Addio all'era Ghali, arriva Kofi Annali

Estero LA STAMPA Sabato 14 Dicembre 1996 NEW YORK NOSTRO SERVIZIO E' Kofi Annan, 58 anni, del Ghana, il nuovo segretario generale delle Nazioni Unite. La sua «proclamazione» è avvenuta ieri quando dalla sala del Consiglio di Sicurezza, al Palazzo di Vetro di New York, è uscito l'ambasciatore inglese John Weston ed ha annunciato che il «veto» francese contro di lui era stato tolto. Adesso, a separare questo signore dalla poltrona di capo dell'Onu ci sono solo degli adempimenti per così dire tecnici, Il primo sarà il voto «formale», cioè palese, con cui i 15 membri del Consiglio di Sicurezza decideranno di «raccomandare» il suo nome all'Assemblea Generale; il secondo sarà il voto altrettanto formale con cui i 185 membri dell'Assemblea decideranno di «accogliere» quella raccomandazione. E' possibile che tutto ciò accada entro martedì, giorno in cui finisce l'attuale sessione ordinaria dell'Assemblea, ma non è indispensabile. Per una cosa importante come l'elezione del segretario generale, infatti, l'Assemblea può essere convocata in forma straordinaria in Kofi Annan dopo una lunga battaglia è stato designato come successore di Ghali alla segreteria dell'Onu dopo essere stato il responsabile per le operazioni di pace Nella foto piccola il presidente francese Chirac che si è battuto invano perché fosse designato un esponente francofono LA CARRIERA DI UN AFRICANO ARISTOCRATICO qualsiasi momento. L'importante è che le formalità vengano concluse entro la mezzanotte del 31 dicembre, cioè il momento esatto in cui scade il mandato dell'attuale segretario generale, Boutros Ghali. Lui, appena saputo della caduta del veto francese contro Kofi Annan, ha fatto dire ai suoi portavoce di essersi «caldamente congratulato» con il suo successore, ma non c'è dubbio che quella mossa gli sia costata cara. Dopo che gli Stati Uniti avevano posto il loro veto alla sua rielezione, Boutros Ghali aveva «momentaneamente sospeso» la sua candidatura, ma tutti sapevano che era pronto a scendere di nuovo in lizza, se il Consiglio di Sicurezza avesse avuto difficoltà a trovare un altro uomo da «raccomandare». E per alcuni giorni era sembrato che quelle difficoltà fossero consistenti. Fra i quattro candidati africani che erano stati presentati ai voti informali (che il nuovo segretario generale dovesse essere un africano era stato «stabilito» per rispettare la tradizione che vuole due mandati per ogni continente) Kofi Annan era infatti riuscito a superare la prima condizione necessaria a passare al voto formale - quella di ottenere almeno 9 dei 15 voti del Consiglio di Sicurezza - ma non la seconda condizione, e cioè quella di non ricevere nessun «voto rosso» contrario, che voleva dire appartenente a uno dei cinque membri permanenti e quindi, automaticamente, un veto nel caso in cui si fosse votato formalmente. Quel voto rosso era segreto, ma tutti sapevano che era la Francia a esprimerlo. Sennonché è successo che i 10 voti presi da Annan nella prima votazione sono diventati 11 nella seconda e addirittura 14 (compreso quello dell'Egitto, che evidentemente aveva deciso di «scaricare» Boutros Ghali) nella quarta. In pratica, la Francia si è trovata nella stessa condizione di «uno contro tutti». Di fronte alla minaccia di cercare un candidato in un altro continente, per esempio l'Asia, i Paesi africani hanno cominciato a esprimere il loro malumore contro l'ostinazione della Francia, che ieri, di schianto, ha mollato. Ma non gratis, a giudicare dalla voce che subito ha preso a circolare secondo cui il primo provvedimento di Kofi Annan sarà quello di nominare al posto che attualmente occupa - sottosegretario addetto alle operazioni di «peacekeeping» - un francese, probabilmente Jean-Claude Villeron, che