Fedeltà, la mia filosofia»

a mia è una vita sempre disordinata: non ho una giornata tipo» a mia è una vita sempre disordinata: non ho una giornata tipo» Fedeltà, la mia filosofia» évy: dopo tante donne, amo solo mia moglie '■: ■■: : ■ ' '■': :■: ■' '■:' ■■: ■:■>: ■■■■ ■ . ■ ■ ■■■■ ■. ■ .. s®i#::s;:i::: ::a^-om> ■■■■■■■■ m IL filosofo Bernard-Henri Lévy, più noto in Francia come «BHL», abita in un sontuoso appartamento eli Boulevard StGennain a Parigi, a pochi passi dall'Hotel Pont-Royal e dalla sede dell'editore Gallimard. Un enonne salotto con .-sofà rivestiti di tessuti pregiati, oggetti, ninnoli e cioccolatini posati sui tavoli bassi. Alle pareti quadri antichi, oggetti e divinila orientali di bronzo e di legno dorato, candelabri e sul camino troneggia una grande specchiera. Nei vasi grandi mazzi di gigli bianchi. Sembra la casa di un grande antiquario o di un ministro o l'orse di André Malraux, l'intellettuale avventuriero, collezionista ed esteta le cui ceneri sono state da pochi giorni trasportate al Panthéon. Lévy è vestito con la sua immancabile camicia bianca con il collo sbottonato, ormai la sua divisa; i capelli lunghi, scuri, con qualche filo bianco, e una sigaretta spenta tra le dita. Bernard-Henri, come trascorre le sue giornate? «Le mie giornate sono tutte diverse una dall'altra. A volte sono le notti, altre il giorno. A volte scrivo. Adesso sto facendo un film. Ci sono giorni in cui non ho voglia di lavorare, altri in cui mi alzo alle 4 di mattina e lavoro diciotto ore di fila. Non ho una giornata tipo. La mia è una vita sempre disordinata. Se scrivo, le ore non hanno la stessa lunghezza e mi capita di saltare il pranzo. A volte sto molto in casa, ma mi capita raramente di mangiarvi». Vede molta gente? «Dipende. Quando lavoro posso stare otto giorni senza uscire di casa o al massimo scendere al ristorante di pesce sotto casa e mangiare una sogliola alla griglia. Altre volte vedo gente. Non ho la stessa vita quando scrivo un libro o quando sto girando o montando un film, come sto facendo da un anno». Mi parli del suo film. «L'ho girato un anno fa e racconta una storia d'amore dei giorni nostri. Uscirà il 12 febbraio a Parigi, nel cast ci sono Alain Delon, Laurei! Bacali e Arielle Dombasle». Perché il cinema? «Forse scrivevo già come si fa il ci¬ nema. Forse i miei film non sono molto lontani dalla scrittura. Suppongo di essere attirato dal cinema come certi miei predecessori erano attratti dal teatro». Forse l'ha spinta verso il cinema il fatto di aver sposato un'attrice, Arielle Dombasle? «No. Avevo già scritto il mio film sulla Bosnia, quando ci siamo conosciuti». E quando non lavora cosa fa? «Sogno, vado a passeggio, faccio dello sport, ma non tutti i giorni. Mi piace sciare e nuotare. Ho fatto anche arti marziali, sono cintura nera di judo». Lei è un uomo aggressivo? «No, ma ogni tanto sono stato aggredito. Ma quando si è fatto molto sport di combattimento non si ama combattere, battersi. Lo faccio solo se devo. Mi è capitato di dovenni picchiare addirittura sot¬ to il mio appartamento. Ero stato aggredito da tre provocatori. Posso però diventare violento e cattivo se toccano un capello di una persona che mi è cara. Addirittura posso essere inutilmente feroce». Lei è un intellettuale multiplo, avventuriero, nella tradizione francese un po' come Malraux e Cocteau. «Be', questo paragone mi onora molto, devo dire che Cocteau è stato un grande artista, talvolta sottovalutato». Lei che tipo di intellettuale è? «E' ima