Hitler, un attore in birreria di Emanuele Novazio

Hitler, un attore in birreria Scoperto un racconto inedito: scritto nel '42, nato da un incontro del '22 Hitler, un attore in birreria Così Brecht vide la nascita di una «star» politica BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Un uomo dall'aspetto assolutamente normale», «con una brutta fronte sfuggente, «un colorito malsano» e «un brutto portamento». Adolf Hitler appare così a Bertolt Brecht, un giorno «di marzo o aprile in cui il sole era già caldo», in un caffè di Monaco: è il 1922, ma quel rapido incontro diventa l'occasione e il tema di un racconto breve che il drammaturgo scriverà vent'anni dopo - nell'esilio americano - per la rivista Reader's Digest, che tuttavia non lo pubblicherà mai. Un bravo attore - ritrovato dal curatore di una nuova edizione dell'Opera Omnia dello scrittore tedesco vede la luce soltanto adesso, sullo Spiegel, grazie alle ricerche condotte da Jens Knopf negli Archivi Brecht di Berlino: in primavera, comparirà assieme ad altri inediti in volume, presso gli editori Aufbau e Suhrkamp. Quasi certamente, il racconto è una libera rielaborazione dell'incontro, al quale sovrappone immagini e impressioni successive che il titolo riassume con il vigore dell'emblema: quel pomeriggio di primavera, Hitler è seduto al tavolo vicino a quello al quale Brecht siede in compagnia di altri scrittori, fra i quali l'ebreo Feuchtwanger. Il suo modo di fare («Parlava con alcune persone che sembravano ufficiali in borghese») attira l'attenzione, e il discorso cade su di lui. Qualcuno nota che si tratta di «un agitatore che aveva appena organizzato una dimostrazione antisemita in un circo di Monaco, un certo Hitler». Qualcun altro si ricorda: da qualche tempo prende lezioni di dizione e portamento da un vecchio attore, Basii, noto in passato per le sue «interpretazioni eroiche» e per il suo «modo di gesticolare alla maniera di un cantante wagneriano». A Hitler, Basii insegna soprattutto come coniugare toni di voce e gesti, come accompagnare le inflessioni al portamento: «Più tardi mi sono accorto che la lezione gli era ser- vita, e che gli otto marchi l'ora che quell'attore pretendeva erano ben spesi», nota amaro Brecht. «Più tardi»: quando Hitler è ormai il capo di un partito che sta per impossessarsi del potere. Da Basii, capisce allora lo scrittore, Hitler non aveva imparato soltanto a calibrare voce e gesti per apparire «maestoso, soprattutto quando metteva in fuori il mento». Aveva imparato soprattutto «a disporre in successione e a numerare i suoi argomenti», a interromperli con lunghe pause ad effetto capaci di ingannare agevolmente il pubblico: «Spesso sal¬ tava un numero, passando direttamente dal "terzo" argomento al "quinto"», ma nessuno sembrava accorgersene. Tutti lo ascoltavano, rapiti dall'apparente rigore della sua logica, come Brecht constatò una volta di persona: «Eravamo in una grande birreria. Gli uomini, ceto medio, proprietari terrieri e lavoratori manuali, tutti con la moglie, avevano grandi boccali davanti a sé. Erano migliaia, ascoltavano tesi». Sul podio lontano, quella volta, «Hitler appariva piccolo, ma attraverso il fumo delle sigarette si poteva vedere chiaramente come sulla fronte sudata gli si incollava un ricciolo». Quel suo gesticolare furibondo, quella sua conta arruffata di argomenti «potevano sembrare il gioco di un bambino»: al contrario, nei «venti punti» del suo ragionamento Hitler fece ai presenti «un'impressione enorme». Riuscì a convincerli che «il governo della Repubblica aveva commesso venti sciocchezze o venti crimini», riuscì a «smascherare la Repubblica in venti punti»: dove gli argomenti e le prove mancavano, «sopperivano i gesti e il comportamento di un uomo che dava l'impressione di averli davvero, argomenti e prove». Era questo il trucco di un «bravo attore», era questo «il trucco di Hitler»: un trucco che gli era costato otto marchi l'ora e che - Brecht se accorgeva troppo tardi - avrebbe sedotto milioni di tedeschi. Emanuele Novazio Bertolt Brecht

Luoghi citati: Berlino, Monaco