E Nobel diventò buono

Lei gli scriveva lettere contro la guerra A cent'anni dalla morte Stoccolma lo celebra, la Germania rievoca la donna che ne fece un pacifista E Nobel diventò buono Convertito per amore di Bertha BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Chissà se, fra i 1266 ospiti di pregio che oggi affolleranno lo «Stadhuset» di Stoccolma per commemorare Alfred Nobel morto il 10 dicembre di cent'anni fa - qualcuno penserà anche a lei, Bertha von Suttner, la baronessa pacifista senza la quale Nobel resterebbe - per tutti - sinonimo soltanto di polvere da sparo, di munizioni, di violenze e guerra. Chissà se qualcuno fra di loro rievocherà, come molti giornali tedeschi di questa settimana, l'incontro che cambiò la sorte del ricchissimo inventore-fabbricante della dinamite e, insieme, quella del mondo. Tutti i discorsi e le celebrazioni, probabilmente, saranno riservati all'uomo che il 27 novembre del 1895, un anno prima di morire, firmò un testamento nel quale istituiva un Premio a disposizione del quale metteva un capitale di 35 milioni di corone e gli interessi: un premio che, anno dopo anno, compensasse gli sforzi più proficui in alcuni campi della scienza e quelli a vantaggio della pace. Eppure, senza l'influenza intellettuale, psicologica, emotiva che la baronessa von Suttner esercitò per anni su di lui - un incantamento che soltanto pochi giorni prima di morire Alfred confessò essere quello dell'amore non corrisposto, in un breve testo teatrale dal titolo enigmatico, Nemesis - Nobel non si sarebbe mai accostato al tema grandioso e ambiguo della pace con le inquietudini severe, e la passione fertile, che l'esempio di Bertha seppe suscitare in lui. Cominciò per caso - come spesso accade negli incontri fortunati e destinati a lasciare il segno - nella primavera del 1876, a Parigi: quando Nobel, che negli intermezzi dei suoi viaggi per il mondo abitava un palazzotto dell'Avenue Malakoff, vicino al Bois, assunse come segretaria la giovane viennese (ma ceca di nascita) che aveva trovato interessante l'offerta di lavoro pubblicata su un giornale austriaco da un «Signore ricchissimo, coltissimo e anziano», come Nobel - in realtà quarantatreenne appena firmava l'inserzione. Bertha von Kinsky, di dieci anni più giovane di lui, era una gentildonna impoverita e nubile, ancora: l'incontro con l'inventore e il diffusore di un nuovo, potentissimo strumento di distruzione e morte - la dinamite, brevettata nel 1866, era appena stata messa alla prova nella guerra franco-prussiana del 1870-71 rafforzò una convinzione che si era formata da tempo, in lei: le armi non possono servire da «deterrente contro la guerra», le armi «distruggono la pace», qualunque sia l'intenzione di clu le produce e ne fa smercio. Sbagbava dunque chi, come Nobel, evocava l'antico motto latino «Si vis pacem para bellum», per difendere la pace preparati alla guerra: «Anticaglie anticoromane», avrebbe commentato più tardi Bertha. La collaborazione con Alfred, intanto, non ha fortuna. Una settimana dopo il suo arrivo a Parigi, Nobel parte all'improvviso per un viaggio di lavoro: quando ritorna, la camera che aveva riservato per lei al «Grand Hotel», di fronte all'Opera, è vuota. Il contatto tuttavia rimane, e lievita: Ber tha, che nel frattempo ha sposato il barone Arthur von Suttner, gli scrive regolarmente, sia pur di rado. Dal Caucaso, che visita a lungo col marito, e poi da Vienna, dove si stabilisce definitivamente nel 1885. In ogni lettera ritorna su un argomento che le pare impossibile lasciar da par- te, con un uomo diventato ricchissimo e potente grazie a ini esplosivo di crescente popolarità e di vastissimo impiego: la pace e la necessità di preservare l'umanità dal «più terribile flagello», la guerra. Ogni volta, Nobel risponde difendendo la necessità della «dissuasione», ogni volta replica brandendo il «valore pacifista» delle armi. Ma mentre il nome di Bertha von Suttner comincia a diffondersi, in Europa, e a essere sinonimo di pacifismo militante (grazie a una serie fortunata di articoli e di saggi, e a un roman- zo diventato subito il bestseller del 1889 in Austria, «Abbasso lo armi»), si insinua in lui l'inquietudine del dubbio. All'improvviso, nell'estate del 1892, decide di raggiungere l'ex segretaria a Zurigo, dove è in corso il quarto Congresso pacifista mondiale: e badando a non farsi riconoscere, entra nella sala dove Bertha arringa una piccola folla di uomini e di donne che reclamano l'attenzione dei potenti della Terra, che si infiammano denunciando trafficanti e produttori di armamenti, che sognano un «nuovo secolo di pace». Quel giorno d'estate, probabilmente, Arthur Nobel si convince che l'architettura logica alla quale si è affidato con successo, ed entusiasmo, è più fragile di quanto avesse immaginato ogni volta che replicava alle critiche di Bertha. Per la prima volta contraddice dunque quello che, per anni, gli era parso un principio indiscutibile: e dona del denaro (duemila franchi) al movimento per la pace. E' mi presagio, quasi, di quanto sarebbe accaduto di lì a poco: ancora Vanno precedente, Nobel aveva respinto la richiesta di un finanziamento che i coniugi von Suttner gli avevano inviato dal Congresso pacifista di Roma («Non voglio legare il mio nome a queste cose», aveva ribattuto). La strada, ormai, è segnata. Tornato a Parigi, Alfred scrive a Benha por annunciarle l'intenzione di istituire un Premio legato al proprio nome, e «da attribuirsi a quanti abbiano spinto al meglio l'Europa sulla strada della pacificazione del mondo». La risposta è ambigua, priva di entusiasmo almeno in apparenza, una prova forse: prima che il nuovo secolo si annunci, il movimento per la pace avrà trionfato ovunque. Ma Nobel ha deciso, e nei mesi successivi formalizza il suo progetto, che vedrà la luce soltanto alla sua morte con un esito che pare il contrassegno di una vita e di un sogno: il primo «Nobel per la Paco», nel 1901, va a Henri Dunant, fondatore della Croce Rossa; ma quattro anni dopo il premio è per la protagonista di una battaglia pubblica e di una vicenda umana che avevano segnato il mondo, Bertha von Suttner. Emanuele Novazio Lei gli scriveva lettere contro la guerra Ma alla fine cedette e istituì il premio Lui, l'inventore della dinamite, rispondeva sostenendo la forza dissuasiva delle armi veva tro vona, ve lei », di fronte a. Il contatne, e lievita: Ber tempo ha sposaQui accanta destra la pche cil premdal «più guerra. Ogni vofendendo 11 p Qui accanto, Nobel; a destra la pergamena che conferisce 1il premio a Eliot p

Persone citate: Alfred Nobel, Arthur Nobel, Arthur Von Suttner, Bois, Emanuele Novazio, Henri Dunant, Kinsky, Malakoff