Profumo d'«Intesa» di Stefano Bartezzaghi

Profumo d'«Intesa» Negli Anni Settanta «largo» significava «faticosamente necessario», oggi si rivolge alla «cerchia degli amici» Profumo d'«Intesa» ERA difficile prevedere che un'espressione come «larghe intese» potesse ritornare. Ma una dichiarazione di Berlusconi ce l'ha riportata, con l'immutata freschezza di una formula portentosa, che i decenni non riescono a far svanire. E a pensarci «Larghe intese» sarebbe un buon nome per un profumo. «Larghe intese» poi ci ricorda che forse la matematica non è un'opinione, ma certo la geometria è un simbolo. E' simbolicamente immediato che la lunghezza è la dimensione della vista e del cammino (è una virtù esplorativa) e la profondità è del pozzo (di scienza: è una virtù intellettuale). La larghezza è inve- ce una dimensione politica, e lo è dalle fondamenta della politica italiana, con il Tevere che si allarga secondo il bilanciarsi di potere temporale e spirituale. Il Tevere ha poi il merito di avere sempre svolto anche il suo onesto mestiere di fiume: non si è limitato a essere largo per rispondere a esigenze scenografico-allegoriche. Da decenni, invece, di «largo» ci sono anche le «intese», e queste sono astratte e poco scorrevoli. Dopo il 1976 il pei andava in piazza a propugnare con forza non più un «governo rosso e popolare», bensì un «governo largo e popolare-». Anche negli slogan di piazza spuntava così la larghezza: la dimensione dei sonisi, dell'amicizia e degli abbracci. Però non si manifestava festosamente; era un consapevole espediente terapeutico, da applicare con «austerità» per sopperire a emergenze gl'avi. Sospesa ogni dorata profezia di socialismo, si comminava senza infingimenti un'amara medicina dal non seducente nome di «compromesso» (ancorché «sto¬ rico»). Nessuno faceva finta che si trattassse di una gustosa caramella: «largo» significava «faticosamente necessario». «Larghe» erano innanzitutto le basi dei paititi politici che (pur ritenendosi incompatibili) intendevano muoversi secondo asti-use convergenze parallele per «allargare» le basi della democrazia. Di qui le «larghe intese» (e chissà che nel nominarle non avesse giocato un molo l'involontaria e burlesca memoria delle «larghe tese»: quelle dei sombreri dello spaghetti-western). Referendum e ìifonne elettorali sembravano aver ripiegato e riposto per sempre tali velleità di larghezza nei canterani del Vecchio. Nella geometria bipolare e razionale, il sorriso e l'abbraccio sono gesti di propaganda verso l'amico: la larghezza si misura sull'ascissa del consociativismo, e il suo valore è sempre negativo (positivo è certo il «consenso», che però normalmente è «ampio»). E invece, colpo di scena! Eccoci ancora ai governi di «larghe intese», e ai progetti di «allargare» la maggioranza (come se fosse «la cerchia degli amici», o «il giro degli affali»). Stefano Bartezzaghi

Persone citate: Berlusconi