Quasi un litigio con Saverio Vertone «Lei non applaude Mi spieghi perché» di Saverio VertoneFabio MartiniSaverio Vertone

Quasi un litigio con Saverio Vertone «Lei non applaude Mi spieghi perché» Quasi un litigio con Saverio Vertone «Lei non applaude Mi spieghi perché» nasce come movimento del bipolarismo, non si può mischiare il vino con l'aceto, se si è dei buongustai...». Berlusconi si sente punto sul vivo: «Guardate che io non ho alcuna intenzione di fare inciuci», quella delle larghe intese resta «una ipotesi sulla quale riflettere». E poi urla: «Non credo di aver bisogno di essere affiancato da comitati: Forza Italia esiste perché esisto io!». Gli interventi riprendono e Berlusconi, come usa fare Pannella, interviene quasi sempre a far la sua chiosa e durante uno di questi fervorini-replica strappa un grande applauso alla platea del consiglio nazionale. Il caso vuole che lo sguardo di Berlusconi finisca su Saverio Vertone. Il senatore non applaude. E a sorpresa Berlusconi gliene chiede conto platealmente: «Vedo che Vertono non applaude, evidentemente non condivide le mie parole... Venga al microfono e ci illustri la sua ricetta...». E Vertone: «Non sono abituato a prendere la parola in questo modo...». Uno scambio tra lo scherzoso e lo stizzito che induce Vertone a chiarire più tardi con Berlusconi: «Non mi sembra liberale contestare uno perché non applaude». Del duetto i giornalisti sono all'oscuro, ma Berlusconi stavolta gioca d'anticipo e si presenta in sala stampa annunciando: «Con Vertone c'è stato soltanto un fraintendimento». I due si abbracciano platealmente, aizzando così la curiosità dei cronisti che si mettono a caccia di notizie. Il dibattito nel seminterrato del centro congressi della Cgil prosegue per tutta la giornata a portechiuse (soltanto Rifondazione comunista ha mantenuto questa antica usanza del pei) e alla fine del documento dei 26 si perdono le tracce. A conclusione del primo consiglio nazionale di Forza Italia viene messo in votazione un solo documento, quello che approverà all'unanimità la relazione di Berlusconi. E il Cavaliere chiude i lavori con una delle sue battute: «Io a Palazzo Chigi non ho proprio voglia di tornarci, anche perché vedete da voi cosa succede... Povero Prodi, anche lui, appena arrivato lì, visto cosa gli è capitato?». E quando incrocia i cronisti, Berlusconi commenta così la prima, un po' faticosa riunione del suo «parlamentino». «E' finita come doveva finire». [f. mar.] dell'Italia dall'Europa». Altra condizione per il governissimo? «Se si presentasse un'occasione irripetibile, da non perdere: una seria riforma istituzionale. Insomma in primavera potrebbero aprirsi diversi scenari, ma come tutte le ipotesi possono verificarsi o no». Dopo la prima sortita, Berlusconi ha spiegato che lui sarebbe disponibile anche ad appoggiare un governo tecnico, o dall'esterno un governo dell'Ulivo... «Sinceramente (meste sono ipotesi che capisco meno. Gli scenari che ho ipotizzato mi sembrano quelli sui quali vale la pena interrogarsi». E gli altri vagheggiati da Berlusconi? «Ripeto: vedremo so si determineranno in primavera condizioni drammatiche. Parlare sin d'ora di tante subordinate mi sembra un fuor d'opera». Berlusconi ha fatto anche un'altra ipotesi insidiosa per voi: un governo appoggiato soltanto da una parte dell'Ulivo... "Non vedo in cosa possa differenziarsi il Polo. Se davvero fossero in gioco i destini del Paese, chi direbbe di no ad uno sforzo comune? Mi sembrano distinzioni molto, molto astratte». Fra qualche settimana dovrete decidere sulla Bicamerale: che fine fa? «La Bicamerale è semplicemente uno strumento. Se ne è accorto anche D'Alema, quando ha ricordato che se noi non votiamo la Bicamerale, le riforme si fanno lo stesso con l'ordinaria procedura costituzionale». Morale della favola? «Questa: se la logica ò quella di D'Alema, le riforme si possono fare con il 138 ma anche con l'Assemblea costituente. D'Alema non dice più "o Bicamerale o morte", ma si rende conto che sugli strumenti per fare le riforme si può discutere all'infinito». Fini, secondo lei cosa ha veramente in testa D'Alema? «Lui si rende conto che il governo è molto debole...». Ma dice: «Dopo Prodi le elezioni». Lo pensa davvero? «Io credo di no. Dice che si andrà a votare per mettere timori all'interno della maggioranza a chi pensa di far cadere il governo. E poi D'Alema sa bene una cosa: che Scalfaro farà di tutto per evitare uno scioglimento anticipato». Fabio Martini Saverio Vertone senatore di Forza Italia

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