«Perquisizioni necessarie per la verità»
Il difensore di Di Pietro: «E' troppo, non si trenta così neppure il peggiore delinquente» Il difensore di Di Pietro: «E' troppo, non si trenta così neppure il peggiore delinquente» «Perquisizioni necessarie per la verità» //procuratore di Brescia: l'indagine sarà rapida BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO Gli amici, i soci in affari e gli amici degli amici di Francesco «Chicchi» Pacini Battaglia. Gira tutta qui l'operazione del pool di Brescia, quella che ha portato a 68 perquisizioni mirate, la numero uno in tutti i domicili di Antonio Di Pietro, a Curno, Castellanza, Roma e pure Montenero di Bisaccia. Smentita dalla procura la notizia che 28 perquisiti siano finiti nel registro degli indagati come scrive un'agenzia a sera, nel palazzo verdolino di via Moretto parla il solo procuratore capo Giancarlo Tarquini: «Se abbiamo fatto le perquisizioni è perché ritenevamo necessario usare questo strumento». Poi, promette: «Vogliamo arrivare rapidamente e nel modo completo ad accertare la verità». Di più non vuol dire il capo del pool bresciano. Che non vuole fare commenti, che vuole evitare polemiche con i gip che hanno detto no alle intercettazioni telefoniche. E che per tre ore abbondanti si incontra con Ignazio Gibilaro, il maggiore che guida il Gico di Firenze e che venerdì è stato la mente operativa delle perquisizioni. Anche nelle case di Di Pietro. «Ma così è oggettivamente troppo! Neppure al peggiore delinquente viene solitamente riservato un trattamento simile», esclama Massimo Dinoia, il difensore dell'ex magistrato e dell'ex ministro, in un comunicato di fuoco lungo due pagine e indirizzato ai pm di Brescia e al Gico, anche se mancano i nomi e i cognomi dei destinatari. Scrive Dinoia : «Di Pietro non è un intoccabile, le regole vanno rispettate. Siamo stati i primi a richiederlo: indagate, con particolare rigore e scrupolo, su Antonio Di Pietro. Così risulteranno finalmente evidenti a tutti la sua innocenza e la sua integrità. Ma così è troppo!». «Non posso restare in silenzio sul contenuto del seque- stro», scrive ancora il legale. Che precisa: «In più di venti scatoloni sono stati rinchiusi atti processuali che non consentono più oggi alcuna attività difensiva al dottor Di Pietro. Mi sembra gratuito che si sia disposta la perquisizione personale delle persone presenti a casa di Di Pietro. E chi poteva esserci, alle sei del mattino, se non la moglie e i figli?». «E poi qualcuno sa spiegare come possa essere legittimo il sequestro delle denunce (e relativa documentazione) fatte dal dottor Di Pietro contro il Gico di Firenze?», chiude la sua mis¬ siva Massimo Dinoia. Che a Brescia non provoca alcuna reazione ufficiale. Adesso in procura si aspettano le carte raccolte nelle 68 perquisizioni che hanno interessato anche 35 società, che in passato - in qualche modo hanno avuto rapporti con Pacini Battaglia o con la Karfinco, la banca d'affari elvetica di «Chicchi». In testa, fra tutte, la Edilgest di Antonio D'Adamo, sede in via Agnello a Milano, sesto piano, porta blindata laccata di rosso. E' il cuore del cuore delle operazioni finanziarie di «Chicchi» Pacini Battaglia, ma nel mirino ci sono anche le arterie, le mille diramazioni negli affari del banchiere «che stava un gradino sotto Dio», come veniva chiamato a Milano, ai tempi dei fondi neri Eni. Quando il suo avvocato era Giuseppe Lucibello, perquisito pure lui. E perquisita pure la Promosud, la sua società che sognava di correre l'alta velocità. Alla ricerca del più piccolo indizio su operazioni illecite di Pacini, il pool di Brescia non si ferma davanti a nulla. Nemmeno agli affari più piccoli, quelli che riguardano ad esempio il giornalista torinese Beppe Fossati, titolare di un'azienda poi fallita che aveva rapporti con Pacini per alcuni affari ai Caraibi. [f. poi.] L'inchiesta ruota attorno ai mille legami di Pacini Si indaga anche sul periodo di Tonino ministro Nel mirino ventotto persone Tra le carte dell'ex pm i magistrati hanno fatto cercare «collegamenti nascosti» del banchiere «che stava un gradino sotto Dio», come veniva chiamato a Milano, ai tempi dei fondi neri Eni. Quando il suo avvocato era Giuseppe Lucibello, perquisito pure lui. E perquisita pure la Promosud, la sua società che sognava di correre l'alta velocità. Alla ricerca del più piccolo indizio su operazioni illecite di Pacini, il pool di Brescia non si ferma davanti a nulla. Nemmeno agli affari più piccoli, quelli che riguardano ad esempio il giornalista torinese Beppe Fossati, titolare di un'azienda poi fallita che aveva rapporti con Pacini per alcuni affari ai Caraibi. [f. poi.] A sinistra l'ex ministro Antonio Di Pietro n alto il procuratore della Repubblica di Brescia Giancarlo Tarquini A sinistra l'ex ministro Antonio Di Pietro n alto il procuratore della Repubblica di Brescia Giancarlo Tarquini
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