Onu, la guerra del Segretario ha 50 anni di Franco Pantarelli

iiiiiiiii iiiiiiiii IL CAPO DEL «GOVERNO MONDIALE» Dietro la difficile scelta del nuovo leader, le questioni aperte e gli interessi dei Grandi Orni, la guerra del Segretario ha 50 anni Veti incrociati e patti segreti da Hammarskjoeld a Ghali m. NEW YORK H L primo fu cacH cuilo per attenuare la rabbia dei sovietici, all'ultimo la riconferma è stata sbarrata dagli americani La storia dell'Onu, dicono quelli che amano le sintesi estreme, e tutta qui, nelle vicende dei soli due segretari generali costretti a restare in carica per un solo mandalo. Le loro storili personali, infatti, sembrano riassumere con efficacia i cambiamenti avvenuti in questi 50 anni, che hanno portato da ima situazione in cui gli americani erano i «padroni» dell'Orni e alla carica di segretario generale mettevano chi volevano, mentre ai sovietici era lasciata solo l'arma estrema del diritto di veto, cui ricorre- ■■■■ »■■"■ vano cosi tanto che il loro leggendario ministro degli Esteri Andrei Gromyko ti un certo punto diventò «Mister Niet», a una situazione in cui sono gli americani ad essere costretti, per fai' valere le loro ragioni, a ricorrere al veto, facendo arrabbiare tutti gli altri. Ma non è detto che sia proprio cosi. Per esempio Trygve Lie, il norvegese che fu il primo segretario generale, almeno su un punto - dove sistemare l'Onu - fu alleato con i sovietici, il governo americano voleva che la sede fosse San Francisco, dove nel 1945 l'organizzazione era stata fondata; i sovietici, già seccati per il fatto che la sede era in territorio americano, insistevano invece per la costa Est, minacciando addirittura di boicottare i lavori se la loro richiesta non fosse stata accolta. Ti-ygve Lie si schierò dalla loro parte (forse per ragioni diplomatiche, forse - come qualcuno sostenne - a causa del suo sviscerato amore per New York) e alla fine la spuntò con la complicità di John D. Rockefeller e dell'amministrazione di New York. Il primo comprò per 8 milioni e mezzo di dollari l'area sull'East River di New York chiamata Turile Bay e la «donò» alle Nazioni Unite per costruirvi il loro quartier generale; la seconda stanziò 5 milioni di dollari per smantellare il mattatoio che si trovava proprio li e per reperire un'abitazione diversa ai 270 residenti che furono costretti a sloggiare. Di fronte alla soluzione del problema soldi, il governo americano cedette. I sovietici e Trygve Lio cantarono vittoria e celebrarono insieme (nel 1952) l'inaugurazione del Palazzo di Vetro, progettato dall'architetto Wallace Harrison. Ma poi litigarono subito. Trygve Lie, infatti, appoggio l'operazione Corea e Mosca lo mise nell'elenco dei cattivi. Nel '53, al momento di rieleggerlo, gli americani e gli altri occidentali pensarono bene di non tirare troppo la corda e ripiegarono su Dag Hammarskjoeld, uno svedese noto per le sue maniere miti. Anche lui appoggiò l'operazione Corea, ma dopo tre anni, nell'dnfuocato» 1956, difese l'Egitto dalle mire sul Canale di Suez di Francia, Inghilterra e Israele e i sovietici lo considerarono, se non proprio uno di loro, almeno un interlocutore onesto. E infatti nel 1957 fu rieletto senza problemi, anche se poi non riuscì a finire il suo secondo mandato. Nel 1961, durante la crisi del Congo, il suo aereo cadde in quello che oggi è lo Zambia e nessuno ha mai capito fino in fondo come andarono le cose. Di sicuro c'è che francesi, inglesi e belgi ce l'avevano a morte con lui (mentre gli americani, senza troppo parere, appoggiavano la sua avversione alla secessione del Kathanga, la regione del Congo ricca di diamanti) e i sovietici lo criticavano ma non troppo. Quella di Hammarskjoeld è sicuramente la figura chiave nello sviluppo delle Nazioni Unite. Fu lui a dare impulso all'organizzazione, a estendere le sue «competenze» e a far balenare la possibilità che potesse davvero essere una specie di «governo del mondo», in cui le dispute venivano affrontate con il massimo di equità possibile. Hammarskjoeld nell'Onu «credeva» profondamente e durante tutta la sua permanenza al Palazzo di Vetro aveva interpretato in pieno il «ruolo» del segretario generale, accrescendone il prestigio. Questo non era molto piaciuto alle grandi potenze, che in pratica approfittarono della sua morte per inaugurare la stagione delle mezze figure. Al suo posto, come «facente funzioni», fu posto U Thant, che era il rappresentante della Birmania. La sua doveva essere una gestione provvisoria, tanto per arrivare al 1962 e dare il tempo di trovare un altro segretario generale. Ma quando arrivò il momento dell'elezione «vera» il gioco dei veti incrociati, della incapacità di decidere e del desiderio di avere a che fare con un segretario generale non troppo «ingombrante» indusse le grandi potenze a confermarlo a quel posto e a lasciarcelo anche per i secondi cinque anni. Si arriva così all'austriaco Kurt Wal§7 dheim, il quale dà un tale senso al famoso detto «forte con i deboli, debole coi forti», che i Paesi del Terzo Mondo, nel frattempo arrivati in massa a far parte delle Nazioni Unite, lo considerano una sorta di nemico numero uno. Gli americani riescono a farlo rieleggere nel 1976 (qualcuno dice perfino che sapevano m^ già dei guai che poi avrebbero avvolto Waldheim, per via dei suoi trascorsi nazisti) ma nel 1981 il loro tentativo di farlo confermare addirittura per un terzo mandato si scontra con il veto della Cina, che all'epoca del Terzo Mondo vuole essere l'alfiere. Con l'elezione di Javier Perez de Cuellar, peruviano, e la sua riconferma nel 1987, quasi inconsapevolmente viene stabilita la tradizione dei «due mandati per ogni continente» che ora gli africani rivendicano. Se Boutros Ghali non può restare per il veto americano, dicono, il suo sostituto deve essere comunque un africano. Ufficialmente in lizza ce ne sono quattro, ma non è detto che il nuovo segretario generale sia uno di loro. Anzi il «vero» candidato, si mormora, è Salini A. Salim, della Tanzania, che come segretario dell'Organizzazione per l'unità africana ha guadagnato molto prestigio. Contro di lui, però, si è levato Chirac, che gli rimprovera di non parlare abbastanza bene il francese. Franco Pantarelli U Thant, «supplente» per un anno, venne rieletto per 5 perché «poco ingombrante»