Mostro di Firenze, tutto da rifare

I giudici ordinano la celebrazione di un nuovo processo nonostante il parere contrario del procuratore generale I giudici ordinano la celebrazione di un nuovo processo nonostante il parere contrario del procuratore generale Mostro di Firenze, tutto da rifare La Cassazione annulla l'assoluzione di Pacciani ROMA. Allora si sono sbagliati. Così, semplicemente: sbagliati. A giudicare Pietro Pacciani estraneo ai delitti del «mostro di Firenze», ai misteri che lo circondano, ai sabba che in diciassette anni provocarono sedici vittime e scagliarono paura e sangue sui colli attorno alla città. Si sono sbagliati, il Pietro sarà giudicato di nuovo. La Corte ha deciso così. E lui ora balbetta: «Aiutatemi». E, forse, non ha neppure chiaro che cosa lo aspetti. «E ora, si ricomincia?» Si ricomincia. La prima sezione della suprema Corte di Cassazione, quella un tempo presieduta da Corrado Carnevale e ora da Francesco Sacchetti, ha annullato la sentenza con cui l'assise d'appello di Firenze mandava assolto il «mostro di Firenze». Perché fino a quel pomeriggio dello scorso 13 febbraio, giorno di Santa Fosca, quello era il Pietro: il mostro. Condannato per quattordici omicidi e sospettato per altri due. Una decisione in parte prevedibile, dal momento in cui era stato coltivato il ricorso dalla procura generale di Firenze. Ma ieri, in aula, si è avuta l'ennesima conferma come niente, in questa storia, sia scontato. Perché il procuratore generale, Vincenzo Iannelli, si era detto certo che i giudici dell'appello non avevano sbagliato e altrettanto sicuro che i motivi a sostegno del ricorso non fossero poi così solidi da giustificare ripensamenti. E aveva chiesto che la sentenza di assoluzione, firmata Francesco Ferri e Francesco Carvisiglia, venisse confermata. Due ore d'incertezza, neppure tanto, eppoi, di primo pomeriggio, la decisione: il giudizio emesso a Firenze era annullato, il processo dev'essere rifatto, la montagna di carte passa ad una nuova sezione della corte d'assise d'appello. Dunque, qualcuno si è sbagliato. Tutto sta a stabilire chi: o i giudici della corte di primo grado, quella presieduta da Enrico Ognibene, «a latere» Michele Polvani, e che si spaccò quasi a metà al momento della decisione; oppure quelli dell'appello che, compatti, capovolsero il verdetto. Senza un dubbio. Talmente convinto del proprio punto di vista, il presidente Ferri, che, appena lasciata la magistratura, ha scritto: «Il caso Pacciani. Storia di una colonna infame?» Erano stati loro, i giudici dell'appello, a rifiutare l'ascolto dei testimoni offerti dal pm Piero Tony. Il quale, poi, aveva proposto l'assoluzione. I testi, presentati sotto pseudonimo, appena entro tempo massimo erano: «Alfa», «Beta», «Gamma» e «Delta». Ora Ferri ripensa a quella decisione: «Noi, da quella si- tuazione ne saremmo dovuti uscire con un escamotage. E comunque, il procuratore generale della Cassazione, parlando di provvedimento abnorme, ha riconosciuto la situazione in cui ci trovavamo. Mi fa piacere, comunque, che la questione non sia stata presa sotto gamba. Sembrava un colpo di testa, ma non potevamo fare diversamente: era il nostro convincimento». Come in un'elezione politica: è raro che qualcuno ammetta la sconfitta. Anche Nino Marazzita, difensore del Pietro, trova motivi di soddisfazione: «Non condivido la sentenza ma sono tutt'altro che amareggiato perché questa sentenza della Cassazione permette comunque di poter riavere un proces¬ so nel pieno rispetto delle regole. La situazione non mi scoraggia, al contrario, mi stimola perché sono sicuro di poter nuovamente dimostrare l'innocenza di Pacciani». Altrettanto sereno sul futuro prossimo del Pietro il criminologo Fran¬ cesco Bruno: «Lui non c'entra nulla col mostro di Firenze. E' innocente e il nuovo processo lo dimostrerà. Innocente sotto due profili. Quello strettamente scientifico, innanzi tutto. Il comportamento del mostro è tipico di chi soffre di una patologia sessuale grave, come ad esempio ima malformazione o una disfunzione. Pacciani, al contrario, è caratterizzato da una sessualità fin troppo vivace, al punto di violentare le figlie o di intrattenersi con le prostitute. Una personalità, la sua, incompatibile con quella di un maniaco con problemi gravi che uccide solo per motivi sessuali. Eppoi, sotto il profilo giuridico, nessuna prova contro di lui. Il processo d'appello era stato minato nelle sue basi da una indebita intromissione della procura». Già, la procura, vista dai difensori e dal Pietro come la grande nemica. Aspetta la nuova mossa, con solida soddisfazione, si direbhf:.

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