Domani toccherà a Mike Bongiorno

IL CONSIGLIO IL CONSIGLIO di Giulio Mozzi Lf ACQUA che cade» sono cinque racconti («dal margine», come usa dire) di un ventiseienne veneto, Fabio Bozzato, scritti in lingua mossa e rotta, tondelliana senza maniera e senza maniera anche un po' testoriana (qua e là c'è dialetto); e comunque, modelli a parte, stanno benissimo in piedi da soli. Li pubblica, con una nota di Paolo Cacciari, la piccola casa editrice La Fattoria (casella postale 435 Padova Centro, tel. 049-8712541, pp. 100, L. 10.000). Ci sono pagine allucinate, dove reale e fantastico sono contigui e sovrapposti. Ci sono pagine strazianti segnate dall'abbandono, non c'è modaiolo compiacimento del male. Ce ne fossero, che scrivono cosi. Ma ci sono, ci sono... SIAMO UN POPOLO DI BALILLA E MADONNE L'album dei «simboli» che han fatto lltalia AL tricolore all'utilitaria, vale a dire dà un'insegna patriottica a un sogno sociale, passando via via per il liceo classico e piazza San Pietro, le canzoni napoletane e l'opera lirica, i campanili e i salotti, la bandiera rossa e la Madonna pellegrina, l'Africa italiana e il Monte Grappa, i Balilla, le bonifiche, il confino, Predappio: sono I luoghi della memoria, cari al popolo italiano, come s'intitola un'originale ricerca curata dallo storico Mario Isnenghi per l'editore Laterza, di cui arriva .in libreria in questi giorni il primo volume, dedicato ai «Simboli e miti» dell'Italia unita (27 voci, 25 autori, in copertina una Topolino). L'idea è nata da un modello francese: Le lieux de mémoire, sette volumi concepiti da Pierre Nora (per Gallimard) come un gigantesco deposito di ricordi ai quali attingere per raccontare la storia della Francia o delle France. D'altronde Isnenghi, docente a Venezia, è uno specialista del rapporto fra ? eventi storici e immaginario collettivo, da Le guerre degli italiani (1989) a L'Italia in piazza (1994). Mentre da Giunti esce ora L'Italia del fascio. Anche i suoi Luoghi della memoria sono previsti in diversi volumi: a gennaio ne uscirà un secondo («Strutture ed eventi»), ad aprile un terzo («Date e personaggi»). Si potrebbe parlare di un grande viaggio dentro il patrimonio di memorie diffuse accumulato dagli italiani dall'Unità a oggi, ma Isnenghi nella Presentazione ci regala una metafora più singolare e più efficace: i ricordi collettivi, in cui il popolo italiano si riconosce, sono copie le valigie e le borse sul nastro trasportatore dei bagagli all'aeroporto. Gli addetti le caricano, le mettono in movimento: le memorie spariscono per tunnel misteriosi, ricompaiono a sorpresa, percorrono curve visibili o segrete, «se non le afferriamo a volo, tornano a sparire». Esemplare l'evoluzione del mito del Balilla (ricostruita nel capitolo di Gianni Oliva). E' il soprannome attribuito al fanciullo che nel 1746 diede inizio alla rivolta di Genova, scagliando un sasso contro un ufficiale dell'esercito austriaco. Diventa nel 1847 un eroe nazionale delle élites risorgimentali, in cui si evocava un'idea di slancio, quella della mazziniana Giovine Italia, riproponendo il duello fra Davide e Golia. Entra nel bagaglio di messaggi con cui l'Italia liberale «si sforzava di costruire un'identità nazionale», immagine dei valori patriottici, specchio dello spirito di abnegazione. Si trasforma nella istituzione fondamentale dell'organizzazione fascista della gioventù: l'Opera nazionale Balilla a cui è obbligatorio iscrivere tutti i bambini. Resta nell'Italia repubblicana come un luogo della memoria attraverso il quale percepire sia gli aspetti popolareschi del fascismo sia la sua retorica pedagogica. La stessa varietà di percorsi e di significati alimenta un grande simbolo cattolico, oggi dimenticato: la Madonna pellegrina, che «evoca immediatamente - come scrive Anna Bravo - le elezioni del 18 aprile 1948, la crociata anticomunista della Chiesa, statue sfolgoranti, apparizioni miracolose e folle in estasi: in sostanza i simboli dell'Italia profonda, povera, bigotta, pupilla e preda del cattolicesimo romano e della sua riscossa contro la secolarizzazione». Ma la Madonna pellegrina rappresenta anche il punto d'arrivo del «rilancio della figura di Maria con cui fin dall'Ottocento la Chiesa ha risposto al rarefarsi della religiosità maschile». Perciò