Dieci Nobel per curare il futuro del mondo di Marina Verna

Dieci Nobel per curare il futuro del mondo Dall'economia alla fìsica, dalla medicina alla chimica i maggiori scienziati lanciano un appello da Milano Dieci Nobel per curare il futuro del mondo «Investiamo nella ricerca ma non dimentichiamo i risvolti morali» MILANO DAL NOSTRO INVIATO Cinque bandiere bianche, mestamente flosce, alle spalle dei dieci Premi Nobel che ieri mattina presentavano in una conferenza stampa l'edizione '96 del convegno internazionale 10 Nobel per il futuro, che si è aperto nel pomeriggio a Milano e si concluderà domani. Due cartelli - «Pace per il cuore dell'Africa» e la simbolica parola «Assisi» sopra una colomba indossati come giubbotti dai pacifisti ammessi nella sala del Municipio. Infine un sobrio ma duro appello per la definitiva messa al bando delle mine antiuomo firmato in serata dai Nobel. Come sono lontani i tempi della superba indifferenza degli scienziati per tutto ciò che accadeva fuori dai laboratori! Nessuno dei dieci porta la barba ma per età ed esperienza - per non parlare dell'aureola conferita dal Premio dei Premi - incarnano la figura del vecchio saggio. E come tutti coloro ai quali è stato concesso il tempo di completare il periplo intorno alle cose che hanno cominciato a toccare in gioventù, conoscono bene i paradossi del- l'esistenza, sanno che il bene ha come rovescio il male, che alla fine nulla è identico a com'era all'inizio. Così non pensano più che inventare il coltello e usarlo per pelare le patate o uccidere il vicino siano due atti nettamente distinti. Per questo si interrogano sulla responsabilità: a cominciare dalla propria. Come amava ripetere Einstein, abbiamo bisogno di pen- ' sare in modo diverso se vogliamo che l'umanità si salvi. Le grandi intuizioni di ieri sono diventate la zavorra di oggi. Il libero mercato, ha ricordato Kenneth J. Arrow, Nobel '72 per l'Economia, fornisce un'immensa varietà di beni e di servizi, ma aumenta il numero degli esclusi dal banchetto. Chi dalla vita ha avuto tutto, non ha forse il dovere della solidarietà? E chi, con l'incalzare delle scoperte genetiche, rende possibile una diagnosi con anni di anticipo sul rivelarsi della malattia, non ha forse il dovere di farsi carico dell'ansia che accompagna una profezia tanto cupa? Si dare una risposta pratica al problema che ha sollevato? Jean Dausset, Nobel '80 per la Medicina, è uno di quelli grazie alle cui ricerche la predizione rende sempre più efficace la prevenzione. Ma sa che dietro il generico sogno di vivere sani fino a 120 anni - età limite dell'uomo - c'è il problema di ge¬ stire nel corso dei decenni una conoscenza che può essere intollerabile, soprattutto quando al male non c'è ancora rimedio. Per questo ha dato vita a un Movimento Universale della Responsabilità Scientifica, che pensi protocolli morali che facciano da cornice a quelli clinici. F. Sherwood Rowland, Nobel '95 per la chimica, ha ricordato che cosa implica il grande successo tecnologico ed economico di questo secolo: effetto serra, desertificazione, inquinamento, sovrappopolazione, fame, distruzione... Nessuno sfugge, nemmeno chi pensa di poter tenere per sé tutti i vantaggi e scaricare altrove gli svantaggi. Con la conoscenza e le merci, circolano in un battibaleno anche i loro effetti collaterali. Occorre far circolare altrettanto in fretta nuove idee e stili di vita che ripristinino un equilibrio perduto. Parole, parole. Quando e grazie a chi diventeranno fatti? I Nobel riuniti a Milano credono nella forza di ciò che possono dire e nel dovere speciale che hanno di dirlo. E quindi parlano, ovunque siano invitati, e non solo delle loro ricerche. Ma James M. Buchanan, Nobel '86 per l'Economia, si dissocia. «Al di fuori della nostra specifica esperienza - ha detto - non abbiamo nulla da dire. Non abbiamo soluzioni né potere». E' una reazione all'ostilità che da più parti circonda la comunità scientifica? Steven Weinberg, Nobel '79 per la Fisica, individua tre nemici in qualche misura storici: la religione, che considera riduttiva la visione scientifica del mondo; una parte degli storici e dei sociologi, che mettono sotto accusa la pretesa di una conoscenza obiettiva; i politici e gli industriali, che riducono i finanziamenti se non sono funzionali all'economia del mercato. Per uscire da questa ostilità la scienza, più che piegarsi, deve spiegarsi. Potrà essere pienamente accettata e appoggiata solo se, oltre a tecnologia e ricchezza, offrirà senso e giustizia. Oltre alle armi per la guerra, pace. Conclude Rita Levi Montalcini, Nobel '86 per la Medicina, instancabile nel prodigarsi per un futuro migliore: «Il mondo è governato da una oligarchia geriatrica maschile. Non c'è spazio per le donne, non c'è spazio per i giovani. Ma sono loro che hanno qualcosa di veramente nuovo da dire e da fare. E' ora di lasciarli entrare in campo». Marina Verna Un'evoluzione rispetto al passato: non contano solo i laboratori Diritti dei malati squilibri del mercato voglia di pace li premio Nobel Rita Levi Montalcini

Persone citate: Einstein, James M. Buchanan, Jean Dausset, Kenneth J. Arrow, Rita Levi Montalcini, Sherwood Rowland, Steven Weinberg

Luoghi citati: Africa, Assisi, Milano