domanda che non mi pongo. Credo che la vera grande ambizione per uno scrittore è di essere un prototipo più che un tipo. Capisco che si tratta di un'ambizione enonne, ma gli scrittori prototipi sono animali senza specie. Malraux è il tipo di Malraux, Cocteau è il tipo di Cocteau. I grandi scrittori non prendono il posto di un altro scrittore, il posto se lo fabbricano. Io non so se sono uno di loro, ma in qualche modo desidererei esserlo. Quello che vorrei dire è che non posso pensare di vivere una sola vita. Io ammiro gli esseri umani che hanno vite doppie, simultanee o successive». Ha avuto dei maestri? «Sì, dei filosofi, come Althusser, che mi ha insegnato a pensare, Boland Barthes o Jacques Lacan: ma è ormai un'epoca lontana». Lei ha fatto molti viaggi? «Sì. Quando dico che amo la doppia o la tripla o la quadrupla vita penso che il viaggio è un modo di viverle. Vedere culture diverse, ascoltare lingue diverse, immedesimarsi in società diverse che non hanno nulla a che vedere con la propria. Da giovanissimo, nel '71, sono partito un anno per il Bangladesh e per l'India senza tornare in Francia; a 19 anni ero stato in Messico. Ho sempre avuto così una vita doppia e tripla». Ha avuto anche molte donne? «Nel passato sì. Anche lì avevo una vita doppia o tripla. Ma questo è finito da quando amo una sola donna con cui vivo oggi, Arielle Dombasle». E' diventato fedele? «Sì, fedele per amore». L'amore è importante per lei? «Non saprei rispondere a questa domanda». Che rapporto ha con i figli? «Non ci ho mai pensato troppo. Sono molto vicino ai miei due figli, e loro sono vicini a me. Cosa dire? Hanno un posto centrale nella mia vita, ma io non ho un'idea di che cosa sia veramente la paternità. Sono il loro padre». Gli ebrei hanno un senso forte della famiglia. E lei? «Io non tanto. Ci sono membri della mia famiglia che non vedo da tempo. Non siamo legati». Ma lei si sente ebreo? «Sì, certo. E si può esserlo in molti modi. Per me, come tutto ciò che accade nella mia vita, il rapporto con l'ebraismo è soprattutto con i libri sacri: la Torah, il Talmud». Ed è ancora un filosofo? «Sì, certo. Quando giro un film penso al film, ai problemi tecnici. Quando faccio il teatro scrivo romanzi o mi occupo della Bosnia, penso a ognuna di queste cose, ma non mi dimentico mai di essere un filosofo: sono un filosofo. La vera domanda che mi pongo è: sono ancora capace di esserlo? Quando ho scritto il mio ultimo libro due anni fa ero ancora capace. Sarò capace di farne un altro? Spero di sì». Come si diventa un filosofo? «Bisogna lavorare. Non è uno stato d'animo, è un esercizio quotidiano. Non si tratta di stare nei caffè a parlare, ma di lavorare sui libri. Per esercitare l'attività di filosofi bisogna stare fermi in uno spazio chiuso e lavorare sulla filosofia». Lei va ancora nei caffè? «Ogni tanto, ma non discuto mai nei caffè, non mi piace. Come diceva Sartre, preferisco parlare d'amore con una bella donna che parlare di filosofia con un filosofo». Alain Elkann GLI HOBBY «Se non lavoro, vado a passeggio o faccio sport: sci e nuoto Sono anche cintura nera di judo» GLI AFFETTI «Sono molto vicino ai miei 2 figli ma non ho un senso forte né della paternità né della famiglia» re 1996 Il fìlofoso francese Bernard-Henri Lévy. A destra: sua moglie, l'attrice Arielle Dombasle Cronache a mia è una vita semFedelévy: dop Il fìlofoso francese Bernard-Henri Lévy. A destra: sua moglie, l'attrice Arielle Dombasle

Luoghi citati: Bangladesh, Francia, India, Messico, Parigi