Invito a cena con violenza Tutto cominciò su Internet

Stupro e sevizie da film horror alla Columbia University, lui (un chimico) adesca lei on-line Stupro e sevizie da film horror alla Columbia University, lui (un chimico) adesca lei on-line Invito a cena con violenza Tutto cominciò su Internet UNA NOTTE DI TERRORE A NEW YORK UNEW YORK NA brava ragazza non deve tornarsene da sola a casa la notte, non deve attraversare il campus e non dove dare retta a chi incontra su Internet. Sullo schermo si incontra facilmente la belva che può mangiarti in uno solo boccone»: questo il commento di Lucy Maher, una studentessa di giornalismo della Columbia University di New York, dopo il fattaccio. Il fattaccio non si sa esattamente quando sia accaduto. Si suppone un paio di settimane fa. Ma si è trattato di una vicenda mostruosa: una studentessa di ventanni (di cui non è stato fornito il nome) è stata irretita attraverso i messaggi diffusi sul computer, condotta a un appuntamento, poi portata in una casa privata a Washington Heights dove era stata allestita una scena teatrale e lugubre da film dell'orrore. Il pavimento era pieno di vestiti e biancheria femminile tagliata a colpi di rasoio, le luci riflesse su specchi che rinviavano le immagini di locandine di vecchi film spaventosi, un letto disfatto sulle cui lenzuola si vedevano macchie di inchiostro rosso che sembravano sangue. Un vero set cinematografico dell'orrore, creato per intimidire, annichilire e ridurre in uno stato di assoluta passività. Si è trattato dunque di una complessiva evoluzione criminal-sessuale degli strumenti visivi e dei media: il computer per adescare, il cinema per creare atmosfere, la televisione per diffondere immagini cupe e selezionate. La polizia ha ricostruito ■minuziosamente' la scena. La ragazza è stata denudata, legata su un letto e cosparsa di cera bollenta colata da una candela accesa. Sembra che si tratti della citazione dal film «Body of Evidence» in cui Madonna compie lo stesso esercizio sul suo amante ammanettato e denudato. Imbavagliata, cosparsa di cera, violentata e immobilizzata, la vittima è stata costretta a guardare «Child's Play 3», un film che in Inghilterra è stato messo al bando per aver influenzato due ragazzini che assassinarono un bimbo di due anni. E poi «Manhunter», che narra la lieta storia del serial-killer Hannibal Lechtor, il quale amava mostra- re alle sue nuove vittime i pezzi segati dei cadaveri delle precedenti. Il carnefice e regista di questo grandguignolesco set cinematografico è un bravo giovine di origine serba: un giovane bizzarro e nerovestito, cinefilo e spiritoso, morboso e abile nello smanettare i computer. A un certo punto ha confidato alla povera ragazza che il suo programma definitivo sarebbe stato quello di mangiarla viva, pezzo dopo pezzo, e poi sistemare nel freezer gli avanzi, una gamba, un seno, il naso, seguendo le orme del suo idolo: il serial killer Jeffrey Dahmer, specialista in cannibalismo e confezioni congelate delle sue vittime. Alla fine non è accaduto nulla di così orribile: la ragazza è stata lasciata libera di tornarsene a casa con qualche graffio, violentata e umiliata, ridotta a uno stato di terrore che è durato per un paio di settimane, inebetita, incapace di reagire. Quando si è ripresa ha raccontato la sua terribile avventura alla compagna di camera che l'ha spinta a sporgere denuncia. Quanto agli avanzi nel freezer di Oliver Jovanovic, un poliziotto ha detto: «Era un gioco, abbiamo detto: vuoi vedere che adesso apriamo il frigo e ci troviamo pezzi di gambe e teste mozze? Ma scherzavamo soltanto. Per scrupolo abbiamo comunque portato alle analisi la carne congelata, ma ha tutta l'aria di essere normale vitellone». Lo scandalo della Columbia University è esploso nella giornata di sabato, quando il bruno ma pallido Oliver Jovanovic (nero come Amleto: dalle scarpe ai jeans, ai pantaloni e giacca, capelli corvini e occhi scurilè stato arrestato. La cauzione è stata fissata in 350.000 dollari, più di mezzo miliardo, che la sua famiglia non si può permettere di pagare. La famiglia di Oliver Jovanovic appartiene a un genere creativo e vagamente bizzarro, un po' balcanico u leggermente inquietante: la madre Sabina è una donna di temperamento, violinista dell'orchestra