L'ira di Di Pietro su Cicala

«Ero io quello scomodo da cacciare» Replica al suo ex braccio destro, che risponde: Tonino non è tranquillo L'ira di Di Pietro su Cicala «Ero io quello scomodo da cacciare» ROMA. «L'ultima cosa che mi sarei aspettato da te è quella di voler cavalcare i miei momenti di difficoltà per riproporti sulla scena pubblica dopo l'infortunio ministeriale». Così Antonio Di Pietro, amareggiato, scrive pubblicamente al suo ex braccio destro, il magistrato Mario Cicala. Non sono proprio piaciute a Tonino le interviste rilasciate da Cicala sul suo misterioso allontanamento dai Lavori Pubblici. E ci va pesante nel commentare: «Che il Gico giochi di fantasia, passi. Ma che anche tu, per i tuoi tornaconti personali, cavalchi una tale panzana, è proprio troppo». L'altro naturalmente non ci sta. E risponde a stretto giro: «Non intendo lasciarmi coinvolgere dallo stato di agitazione che muove da un po' di tempo a questa parte il dottor Antonio Di Pietro e alcune persone che hanno lavo- rato accanto a lui. Constato che Di Pietro non ha la calma necessaria per leggere compiutamente i giornali, altrimenti non avrebbe scelto me come oggetto del suo sfogo odierno». I due, un tempo, erano amici. Agli inizi del governo dell'Ulivo di Prodi, Cicala era l'ombra del ministro ai Lavori Pubblici. Il suo vero portavoce e consigliere. Poi venne la rottura, misteriosa. Sembra che alla base della lite ci fosse la programmata ristrutturazione di un ufficio. Fu intorno a questa risistemazione, infatti, con lavori che Antonio Di Pietro giudicò sproporzionati e non autorizzati, che si consumò la rottura tra i due. Ma a scorrere le carte dei Lavori Pubblici, è una piccola telenovela. Un incredibile esempio di prosa burocratica, sovrapposizioni tra uffici, controlli dal vago sapore ottocentesco, e poi improvvisa lievitazione di costi. Tutto comincia il 13 giugno scorso. Scrive il dirigente dell'ufficio tecnico, «con riferimento alla nota del 30 maggio, a firma del signor Ministro dei Lavori Pubblici...», e si scopre che la funzionalità dell'ufficio legislativo era subordinata ad alcuni lavori di muratura. Nell'ordine: riapertura di porta preesistente tra le stanze 109 e 110; demolizione di parete divisoria tra le stanze 111 e 114; opere di muratura e finitura necessaria; realizzazione di nuova rete interna di alimentazione per impianti elettrico, telefonico, tv, computer; opere di pavimentazione necessarie; opere di pittura necessarie. Chiosa del capoufficio: «Si evidenzia la particolarità dei locali, si raccomanda attenzione e riservatezza». Un mese e mezzo dopo, Antonio Di Pietro è una furia contro il suo ex braccio destro. «Su Sua richiesta, ho dato disposizione di approntare i relativi uffici. Con ciò intendevo riferirmi solo ai lavori di piccola manutenzione (imbiancatura, predisposizione prese, ecc.), necessari a rendere più funzionali i locali. Ben altro, invece, è stato evidenziato nella richiesta di sopralluogo ove si fa riferimento a "veri e propri dissesti strutturali..."». In fondo, è tutta una questione di soldi. Il Provveditorato si prepara infatti a spendere ben 290 milioni, con copertura finanziaria dal capitolo 8405, ossia i fondi del Giubileo. «Di detta perizia, inviata all'Ufficio Gabinetto, solo oggi ne ho potuto prendere visione. Nella stessa nota si faceva riferimento al fatto che non si poteva procedere all'appalto, in quanto vi era il divieto di impegno di spesa, salvo espressa deroga del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro interessato, sentito il Ministro del Tesoro (cosa che nessuno mi ha chiesto di fare)...». Cicala, infine, è intervenuto ieri sera a «Porta a porta» (con Casini, la Mussolini, Pivetti e Gasparri) dov'è tornato sulla vicenda delle dimissioni: «E' successo quello che ho detto: mi sono dimesso perché ero stato chiamato per esercitare una certa funzione, ad un certo punto ho ritenuto necessario che questa funzione venisse esplicitata per iscritto, per ragioni di rapporti interni al ministero e quando questa esplicitazione non mi è stata data, mi sono dimesso. Questa è l'unica verità». Cicala ha sostenuto che non vi sono altre cause e ha anche detto che, durante la sua permanenza, non ha mai avuto sensazioni circa strani movimenti di personaggi che non avessero un ruolo ufficiale. [fra. gri.] «Si tirano in ballo gli appalti per cui non siamo competenti Cicala si è dimesso per questioni poco nobili» DI PIETRO A CICALA, LETTERA APERTA Curno, 9 dicembre Caro Mario, l'ultima cosa che mi sarei aspettato da te è quella di voler cavalcare i miei momenti di difficoltà per riproponi sulla scena pubblica dopo l'infortunio ministeriale. Mi auguro che il mio ex capo di gabinetto abbia già messo o metta al più presto a disposizione delle competenti autorità l'intera documentazione relativa alle tue dimissioni. A proposito, sci davvero sicuro di essere tu la -persona che volevano che se ne andasse ai primi di settembre- di cui parla l'acini Battaglia con un suo amico? Chi ti dice che invece la persona scomoda di cui tutti si aspettavano che lasciasse il ministero, non fossi proprio io? Che il Gico giochi di fantasia passi, ma che anche tu, per tuoi tornaconti personali, cavalchi una tale panzana, è proprio troppo. Antonio Di Pietro Ipflp Mario Cicala il magistrato che fu il «braccio destro» di Antonio Di Pietro al ministero dei Lavori pubblici A centro pagina l'ex ministro

Luoghi citati: Cicala, Curno, Roma