Ossa umane al gran bazaar

Saccheggiate nei cimiteri di Kabul, vengono comprate dal Pakistan per farne saponi, olio e mangimi Saccheggiate nei cimiteri di Kabul, vengono comprate dal Pakistan per farne saponi, olio e mangimi Ossa umane al granibazaar Rubate e vendute da bambini afghani LONDRA NOSTRO SERVIZIO Gli scugnizzi di Kabul si arrampicano Insti su per i cumuli di ossa umane esposte al sole e al vento nei cimiteri sventrati dalla guerra. Le ammonticchiano, le infilano alla svelta nei loro luridi sacchi di cotone e corrono a venderle al bazaar. Vanno a finire in Pakistan, le ossa rubate dei morti afghani; macinate, serviranno a fare sapone, olio per cuocere e mangime per i polli. Il quotidiano inglese «The Times» riferisce che lo scheletro di un maschio adulto costa 7000 afghani (800 lire). Sono soldi fitti in un Paese dove un sacco di farina da 7 chili ne costa 32 mila. Al mercato nero della miseria, i resti umani sono pane per chi vive. Kabul fa fronte cosi alla disperazione dell'inverno, il peggiore in vista: i prezzi sono tornati alle stelle da quando i fanatici Taleban hanno proibito alle donne di lavorare e l'inflazione ha superato il 400 per cento. J bambini di Kabul facevano commercio di ferraglie destinate al Pakistan. Finché i Taleban non hanno proibito di esportarle. Cosi molti dei 28 mila manovali minorenni si sono reinventati profanatori di tombe per mantenere le loro famiglie. «E allora adesso vado in cerca di ossa» racconta Faizdeen, 14 anni, la faccia avvizzita per la malnutrizione. Una tibia gli spunta dalla bisaccia. Ha chiesto a suo padre, disoccupato, il permesso di cambiare mestiere quando una banda di amici si ò messa a disseppellire ossa e a rivenderle a un grossista dietro la moschea blu. Suo padre ha voluto pensarci su, ma poi ha acconsentito. «Si fanno buoni affari - dice Faizdeen, che adesso guadagna il doppio di un impiegato statale -. Non c'è altro lavoro, quello delle ferraglie ò finito e abbiamo bisogno di mangiare. Spesso raccolgo anche ossa di animali, ma quelle umane sono più facili da trovare. I soldi sono gli stessi e mantengo la mia famiglia». Per sei giorni la settimana il ragazzino va a setacciare i cimiteri con sacco e bastone. Preferisce andarci quando sono deserti, perché a volte i vecchi scacciano i ladri di morti, che per lo più sono bambini. In una buona giornata, Faizdeen raccoglie fino a 14 chili di ossa. Per dissimulare i «pezzi» più ovvii come un teschio o una mascella, i suoi colleghi spesso danno loro fuoco o li sfondano con pietre. I cimiteri militari e quelli civili sono entrambi terra di ra- pina: lungo l'Ashaqan Arefan correva il fronte e gli squarci lasciati dalle bombe rendono il lavoro più facile: le fosse comuni sono rimaste spalancate e le ossa sono dilavate giù per la collina. Ma anche il Sholada Soleheen, il principale della città, è regolarmente saccheggiato, insieme con l'antico Dashtbarchi, situato a Ovest. I Taleban non sembrano essersi accorti di niente, ma il commercio di ossa umane, vietato dal governo di prima, è cominciato proprio quando loro hanno preso il potere. «Quando sono venuti a fare domande, abbiamo risposto che trattavamo ossa animali per i mangimi - dice Nowsher, un grossista -. Ci sono cascati e ci hanno lasciato in pace». L'uomo compra le ossa da corrieri adolescenti che di solito fanno da rivenditori ai ladri di morti, quindi le pesa su una grossa bilancia, le carica su un camion scassato e le fa portare oltre frontiera. Il guadagno è eccellente: in Pakistan un chilo si può rivendere fino a sette o otto volte il prezzo d'acquisto: da due «kaldar» (l'equivalente di un migliaio di rupie afghane) se ne ricavano magari 15. Il giornalista del quotidiano inglese dice di avere scoperto questo commercio quando sulle bancarelle del mercato ha visto comparire ossa e ha chiesto se ve ne fossero di umane. La disperazione di Kabul è lì in vendita fra i tappeti e le croste di pane. Un padre dice: «Non impedisco ai miei figli di andare a scavare nelle tombe. Non è una cosa buona, ma che cosa possiamo fare? E' lavoro, e noi pensiamo soltanto a procurarci il cibo». Secondo il Times, «il Pakistan che ha esportato le armi destinate ai Taleban adesso importa gli afghani morti». La guerra non distingue fra un teschio di mucca e quello di un uomo, se c'è in ballo la fame. «A questo siamo arrivati dice un insegnante intento a contemplare la bancarella del bazaar -. Ossa umane vendute come quelle degli animali. Niente lavoro, niente da mangiare, niente speranza». Maria Chiara Bonazzi Il «Times»: al mercato nero uno scheletro viene pagato 800 lire: i «mercanti» guadagnano il doppio di un impiegato In alto, un ragazzino al cimitero dei martiri di Kabul A fianco, taleban in piazza

Persone citate: Maria Chiara Bonazzi