D'Alema: non credo a quelle accuse di Raffaello Masci

Il leader del pds difende l'ex pm: se non dimostrerà che è innocente, resterò allibito Il leader del pds difende l'ex pm: se non dimostrerà che è innocente, resterò allibito D'Alenici: non credo a quelle accuse E Berlusconi: letti i verbali, sono più agghiacciato ROMA. La piazza - tradizionalmente emotiva - che ha sempre santificato Di Pietro, lo ha santificato di nuovo anche ieri, tant'è che a Ciirno - dove l'ex magistrato abita - una folla di quasi duemila persone ha sfilato per esprimere solidarietà al «perseguitato». Il Palazzo - tradizionalmente diplomatico - è stato più freddino: D'Alema ha espresso una solidarietà affettuosa, Bertoinotti un rispetto gelido, Berlusconi un imperturbabile aplomb che celava però la traccia di soddisfazione. «Devo dire dal profondo dell'animo che non credo a quelle accuse - ha detto a Buona Domenica il segretario del pds - ho fiducia nella giustizia ma anche nel fatto che Di Pietro riuscirà a dimostrare la sua innocenza. E se sarà diversamente resterò allibito come tutti gli italiani». Quanto alle operazioni di perquisizione, D'Alema le ha definite una «esagerazione»: «Si ha come la sensazione di qualcosa di più, che sembra q\iasi volto a ferire una persona». E ha stigmatizzato l'atteggiamento di quanti hanno detto che a Di Pietro è accaduto quello che ha fatto accadere ad altri: «E' veramente meschino dire questo, dire insomma "te sta bene". Quest'uomo, fino a prova contraria, ha servito il Paese e ha dato un colpo - e che colpo! - alla corruzione. Spero che ne esca presto». D'Alema ha respinto anche le affermazioni «strumentali» di chi ha detto che Di Pietro prima è stato usato e poi abbandonato dall'Ulivo: «Io - ha detto il segretario del pds - rivendico di essergli stato vicino nel momento in cui è stato oggetto di ima persecuzione che andava al di là del segno». Berlusconi è stato, a onor del vero, meno affettuoso con Di Pietro, e di fronte a chi gli chiedeva un commento ai verbali pubblicati ieri dal Corriere della sera, ha fatto solo il gesto sibillino di allargare le braccia: «Scusate...» ha detto, e basta. Qualcuno lo ha sollecitato: «Si parla di un pass in bianco che Di Pietro le avrebbe chiesto per Palazzo Chigi quando lei era presidente. Era questa la cosa che lei ha definito "agghiacciante" alcuni giorni fa?». La risposta è stata non meno velata: «Andrò a dirlo ai magistrati. Posso solo aggiungere che leggendo quanto pubblicato dai giornali mi sono ulteriormente agghiacciato». Si scorge a centrodestra, isomma, una cauta freddezza. Ignazio la Russa (An), per esempio, non crede «al teorema» anti-Di Pietro e quanto allo zelo dimostrato dalla magistratura nel compiere perquisizioni, ha detto di non meravigliarsi: «Mi metto nei panni del magistrati - ha commentato - e capisco che, se hanno deciso ai tentare di acquisire degli elementi di prova attraveso la perquisizione, l'abbiamo fatto in grandissimo stile, altrimenti, se non avessero raccolto nulla sarebbe srato un boomerang nei loro confronti». Più allarmato il capogruppo ecd-edu, Carlo Giovanardi: «Le 'barzellette' di cui parla Di Pietro a proposito di quanto pubblicato dai giornali, non fanno ridere, anzi, da quei verbali emergono circostanze di eccezionale gravità». Bertinotti ribadisce la linea di condotta che Rifondazione si è data sulle questioni giudiziarie: non interferire, né commentare. Una diagnosi del fenomeno Di Pietro l'ha fatto invece Giulio Andreotti, nel corso della presentazione del suo ultimo libro: «Di Pietro è vittima del sistema di far chiasso al di fuori delle sedi debite: chi di questo sia responsabile non so, ma oggi è un po' comodo per tutti scaricare la colpa su di lui». «Di Pietro - ha continuato Andreotti - sta subendo oggi i contraccolpi di una popolarità che è stata straordinaria. Oggi è vittima di un sistema che si era slabbrato, nel quale ognuno era convinto di poter fare il lavoro degli altri». L'ultima iniziativa della giornata, infine, è del sen. Stefano Passigli (Sd), che ha annunciato che scriverà a Scalfaro, nella sua veste di presidente del Csm, per chiedergli che «tale organo si pronunci sulla opportunità che la magistratura inquirenti utilizzi la guardia di Finanza anziché altri corpi di pg per le indagini su Di Pietro che fu all'origine della messa in stato d'accusa e della condanna di autorevoli esponenti della stessa guardia di Finanza». Raffaello Masci

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