Milosevic e l'opposizione: grazie Dini di Giuseppe Zaccaria

Il ministro degli Esteri: «Evitate violenze, l'Italia impedirà un nuovo embargo alla Serbia» Il ministro degli Esteri: «Evitate violenze, l'Italia impedirà un nuovo embargo alla Serbia» Milosevic e l'opposizione: grazie Pini Mediazione a Belgrado BELGRADO DAL NOSTRO INVIATO Nel corteo che come al solito attraversava il centro di Belgrado, ieri ad aprire la sfilata c'era una grande bandiera italiana. Un ragazzo la sventolava frenetico, subito prima del gruppo che portava avanti come icone i ritratti dell'ultimo re Karageorgevic. Era l'immagine di una speranza che al ventiquattresimo giorno di proteste ormai accomuna il potere all'opposizione. Trovare una via d'uscita prima che la situazione, ormai in piena fase di stallo, precipiti: in questo senso la visita di Lamberto Dini, ministro degli Esteri italiano, si era caricata di speranze. Dini giungeva come rappresentante di un Paese amico che continua a opporsi all'ipotesi di nuove sanzioni economiche. Contro l'ansimante Jugoslavia di oggi un nuovo embargo potrebbe solo ritorcersi contro la gente comune, già ai limiti della sopravvivenza, esasperando le tensioni. Nello stesso tempo il recente incontro con Warren Christopher, segretario di Stato americano, e la vigilia di un nuovo vertice europeo caricavano l'iniziativa italiana di particolare autorevolezza. Il bilancio di un'ora e mezzo di colloqui con Milosevic, compresa una rapida colazione, e di un incontro con gli oppositori è in chiaroscuro. Dini riparte con l'assicurazione che entrambe le parti non cederanno alla violenza, ma anche con la cer¬ tezza che mai Milosevic accetterà la vittoria elettorale di «Zajedno». Forse esistono soluzioni diverse, di quelle che nella conferenza stampa non è elegante annunciare. Se per esempio dopo una «normale» crisi politica i fìnti vincitori di oggi sciogliessero i consigli comunali usurpati a Zajedno, l'immagine del governo sarebbe salva e i giochi potrebbero riaprirsi. E' presto per immaginare che cosa Milosevic possa aver offerto. Il disgelo con un'Europa sempre più intransigente nel pretendere li¬ bertà politiche in cambio di aiuti, per lui è interesse vitale. Anche Dini l'ha ripetuto, sia pure ellitticamente, rispondendo a una domanda: «Credo che qualsiasi leader dovrebbe preoccuparsi, per sé e per il suo Paese, della prospettiva di un isolamento economico». Il nostro ministro degli Esteri dice di non essere pessimista: «Entrambe le parti credono alla necessità del dialogo e questo apre la via a una serie di possibilità che naturalmente saranno gli stessi partiti jugoslavi a sperimentare». L'idea di una conferenza sullo stato della democrazia in Jugoslavia continua a farsi strada. Forse, il suo sviluppo in termini più ampi potrebbe consistere in un progetto di arbitrato internazionale. L'Europa comunque, ha ribadito Dini, non ha parlato di nuovo embargo in alcuna dichiarazione ufficiale. Nella conferenza stampa tenuta dopo gli incontri all'ambasciata d'Italia (per gli oppositori ha parlato il tribuno Vuk Draskovic, con un lapi¬ dario «nessuna possibilità di accordo se prima non ci restituiscono la vittoria elettorale») Dini si era anche sentito chiedere se non temesse che la sua visita potesse essere strumentalizzata dal potere. Ha risposto che questa eventualità non gli sembrava possibile. In realta non è accaduto: ieri però l'intero apparato d'informazione di Milosevic s'è esercitato in una gamma di sfumature e slittamenti semantici cui ha dato avvio l'agenzia di Stato. Era il primo pomeriggio e il nostro ministro degli Esteri era appena ripartito, quando la «Tanjug» ha diffuso un lungo dispaccio. Cinquantaquattro righe per celebrare, con la visita del ministro, i solidi rapporti d'amicizia e commercio che legano Italia e Jugoslavia. Al fondo, due righe esatte per far sapere ai giornali serbi che Milosevic e Dini avevano parlato anche «(iella situazione corrente». L'identico brano d'agenzia è stato ripetuto alla lettera alle 19,30, con l'apertura del telegiornale più seguito nel Paese. Subito dopo, im- magini della conferenza stampa (nella quale a Dini viene attribuita una frase mai pronunciata, «questo e un problema di politica interna jugoslava») e infine un'intervista che il ministro ha concesso a Nada Dragic, giovane star dell'emittente di Stato. Anche qui nessuna forzatura ma molte elusioni. Dal montaggio della tv jugoslava, Dini risulta aver parlato per due minuti e rotti degli accordi di Dayton, del futuro della Bosnia e di quanto potrà fare la Nato. Alla «situazione corrente» è dedicata solo una battuta di dieci secondi. Così vanno le cose, nonostante le assicurazioni di Milosevic sul futuro della libera informazione nella Serbia d'oggi Non è allora cosi strano che la protesta cominci a mostrare pericolosi segni di radicalizzazione. Ieri gli studenti avevano annunciato l'intenzione di recarsi a Dedinje, il quartiere residenziale dove sorge fra le altre la villa di Milosevic. La polizia li ha dirottati senza violenze, ma con uno spiegamento di forze mai mostrato nelle ultime tre settimane. Per oggi, altri studenti annunciano una marcia che da Novi Sad dovrebbe condurli in corteo fino a Belgrado, attraverso 90 chilometri di strada. Alla fine anche ieri, dopo l'alt della polizia, gli studenti si sono indirizzati verso la Nuova Belgrado e la sede del partito socialista al potere. Cominciano però a farlo in piccoli cortei, frazionandosi, giungendo ogni giorno un passo più vicini allo scontro. Giuseppe Zaccaria Bloccata dalla polizia una marcia sulla casa del presidente La tv inventa una frase dell'ospite «I disordini? Questioni interne» Lamberto Dini con il leader serbo Milosevic e (qui a fianco) con quello dell'opposizione Draskovic