del New York City Ballet, innamorata del suo bambino che ha descritto come un meraviglioso ra¬ gazzo, incapace di fare male a ima mosca. Quando le hanno spiegato le accuse, ha commentato: «Oliver ama il cinema. Ama la vita, ama gli scherzi, ama la televisione, i computer, l'umorismo nero, gli piacciono le donne, è bello, brillante, un giocoliere delle immagini. Tutto quello che avete contro di lui è il racconto di una sciacquetta che non ha saputo apprezzare le sue attenzioni, la sua dedizione e la sua delicata follia. Non è successo nulla, sono soltanto stati proiettati dei film e quanto al sesso, una studentessa non va a casa di un bel giovane con cui ha appena cenato se non è pronta per quel che l'aspetta. Almeno, ai tempi miei era così». Quanto al padre, Svetozar, è un maestro di scacchi che insegna le sue strategie alla Dalton School dell'Upper East Side. Ha detto soltanto: «Oliver è un giocatore dalle strategie imprevedibili. Sulla scacchiera è un mago e credo di avergli insegnato qualcosa. Certo, in questo mondo di ipocriti anche una creatura inconsueta come lui rischia la galera se non si comporta come i borghesucci di buona famiglia». Oliver Jovanovic è un chimico laureato all'università di Chicago in attesa di discutere il suo dottorato di ricerca nel prossimo gennaio e la sua passione per il cinema orrorifico è nota. Gli investigatori, e in particolare il procuratore Linda Fairstein, sono sicuri che Oliver non sia alla sua prima impresa del genere: «Troppa sicurezza, troppa preparazione accurata, una messinscena che deve essere costata un sacco di lavoro e che ha tutta l'aria di essere stata sperimentata e perfezionata nel tempo», dice il magistrato che sta cercando di far arrivare attraverso Internet un appello affinché le altre eventuali vittime di Jovanovic si facciano avanti e sporgano denuncia. Anche la denuncia della ragazza che ha portato al suo arresto è arrivata per caso e in ritardo. Ma la storia sta venendo fuori ed è la vecchia storia di Cappuccetto Rosso e del lupo cattivo. Con la differenza che adesso il lupo cattivo non attende la sua vittima sul limitare del bosco, ma mettendosi in agguato su Internet, attraverso il browser più popolare in questo momento: American Online. Di Cappuccetto Rosso si sa poco: è carina, poco esperta di faccende sentimentali, frequenta l'ultimo anno di filosofia, è timida e imbranata: «Un po' secchiona, a dire la verità: passava le notti in biblioteca a fare le sue ricerche e non vedeva mai nessuno», dice la sua compagna di camera. Ma era appassionata di ricerche sul computer. Quello sul quale ha trovato l'esca che l'ha condotta nella casa dei fantasmi e dell'orrore. Appena il suo racconto si è diffuso, un nuovo slogan è comparso sui muri universitari: «Don't put your life online», non mettere la tua vita sulla rete telematica, perché dallo schermo potrebbe uscire fuori la lunga mano pelosa della bestia che ti porta nel suo antro per violentarti e mangiarti viva. Naturalmente la mano che esce dallo schermo è puramente metaforica, mentre il risultato finale, compresa la minaccia di cannibalismo, è autentica, tant'è che la polizia di New York, agli ordini del procuratore speciale per i crimini sessuali commessi a Manhattan, signora Linda Fairstein, sta facendo anabzzare certi rimasugli di incerta origine trovati nel freezer del lupo cattivo, o supposto tale. La sua tela era disposta nella rete di America Online e ha incuriosito la giovane studentessa in filosofia che ha risposto. Non aveva fatto i conti con le violente fantasie cinefile del cupo Oliver e oggi gli americani si chiedono se questa fosca storia universitaria sia un concentrato di vecchi orrori e terrori, oppure se apra una nuova età del crimine in un mondo di immagini che uccidono la realtà e gli esseri umani. Paolo Guzzanti Incatenata in un antro e ustionata con la cera di una candela il maniaco le mostra della carne: «Sono cannibale, finirai così» Ma era solo un bluff Nelle immagini da sinistra una scena di «Body of Evidence» con Madonna, uno dei film (gli altri sono «Child's Play 3» e «Manhunter») a cui si è ispirato il maniaco della Columbia University, e il serial killer cannibale Jeffrey Dahmer

Luoghi citati: America, Chicago, Inghilterra, Manhattan, New York, Washington