è sottosegretario agli affari economici e sociali. Franco Pantarelli Per convincere Parigi avrebbe promesso un incarico cruciale a un uomo di Chirac Paolo Guzzanti La demagogia è sempre una pessima consigliera, soprattutto in politica estera. Quando gli Stati Uniti annunciarono la loro intenzione di porre il veto a una riconferma dell'egiziano Boutros Ghali come segretario generale dell'Onu, vi fu una generica alzata di scudi da parte di parecchi Paesi. Sarebbe apparso punitivo negare, per la prima volta nella storia dell'Onu, un secondo mandato a un segretario generale uscente. Inoltre aggiunsero altri - questo sarebbe stato anche uno schiaffo al continente africano, che per la prima volta nella storia aveva espresso un segretario generale. I numerosi Paesi che si sono lanciati in questa campagna contro la prepotenza americana (delegazione italiana compresa, almeno in una prima fase) hanno semplicemente trascurato di affrontare la questiono centrale sollevata dal governo di Washington: la sostanziale inadeguatezza di Boutros Ghali rispetto al suo ruolo. Ghali ha commesso due errori gravi, che hanno appesantito la sua debolezza strutturale. Innanzitutto ha fornito un'interI pretazione del ruolo assurda e 1 sicuramente controproducen¬ te, comportandosi come se il segretario generale dell'Onu, invece che il prudente coordinatore di una struttura diplomatica fondata sul compromesso e su parziali consensi, fosse il premier di un vero e proprio governo mondiale, autorizzato a dare schiaffi a destra e a manca, soprattutto al Paese senza il consenso del quale non si può fare nulla, gli Stati Uniti. Poi ha aggravato l'errore, appesantendo la già elefantiaca burocrazia dell'Onu con ulteriori fardelli spesso clienteiari. Ghali aveva creato una situazione tale che, se fosse rimasto, il Congresso americano sarebbe forse arrivato a chiedere l'uscita degli Stati Uniti dall'Onu. Tutto questo presentandosi come l'uomo dell'Africa e del Terzo Mondo, ma compiendo disastri in Somalia come in Centrafrica. E qui viene la sua debolezza strutturale. Pochi politici sono detestati nel continente africano come Boutros Ghali, il cosiddetto «rappresentante dell'Africa». Cosi gli Stati Uniti hanno avuto buon gioco nell'andare a vedere il bluff del veto francese contro il ghanese Kofi Annan. Era un veto pieno di vuoto. O meglio: dentro c'era solo la frustrazione di una Francia che sente di contare sempre meno in Europa e che ha pensato di risolvere il problema gonfiando il petto e cavalcando una demagogia terzomondista in questo caso senza basi. Abbandonati anche dagli africani, i francesi non hanno saputo fare di meglio che porre un problema linguistico: il nuovo segretario avrebbe dovuto essere francofono. Perché? Perché sì. Una forte piattaforma terzomondista davvero. Poi la resa. Paolo Passarmi lui rmi lui—-| X/J\ IUUMIX Estero 11 Dopo una tenace resistenza cade il veto francese, adesso due voti formali poi la nomina Addio all'erg Oliali, arriva Kofi Annali Ilghaniano è designato nuovo segretario dell'Orni E' un diplomatico di lunga esperienza che scherza: «Parlo inglese con accento francese» Bandiera bianca per la Grandeur B ASTAVA la faccia, le parole erano irrilevanti. Ieri, quando il delegato britannico all'Onu John Weston ha annunciato che la Francia aveva deciso di ritirare il suo veto e che «Kofi Annan sarà il prossimo segretario generale dell'Onu», bisognava davvero benedirò l'invenzione della televisione. Nell'annunciare la ritirata della Francia e la sua brutta figura davanti alla comunità diplomatica, sir Weston ha centellinato un bicchierino di rivincita a lungo stagionata. Ma questo è solo un aspetto della brutta figura francese. La moglie svedese è una nipote di Raoul Wallenberg il salvatore di 10 mila ebrei