere delle Poste, però, e intanto i concorrenti privati come Omnitel vi attaccano... «Sì, dopo il rinvio di martedì scorso ci aspettiamo in tempi lapidi il parere del Consiglio superiore, che dia il via libera, a noi e agli altri, all'utilizzo di questa tecnologia. Tenga conto che il "Dect" è parte di un piano strategico biennale dell'azienda, già approvato l'anno sorso dalle Poste. Quanto ai privati, è vero, Scaglia si è... scagliato contro di noi, ma a mio avviso il mercato è grande e si crea facendo concorrenza chiara e leale, con contabilità separate, e non bloccando la ricerca e gli investimenti. Ma è ovvio che lui faccia polemica, chi rincorre non è mai contento». Bella forza, avete avuto sempre campo Ubero! Non a caso si parla di voi come del Grande Fratello... «Sciocchezze, per me la mia famiglia è mia moglie, e i miei due figli. Il Grande Fratello non esiste». Eppure, se in questo Paese si liberalizzasse sul serio... «Io sono pronto a fare la mia parte». Massimo Giannini «I conti tornano, il gruppo è agguerrito Sul Dect i grandi gestori europei ci hanno già contattato per avviare nei loro Paesi la nostra esperienza» «La fusione con Stet è una grande opportunità per tutti E la Borsa l'ha capito» «Lasciare? No, credo di essere ancora utile I rapporti con Tim? Non vedo problemi» delegato della Telecom Italia Francesco Chirichigno «Non paTelecom«I conti toSul Dect ici hanno nei loro P L'amministratore delegato della Telecom Italia Francesco Chirichigno Sopra l'amministratore delegato della Stet Ernesto Pascale. A fianco Vito Gamberale amministratore delegato di Telecom Italia Mobile

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