Ecco la ragnatela del Gico di Fabio Poletti

Ecco la ragnatela del Gico Ecco la ragnatela del Gico «Cercate tutti i soldi di Di Pietro» :.:j:;.v.v...v.v-:?Ki ■•s-v-Si".-:^ ,.>y.v.;-.,/-.;,:.:;« <>: LM ULTIMA riunione operati" va è stata mercoledì scorso, quando al nuovo comandante dei Gico di Firenze, Gibilaro, vengono consegnate le due pagine con il decreto di perquisizione. Quelle da consegnare anche ad Antonio Di Pietro, ma solo il 6 dicembre, quando il blitz scatta in mezza Italia e a nessuno viene in mente che è proprio il giorno in cui Di Pietro, due anni prima, si leva la toga e se ne va. Senza un perché chiaro. IL DECRETO. Quelle due pagine a Di Pietro iniziano così: «Procedimento numero 3940/96. Poiché vi è fondato motivo di ritenere che presso l'abitazione di Antonio Di Pietro siano occultati, o comunque si possano rinvenire documenti anche su supporto informatico, agende, corrispondenze o comunque documentazioni relative alle operazioni finanziarie, societarie od economiche, onde ricostruire e valutare il tenore e la natura dei rapporti economici tra gli indagati e tra questi e Pacini Battaglia Francesco». I quattro magistrati bresciani, inoltre, hanno disposto che il Gico di Firenze (il quale ha subdelegato agli ufficiali di Fg dello Scico) perquisisse tutti i locali «pertinenti» alle tre abitazioni di Milano, Cumo e Montenero, «nonché eventuali ulteriori appartamenti, locali, cassette postali, cassette di sicurezza, che, anche all'esito dell'esecuzioni delle perquisizioni, risultino nella disponibilità del medesimo, di tutti i luoghi chiusi adiacenti e/o pertinenti ai predetti immobili e veicoli che risultassero di proprietà e/o comunque nella disponibilità del medesimo, nonché la perquisizione personale delle persone presenti le quali possono occultare le cose alla cui ricerca è diretta la perquisizione con sequestro di quanto rinvenuto, con facoltà di rimozione di ostacoli fissi ed operare di notte, data l'urgenza che non vengano dispersi oggetti facilmente occultabili o distruttibili». «CHICCHI». Tutto parte da lì, da quella frase intercettata dai Gico. Quella in cui Pacini dice di Di Pietro e di Lucibello: «Quei due mi hanno sbancato». Frase che suscita mille polemiche, ma che fa suonare il campanello d'allarme al Gico, a La Spezia che apre le indagini e a Brescia che adesso ha la patata bollente in mano. E che cerca di ricostruire il giro degli amici, degli amici degli amici di Pacini. A partire da uno. D'ADAMO. E' a lui che Pacini nel '93 versa 15 miliardi, è ancora D'Adamo che nel dicembre '95 ritorna a Pacini 5 miliardi e 200 milioni. Pochi giorni dopo l'intervista del «prestanome» di Craxi, Maurizio Raggio, che da un carcere messicano aveva avvertito di essere a conoscenza di un passaggio di danaro tra Pacini e Di Pietro, per un totale di 5 miliardi e 200 milioni. Affermazione per cui l'ex pm fece querele a raffica. LE CARTE. Una mappa dettagliata delle operazioni finanziarie di Pacini, i magistrati di Brescia l'hanno ereditata dal Gico di Firenze. Si tratta di carte e documenti contabili acquisiti nel corso di una perquisizione in Svizzera, a casa e negli uffici di Van Der Poel, il fiduciario di Pacini in mille operazioni. Si tratta di note contabili, ma anche di nomi e cognomi di soci in affari. IHTIGLIETTA. Uno, che è stato perquisito venerdì scorso, si chiama Antonio Intiglietta. E' l'ex vicesindaco di Milano, della de, area comunione e liberazione. Nelle mani del Gico c'è anche un'intercettazione che registra un colloquio negli uffici romani di Pacini, tra lui e Chicchi. Il verbale indica solo i loro due nomi ed è coperto di omissis. Nome già noto a Tangentopoli, quello di Intiglietta. Nome che ritorna anche in un affare di questi giorni, l'Interporto di Lacchiarella, alle porte di Milano. Un affare di miliardi che deve nascere su terreni passati per le mani di Antonio D'Adamo e per cui, il 31 dicembre, si aspettavano i finanziamenti - 500 miliardi, si dice - da parte del ministero dei Lavori pubblici Quello dove sedeva Di Pietro. ALTA VELOCITA'. E' l'altro grande capitolo su cui hanno messo gli occhi gli uomini del Gico. Affari da miliardi. in cui il nome di Chicchi è di sfondo. E amici, amici degli amici, che lavorano di gran camera. Come la Promosud fondata da Lucibello. Perquisita venerdì.Come la Recchi di Torino, la Astaldi di Genova e Roma, come la Itinere di Bruno Binasco e Marcellino Gavio, perquisite pure loro. Società che si muovono sull'alta velocità, imprenditori che hanno avuto rapporti con Pacini, con la Karfinco, con quel buco nero di miliardi e affari. L'AGENDA. Di alta velocità si parla anche nell'agenda di Pacini, quella sequestrata dal Gico, quella che anticipa «Il foglio». Quella in cui il 15 giugno del '96 il finanziere scrive: «Necc. ok. Antonio, ok. Invito a Castellanza». L'«Anlonio di Castellanza», va da sé, potrebbe essere Di Pietro. «Necc», invece, potrebbe riferirsi a Lorenzo Necci, l'ex amministratore delegalo delle Fs finito in carcere a La Spe/.ia e che in passato ha già avuto modo di incontrarsi, in un verbale, proprio con Pacini. TPL La vicenda è quella della società Tpl, i cui uffici a Roma sono stati visitati due giorni fa dagli uomini dei Gico. Cosa cercavano? Forse le tracce del racconto già l'atto ai magistrati di Milano - ma senza esito - dall'imprenditore Sergio Cragnotti. Che davanti a Di Pietro, allora magistrato, raccontò di una tangente da 5 miliardi sborsati dalla Tpl e finiti a Raul Cardini. Lorenzo Necci e lo stesso Cragnotti. Versione smentita da Pacini, che ora potrebbe nuovamente interessare il pool bresciano. Che di ogni rapporto tra Di Pietro e Pacini vuole resoconto dettagliato. IL PASS. Ultimo capitolo che a Brescia trattano con le pinze è quello del pass di Massimo Maria Berruti a Palazzo Chigi. Un maresciallo dei carabinieri, che dice di essere stato in confidenza co" Antonio Di Pietro, di quella storia 1 pass ha raccontato una versinone tutta sua a Silvio Bonfigli. 11 militare si chiama Giovanni Srazzeri. E a verbale ha fatto mettere che un giorno Di Pietro gli chiese di procurargli un pass in bianco per palazzo Chigi. Lui si oppose, Di Pietro si arrabbiò. Che sia quello il pass che ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati a Milano Silvio Berlusconi? Che sia stato utilizzato un falso, per «sfasciare» l'allora presidente del Consiglio? Che sia questa mia prova creata ad aite per dimostrare che Berruti, oggi parlamentare, andò a palazzo Chigi per incontrare Berlusconi e prendere ordini sulle tangenti alle Fiamme gialle? Difficile dirlo. Anche perché Bemili non ha mai smentito di essere andato a Roma, se non per altri motivi. Chi vuol sapere è soprattutto Berlusconi, che da giorni non fa che parlare di aver appreso «fatti gravissimi». Fabio Poletti