I partiti politici? Hanno perso la memoria

I partiti politici? Hanno perso la memoria il caso. Archivi dispersi o distrutti: Linda Giuva annuncia un congresso e lancia un appello I partiti politici? Hanno perso la memoria IROMA ! N Italia paititi interi scomparsi, otrasformati profondamente con la frattura J rappresentata da Tangentopoli e dall'avvento del maggioritario. Ma a scombussolare il paesaggio politico europeo era già stato il crollo del Muro di Berlino. Dell'importanza di qualcosa ci si accorge spesso quando sta per venire menu. E questo clima da palingenesi, se ha fornito lo spunto per rivisitare il recente passato, ha alimentato, fra storici e archivisti, la preoccupazione che la memoria storica dei partiti possa venir dispersa per incuria o magari anche distrutta per furia demolitrice». Sul divano azzurro del soggiorno nella casa di Trastevere, Linda Giuva, archivista e studiosa di questi temi, prova a spiegare il senso del convog.no internazionale sugli archivi dei partiti politici che la Fondazione Istituto Gramsci promuove a Roma il 13 e 14 dicembre, in collaborazione con l'Archivio storico della Camera, l'Archivio centrale di Stato e il ministero dei Beni Culturali. Il trasloco in Prati è di là da venire e l'appartamento dei coniugi D'Alema di cui i giornali hanno favoleggiato e in realtà molto «normale», per usare una parola cara al segretario del pds, nonché marito di Linda Giuva. Pochi mobili Ottocento, qualche pianta e qualche fotografia di famiglia, molti libri (fra cui campeggiano i volumoni Einaudi dell'Enciclopédia, della Storia d'Italia e della Storia dell'aite), anche più fitti sugli scaffali di legno grezzo dello studio (che è di Linda: «Massimo ci si appoggia, quando gli serve») e molti regali tra i quali spiccano quadri di Ccroli, Maccari e Guttuso. Giuva glissa e va oltre: «Negli ultimi anni è cambiata anche la storiografia, arricchita dagli apporti di antropologia e sociologia. La storia dei partiti tende a superare i temi tradizionali, come il ruolo politico e l'attività dei gruppi dirigenti o il mero dibattito ideologico, e si misura con la simbologia, la ritualità politica, le forme della mobilitazione e della militanza». Il con- vegno si annuncia insomma importante, anche per la presenza di esperti o responsabili di archivi di tutta Europa, dalla Francia alla Gran Bretagna, dalla Spagna alla Germania, che per prima ha av- l viato un prò- ili ., gramma di riorganizzazione, alla Russia, dove i famosi archivi sovietici sono oggi teoricamente aperti, ma ancora poco accessibili. Che i problemi siano comuni ormai lo dimostra anche il convegno di Praga dell'anno scorso. Sono problemi di mappatura, di organizzazione, conservazione e fruibilità. In molti casi si tratta di archivi dispersi. In Italia, per esempio, le uniche raccolte organiche sono quelle del partito nazionale fascista (1921-'43), conservate presso l'Archivio di Stato e l'archivio del pei ( 1921 -'91 ) oggi presso la Fondazione dell'Istituto Gramsci, che riunisce le due parti: la prima (fino al '43 per 921 fascicoli) che era a Mosca con le carte della Terza Intemazionale, e la seconda, raccolta in 4200 buste fino a ieri alle Botteghe Oscure, con i nastri che dal 1961 conservano addirittura i dibattiti del Comitato centrale. Uno zelo assai raro. Dovuto anche alla ferrea organizzazione del pei e al suo spiccato «culto del documento». Al contrario l'archivio del ben più antico psi è andato quasi del tutto distratto fino al secondo dopoguerra, sequestrato da fascisti e polizia o distrutto da incendi e inondazioni, mentre 0 periodo successivo è pieno di lacune, sparso com'è fra la Fondazione Turati, l'archivio Pietro Nenni, quello di Angelo Tasca, le carte di Ignazio Silone e di Riccardo Lombardi, che si incrociano con l'archivio di Lelio Basso. Perduta è anche la memoria storica documentale del partito popolare, malgrado la solerzia di don Sturzo, mentre la de si pose il problema di costituire un vero archivio storico solo nel 1990. L'Istituto Luigi Sturzo ha raccolto ben 542 buste di documenti, tanti altri restano ancora presso i leader. Ma nemmeno formazioni ottocentesche come il par¬ tito liberale o il partito repubblicano hanno sentito il bisogno di costituire raccolte organiche. Per non parlare delle deliberate lacune nel patrimonio del msi e della destra, cui tenta di porre rimedio la Fondazione Ugo Spirito. Ma il problema vero, comune in tutta Europa, è il rapporto fra fondazioni o istituti privati che gestiscono gli archivi dei partiti, e lo Stato. «Un rapporto che finora è stato piuttosto tenue - spiega Linda Giuva - sia per la diffidenza dei partiti, per un'orgogliosa fierezza per lo sclùeramento ideologico di appartenenza e il controllo della propria memoria, sia per la timidezza reverenziale dello Stato nei confronti degli organi politici». Oggi, riconosciuto il valore storiografico nazionale e pubblico delle «carte politiche private», serve un rapporto nuovo. E di questo dibatterà il convegno, nella tavola rotonda finale. L'ideale, secondo la Giuva, sarebbe uno scambio di servizi: lo Stato assicura agli istituti il proprio personale, l'uso di locali demaniali, l'uso di reti informatiche (gli archivi Usa sono già a centinaia su Internet) e strutture editoriali. I partiti a loro volta assicurano, oltre alla eonsultabilità del proprio archivio storico, la tenuta e il deposito del proprio archivio corrente. «Perché chissà se oggi tutti lo fanno. Mentre dovrebbe essere un obbligo, magari vincolato alla nuova legge di finanziamento ai partiti». Maria Grazia Bruzzone Intervista, nella casa di Trastevere, con la moglie diD'Alema A sinistra l'archivista Linda Giuva, a destra Ignazio Silone. In alto un'immagine della campagna elettorale del '48 a Milano