i suoi viaggi avanti e indietro per il paese vanno al di là del nodo delle elezioni: la sua maternità è un appello alle madri, passaporto per entrare in contatto con ambienti operai e 1 s- 4M? Mario Isnenghi bracciantili di tradizione socialista e raffigurazione femminile dei valori cristiani. Sono solo due esempi di cosa si trova in questo volume. Nei prossimi s'incontreranno voci come piazza, caffè, osteria, parrocchia, naja, oratorio, comizio, sciopero, la marcia su Roma, la guerra di Russia, naturalmente la Resistenza, l'arrivo degli Alleati, l'attentato a Togliatti, Cuore, Pinocchio, il Giro d'Italia, il campionato di calcio, fino a piazza Fontana e al sequestro Moro. Frammenti dispersi di una cosa che si chiama identità nazionale. Alberto Papuzzi Domani toccherà a Mike Bongiorno p ROFESSOR Isnenghi, quali saranno i nuovi luoghi della memoria italiana? Della realtà politica e sociale in cui viviamo oggi che cosa diventerà memoria fra 50 anni? «Bisogna distinguere tra fatti che cominciano a essere memoria e fatti che forse potranno diventarla. Nel primo gruppo metterei di sicuro il partito comunista e la democrazia cristiana. Forse anche il partito socialista, però la sua è una memoria traumatizzata da Craxi e da Tangentopoli: dobbiamo affidarci agli storici per ricordare che c'è stato un psi prima di Craxi. Nel secondo gruppo potrebbero starci Mike Bongiorno e, ahimé, il Torino: fra vent'anni potrebbero essere i simboli di una vita italiana scomparsa. Naturalmente è una scommessa, però mi sembra che mostrino una certa dose di crepuscolarità». Che cosa ha il potere di trasformare un evento, un ambiente, un personaggio in un luogo della memoria? Perché certe cose diventano ricordi collettivi e altre no? avviene la selezione della specie? Innanzitutto attraverso processi spontanei che non sono facili da decifrare: ci sono date e persone che possiedono una loro memorabilità intrinseca. In secondo luogo grazie a un'organizzazione delle memorie pubbliche, nelle epigrafi, nei monumenti, nei libri di storia. Memorabilità spontanea e organizza «Soltanto una piccola parte dei fatti che ne avrebbero la potenzialità guadagnano sul campo l'alone che li rende riconoscibili come memorie diffuse. Come avviene la selezione della specie? Innanzitutto attraverso processi spontanei che non sono facili da decifrare: ci sono date e persone che possiedono una loro memorabilità intrinseca. In secondo luogo grazie a un'organizzazione delle memorie pubbliche, nelle epigrafi, nei monumenti, nei libri di storia. Memorabilità spontanea e organizzazione della memoria costruiscono un domani che guarderà all'oggi come uno ieri. Questo è un processo che si verifica continuamente: dopo il Ri¬ sorgimento, dopo il fascismo, dopo la Resistenza». Qual è il rapporto fra tale processo di organizzazione della memoria e l'azione svolta invece dagli storici? «Gli storici intervengono più tardi. Perché hanno bisogno di documenti, hanno bisogno di analisi. La memoria e la storia sono due territori diversi. Immaginiamo la contemporaneità come una spiaggia dopo un naufragio. Siamo circondati da rottami fra i quali si aggirano i naufraghi. Alcuni di essi frugano fra i rottami e ne recuperano dei pezzi. Questi recuperanti non sono ancora gli storici, ma protagonisti, testimoni, cronisti. Fanno un lavoro di primo setacciamento. Poi c'è una giovane branca della storiografia che lavora sulle fonti orali e che si aggira ai bordi. Più tardi verrà la valutazione esterna dello studioso, che fissa i caratteri storici di un'epoca». Ma memoria e storia tendono a giungere a conclusioni diverse? Tendono a dare rappresentazioni opposte? «Il punto chiave è che la memoria è sempre frutto di una soggettività, individuale o collettiva. Perciò i suoi approdi sono sempre il risultato di un conflitto fra varie memorie possibili. Nella formazione delle memorie diffuse interviene un elemento favolistico, che compensa e deforma la reale cronaca politica o sociale. Nelle nostre piazze e nelle nostre strade Giuseppe Garibaldi è assai più presente e visibile di quanto richieda la realtà storica». Quale uso fanno gli storici della memoria collettiva? «Oggi hanno imparato a servirsene molto più lucidamente che in passato». [a. p.] Sotto il fascismo