Bodin, tolleranza e assolutismo

Alla Fondazione Firpo di Torino Alla Fondazione Firpo di Torino Bodin, tolleranza e assolutismo OSCILLANDO tra cinismo e indignazione morale assistiamo da qualche anno alla rapida dissoluzione di Stati — e all'esplodere di guerre civili sempre più cruente. Agli immancabili apocalittici questi scenari suggeriscono un messaggio di facile presa: la stagione della statualità moderna si sta chiudendo come s'era aperta, nel sangue e nel fuoco. E' d'obbligo, in queste condizioni, tornare a riflettere sulle origini europee di quella straordinaria costruzione in cui si condensò la risposta del razionalismo giuridico e del pragmatismo politico alla sfida delle guerre civili di religione. E' noto il nesso forte che lega la traumatica esperienza dei conflitti confessionali, che lasciò sgomenti i contemporanei di Montaigne, e la nascita di quella dottrina dello Stato che, con i suoi concetti cardinali, sovranità, sicurezza, ordine pubblico, è arrivata fino a oggi. In particolare, intercorsero solo quattro anni dalla notte di San Bartolomeo - quel 24 agosto 1572 in cui le milizie di Parigi massacrarono gli ugonotti convenuti nella capitale per le nozze di Enrico di Navarra con Margherita di Valois - e la pubblicazione della prima edizione (1576) dei Sei libri sulla repubblica di Jean Bodin. A 400 anni dalla morte, per l'imminente pubblicazione del terzo e ultimo volume della traduzione di quest'opera nella collana «Classici della politica», progettata e diretta da Luigi Firpo per la Utet, e in occasione della presentazione di Jean Bodin. Natura, storia, diritto e politica, a cura di Yves-Charles Zarka (Parigi, 1996), la Fondazione Firpo, per le cure di Enzo Baldini, ha organizzato un convegno in programma oggi e domani presso l'Archivio di Stato di Torino. Vi prendono parte Margherita Isnardi Parente, Diego Quaglioni e alcuni fra i più autorevoli specialisti italiani e stranieri, da Zarka a Marie-Dominique Couzinet, da Maryanne Horowitz a Michel Senellart, da Innocenzo Cervelli a Cesare Vasoli. Sarà bene ricordare a un pubblico abituato ad associare al concetto di politica l'idea di faziosità e di partigianeria, che alla nascita dello Stato moderno si chiamarono «politiques» quei giuristi della cerchia attorno a Bodin che si attivarono come tecnici delle istituzioni, cercando di individuare un terreno neutrale fra le contrapposte fazioni della guerra civile confessionale: essi fecero sentire la loro voce per dare ai poteri pubblici una reale autonomia nei confronti dei ceti, degli ordini, delle città e delle Chiese. Dopo che la respublica Christiana si era dissolta nelle guerre confessionali, l'edificazione dello Stato imponeva la separazione di politica e religione. Con l'assolutismo si fece strada anche l'imperativo della tolleranza nei confronti delle fedi religiose: un'idea di tolleranza che nell'itinerario intellettuale di Bodin non è affatto scontata, ma costituisce l'approdo di un tormentato cammino. Il convegno toccherà molti aspetti della ricerca del giurista francese, compresi quelli più inquietanti, legati a un'opera, La demonomania delle streghe, che divenne uno dei capisaldi ideologici dell'identificazione e persecuzione di capri espiatori, pratica che colpì particolarmente i Paesi teatro delle guerre di religione. La vicenda dello Stato moderno è connessa alla sua capacità di normalizzazione e neutralizzazione dei conflitti, è storia di un potere che disciplinando integra e include, ma anche di un potere che esclude l'Altro. Sotto questo profilo, la parabola dello Stato moderno si sta forse davvero esaurendo, ma la logica che l'ha guidata non ha perso nulla della sua effettualità. Pier Paolo Portinaro

Luoghi citati: Parigi, Torino