alla Scala senza tromboni

alia Scala senza troni Domani sera l'opera di Gluck apre la stagione lirica: non veniva rappresentata a Milano da 85 anni alia Scala senza troni MILANO. «Le cronache puntano sull'aspetto mondano dell'inaugurazione, lo dilatano. A noi di questo 7 dicembre sfavillante non frega niente, per non usare sfumature. Noi tentiamo di fare cultura e musica al meglio, in un Paese che non io rende facile. I cantanti, gli sti umentisti, il coro, i il balletto fanno qualcosa che ser! ve all'arricchimento spirituale. Non è intrattenimento che è un concetto perverso. Non dimenticatelo mai». Cosi, prima dell'antigenerale, Riccardo Muti ha salutato i giovani dei licei e delle magistrali che hanno seguito, lungo tutte le prove, il divenire di «Armide», l'opera di Gluck che, domani, avvia la stagione scaligera '97-'98, il lavoro del maestro, del regista, scenografo e costumista Pier Luigi Pizzi, dell'orchestra (anche sinfonicamente è ormai considerata fra le prime dieci del mondo), del soprano Anna Caterina Antonacci, del tenore Vinson Cole, del baritono Donnie Ray Albert e dell'étoile Alessandra Ferri. Quel «non ce ne frega niente», un lessico da ragazzi per entrare in sintonia con i ragazzi nei palchi, è palese, evidente anche nella scelta di Gluck, autore di certo non digestivo per un pubblico (quasi due milioni a posto) affamato più di esibizione che di musica e teso al traguardo finale del «dopo Scala» a Palazzo Clerici, sotto un affresco di Tiepolo: ospite Gianni Versace, menù innaffiato da un «grand cuvée» e arredi barocchi come barocca è la scenografia scaligera di Pizzi. Nelle sue undici inaugurazioni da quando è direttore musicale e stabile della Scala, Muti, bacchetta verdiana per eccellenza, è andato in netta controtendenza rispetto alla tradizione del teatro che, per il battesimo stagionale, ha quasi sempre pescato nel più sanguigno repertorio italiano, nelle opere-palestra del «bel cantismo»: solo tre Verdi («Nabucco», «Vespri Siciliani», «Don Carlo») e un Rossini («Guglielmo Teli»); di contro, tre Mozart («Don Giovanni», «Idomeneo», «Flauto Magico»), due Wagner («Parsifal» e «Walkiria»), uno Spontini («La Vestale») e questo Gluck. Si è detto e scritto che il poco Verdi (ma Muti ha restituito alla Scala «Traviata» e «Rigoletto» dopo anni d'esilio) sia dettato anche dalla cautela, dopo le contestazioni dei maniaci di smerigliate ugole al cast canoro dei Vespri e del Don Carlo pavarottiano. Ma, in queste scelte assai lontane dai gusti dell'Italia che canta il melodramma mentre sta allo specchio del bagno, c'è soprattutto la volontà di marcare un distacco dalla fisionomia e dai contenuti mondanissimi del debutto di Sant'Ambrogio che, quest'anno, nonostante sia la prima volta dell'Ulivo, non si annuncia all'insegna dell'invadenza politico-istituzionale, con la presenza sicura soltanto di Luciano Violante, di Walter Veltroni e dei ministri Tiziano Treu e Franco Bassanini. «Annide» è il quarto Gluck che Muti dirige da quando è approdato stabilmente al podio scaligero e conclude uno dei cicli dedicati rispettivamente a Mozart, Wagner, Verdi e appunto a Gluck: cicli, come scrive Francesco Degrada nel volume pubblicato da «Leonardo Arte» per festeggiare il decennio mutiano, di «progressivo approfondimento della misura stilistica dei quattro autori» che al musicista di Orfeo e di Alceste ha tolto l'amido del «falso gesso accademico e classicistico». L'opera è una delle grandi reiette scaligere. Mancava da 85 anni, da quando la diresse Tullio Serafin. Era il 17 dicembre del 1911 che, allora, era il giorno maugurale. «Non è dunque una proposta tanto inconsueta per il battesimo della stagione», dice Muti. «Allora, ebbero un certo coraggio. Oggi, Gluck è un autore che sta nell'orecchio del pubblico scaligero. In Armide, il compositore tedesco cambia radicalmente, passando dal mondo pagano, dalla mitologia, al mondo cristiano con le sue turbolenze dell'animo, le passioni, i sensi di colpa, i dubbi. Niente più eroine da piedestallo, da altare, lontane, distaccate, ma una donna. Anna Caterina Antonacci ha la straordinaria purezza di canto che è essenziale per questo personaggio, perché deve dare il senso di un esplosivo fuoco d'amore dentro a una corazza di controllo, di razionalità che, poco a poco, si sgretola. Solo la purezza del canto permette questo equilibrio. Armide è un fiume ininterrotto di musica, di melodia, un'opera "non di gridi e rumori" come Gluck stesso affermò, consideran- dola il suo capolavoro e dicendosi che non era più tenuto a scrivere note dopo queste. E' una musica intima. Per la pi-ima volta, Gluck toghe i tromboni dall'orchestra. E' musica delicatissima e difficilissima da eseguire. La minima sbavatura la imbratta». Guido Vergani Muti: «Tentiamo di fare cultura al meglio in un Paese che non ci aiuta: dell'aspetto mondano del 7 dicembre non c'importa niente» Anna Caterina Antonacci, protagonista dell'«Armide» Riccardo Muti: nelle sue scelte poco verdiane c'è soprattutto la volontà di marcare un distacco dalla fisionomia e dai contenuti mondanissimi del debutto di Sant'Ambrogio

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