Ronchi: voleva strafare

E Ronchi: voleva strafare «Ecco perché sbagliò come ministro» TONINO VISTO DAL SUO «RIVALE» E ROMA DO Ronchi, ministro dell'Ambiente, è il personaggio che all'interno del governo Prodi ha avuto i dissidi più aspri con Antonio Di Pietro. Il rapporto tra i due era costellato da una lunga serie di scontri, alcuni dei quali riguardavano proprio quelle grandi opere che Chicchi Pacini Battaglia elencava diligentemente sui documenti poi sequestratigli dal Gico di Firenze: l'interporto di Lacchiarella, l'autostrada Firenze Bologna... Allora ministro Ronchi, tutte quelle litigate con Di Pietro... «Mi ricordo quei contrasti piuttosto vivaci e ripetuti. Sa, noi verdi siamo andati al governo con l'idea che la corruzione fosse molto presente nelle opere pubbliche e volevamo combattere questo sistema. Perciò eravamo convinti che occorresse fare una verifica generale delle opere pubbliche previste nel periodo di Tangentopoli». Quali opere, può fare un esempio? «L'interporto di Lacchiarella al quale siamo stati sempre fortissimamente ostili». Ma Di Pietro in tutto ciò che c'entra? «La prima delusione molto forte Di Pietro ce la diede proprio quando si qualificò come quello che voleva fare tutte le opere previste nel passato, nel periodo di Tangentopoli. E pensare che c'era pure un libro bianco predisposto dal governo Dini che aveva esaminato quelle opere, per evitare il ripetersi degli errori degli anni scorsi, e che quindi indicava alcune priorità. Be' il programma presentato da Di Pietro prescindeva da quel testo. Ricordo, per esempio, che nel libro di Dini non c'era la variante di valico». Insomma, prima grossa delusione. «Sì, Di Pietro ovunque andava diceva: "facciamo strade". Ed era imbarazzante seguire questo proliferare di cemento. Ma già subito dopo quella prima grossa delusione io e lui abbiamo avuto un altro dissidio. I ministri precedenti da Nicolazzi a Prandini avevano sempre privilegiato il trasporto su gomma e io pensavo occorresse un riequilibrio rispetto al trasporto ferroviario. Avevo quindi chiesto una conferenza nazionale dei trasporti perché la tangentopoli delle strade si basava anche sull'assenza di programmazione. Se la scelta delle opere si fa volta per volta è evidente che i rischi sono maggiori da questo punto di vista. Però lui non non ha accettato questa proposta, anzi ha visto la mia iniziativa come un'intrusione». Dunque ha passato un periodo piuttosto difficile con Di Pietro ai Lavori Pubblici. «Difficilissimo. Avere un'opinione diversa da quella di Di Pietro era come andare ad Assisi e criticare San Francesco. Io venivo considerato il matto, il minoritario, il bastian contrario estremista, il rompiscatole ideologico e mi sentivo solo. Era brutto non avere legittimità ad esprimere le proprie opinioni». Di litigio in litigio si arriva alla Firenze-Bologna... «Sì, su quello alla fine c'è stato un compromesso. Ma ricordo che mentre io l'accordo lo difendevo, lui invece difendeva il progetto iniziale, quello delle due autostrade. Di Pietro non ci andava molto leggero». E lei che pensava, in quei frangenti? «Pensavo che bisogna sempre stare attenti: se l'opera pubblica non è necessaria occorre essere sospettosi, perché significa che dietro c'è qualcosa di poco chiaro». Ma lei pensa che le accuse che vengono rivolte oggi a Di Pietro abbiano un qualche fondamento? «Francamente sono convinto che lui non abbia preso soldi. Piuttosto penso che questa sua voglia di "fare, fare, fare", di varare opere senza guardare troppo quello che c'era dietro, in modo un po' approssimativo, senza andare per il sottile, possa aver alimentato l'illusione in cordate di affaristi che lui poteva essere un interlocutore». Insomma, secondo lei il giro di interessi attorno agli appalti di Porta Pia semmai era dovuto ad una certa faciloneria di Di Pietro? «Io non credo che lui avesse qualche interesse personale. Il suo unico interesse, dovuto anche ai limiti culturali del personaggio, sembrava quello di fare bella figura, di mostrarsi come il più bravo, quello che riusciva a sbloccare gli appalti. Questo penso, anche perché non vorrei che i miei dissensi con Di Pietro sulle opere pubbliche contribuissero ora ad alimentare una campagna tesa a delegittimare Mani Pulite. Io, quando è scoppiata Tangentopoli ho sostenuto da subito il pool di Milano. Circola ancora una foto che mi ritrae davanti al palazzo di Montecitorio, mentre reggo uno striscione con su scritto "Forza Di Pietro"...». Maria Teresa Meli «Avere idee diverse dalle sue era come andare ad Assisi e criticare San Francesco» Edo Ronchi ministro dell'Ambiente » MA elgrno iù Il to mo a. he ehe nRonc«Ecco p «Non credo avesse interessi personali, ma ci teneva troppo a far bella figura»