Blitz all'alba, Di Pietro accerchiato di Fabio Poletti

Perquisizioni e ispezioni in tutt'Italia, 230 militari setacciano case e uffici i Perquisizioni e ispezioni in tutt'Italia, 230 militari setacciano case e uffici i Perquisizioni e ispezioni in tuttItalia, 230 militari setacciano ca Blitz all'albo, Di Pietro accerchiatili Ma l'ex ministro temeva di essere arrestato BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO Due anni fa l'addio alla toga di Antonio Di Pietro, «perché tutti mi tirano per la giacchetta». Ieri, 6 dicembre come allora, la perquisizione a tappeto dei Gico delle Fiamme Gialle. Che alle 6 e 14 del mattino vanno a casa sua a Curno, che alla slessa ora bussano negli uffici di Roma e Castellala. Che non si fermano nemmeno davanti alla porta chiusa della masseria di Montenero di Bisaccia. Cercano carte, documenti e contabili bancarie gli uomini del Gico. Che bussano ad altre 64 porte, calcile degli amici di Di Pietro, e poi a quelle degli amici degli amici, in una catena infinita che sembra un puzzle che solo i magistrati di Brescia sanno decifrare. «Sì, ma io non dico niente», fa muro Giancarlo Tarquini, procuratore capo, alla testa di questa ondata dì perquisizioni che impegnano 230 militari da Genova a Bologna, da Roma a Bari, da Firenze a Torino. «lo non dico nulla, io non c'entro nulla. Io sono l'unico magistrato d'Italia incompatibile col dottor Di Pietro», sta zitto Fabio Salamoile, che provò ad indagare sull'ex magistrato simbolo ma poi venne messo da parte. E che - forse adesso che non c'entra più niente si prende la rivincita. Stanno zitti anche gli altri del pool bresciano, che stanno passando ai raggi X vita e miracoli di Antonio Di Pietro. Tace Francesco Piantoni. E' a Milano Antonio Chiappani, sei ore nell'ufficio di Giuseppe Lucibello, l'amico di Di Pietro, l'avvocato già indagato da tempo e ieri pure perquisito. «Non dico nulla», taglia corto Silvio Bonfigli, motore e memoria storica di tutte le indagini su Di Pietro planate sulla sua scrivania di Brescia. Mercoledì scorso, dopo la visita in procura del comandante dei Gico Ignazio Gibilaro, Silvio Bonfigli disse solo: «E' mia riunione di routine, solo routine». E invece è proprio quel giorno che si definiscono i dettagli dell'operazione. Due pegine scarse, il mandato di perquisizione firmato dal pool. La parola concussione è in neretto. Riguarda Di Pietro, il suo amico avvocato Giuseppe Lu¬ cibello. E poi l'imprenditore Antonio D'Adamo, quello che intascò 15 miliardi da «Chicchi» Patini Battaglia e non si è ancora capito il perché. Salvo poi restituire 5 miliardi e 200 milioni, stessa cifra secondo Maurizio Raggio, che si trova in Messico in carcere, che Pacini avrebbe promesso a Di Pietro. Allora i finanzieri bussano pure alla porta di D'Adamo, quattro uffici a Milano, uno a Roma, casa in via De Amicis sempre a Milano, villa di campagna a Robecco sul Naviglio e relazioni pericolose con Chicchi Pacini. Quello che disse pure: «Quei due mi hanno sbancato». Si riferiva a Di Pietro e a Lucibello. E non si capisce perché, in questa storia ingarbugliata in cui i soldi vanno e vengono, passano sugli appalti per i treni dell'alta velocità. E sfiorano appena Di Pietro. Che da quel dì ripete: «Slido chiunque a trovare miei conti all'estero». Per adesso gli hanno trovato una montagna di carte che c'è voluto un furgone delle Fiamme Gialle per raccoglierle. E gli hanno portato via pure i computer. Come a Giuseppe Lucibello, che in un giorno gli perquisiscono lo studio, la casa di via San Barnaba che poi è di Pacini, la casa a Vallo della Lucania. E pure gli uffici della sua Promosud, che voleva lavorare con le Ferrovie e sognava l'alta velocità. A Milano i finanzieri vanno pure a casa di Maurizio Prada, ex tesoriere de, da sempre amico di Di Pietro e - stando alle ipotesi di lavoro del pool bresciano - pure socio occulto della Onder di Pacini Battaglia. E adesso si scopre che Prèda aveva pure un telefonino cellulare Gsm svizzero, di quelli che non si intercettano. Guarda caso, glielo aveva dato Pacini. A lui e ad altri 39, adesso li stanno controllando tutti. A La Spezia dove ebbero l'intuizione, in Svizzera che ha ricevuto la rogatoria e a Brescia che adesso aspetta di vedere i risultati. Perquisizioni a tappeto anche in svariate società che hanno a che fare con l'alta velocità, le Ferrovie, l'impiantistica ferroviaria. A Genova e a Roma i Gico entrano negli uffici della Itinera, perquisiscono pure le abitazioni di Marcellino Gavio e Bruno Binasco, vecchie conoscenze di Tangentopoli. Perquisita a Torino la sede della Recchi co¬ struzioni, a Roma della Tpl e della Astaldi. Oltre naturalmente alla Edilgest di Antonio D'Adamo e alla Promosud e alla Onder. Queste ultime cuore del cuore di questa inchiesta che va avanti da appena un mese - giusto ieri - ma che corre e fa sfracelli. I finanzieri del Gico bussano pure alla porta del maresciallo della Guardia di Finanza Salvatore Scaletta e perquisiscono la sua stanza in caserma. L'ex collaboratore di Di Pietro è già sotto inchiesta a Brescia - come altri tre funzionari dell'ex magistrato - per i verbali di Chicchi Pacini Battaglia, quelli da confidente, quelli raccolti senza la presenza del difensore. Ma adesso potrebbe esserci pure altro. Nelle intenzioni del pool bresciano le perquisizioni di ieri dovevano essere accompagnate da 36 intercettazioni telefoniche, da Di Pietro a Lucibello, da D'Adamo a Prada e ad altri ancora. Ma la richiesta è stata bocciata dai gip Giuseppe Ondei e Anna Di Martino, che hanno ritenuto che non ci fossero elementi sufficienti. Fabio Poletti