Il premier non ci sta: aspetto giustizia

La difesa: «Non mi sono messo in tasca niente. Sono orgoglioso della privatizzazione» La difesa: «Non mi sono messo in tasca niente. Sono orgoglioso della privatizzazione» Il premier non ci sta: aspetto giustizia Romano come Silvio, va in tv e passa al contrattacco ROMA. Romano Prodi ci ha rimuginato una notte: contrattaccare o lasciar sbollire? Ne ha parlato con la signora Flavia. Ne ha parlato con i suoi. E ieri mattina il Professore ha deciso di emulare in tutto e per tutto un uomo che non ha mai amato: Silvio Berlusconi. E così, dopo aver scelto lo stesso avvocato del Cavaliere, Prodi ha deciso un utilizzo intensivo della televisione: la mattina ha fatto filmare ai telegionali la sua lettera di dimissioni dalla Unilever e nel pomeriggio ha rilasciato ai tg una raffica di interviste nella sala degli Arazzi di Palazzo Chigi. Il nodo della cravatta leggermente allentato, il tricolore alle spalle, Prodi si è difeso e ha contrattaccato. La premessa: «Aspetto giustizia, sono sicuro che l'avrò», «non mi pongo il problema delle dimissioni perché non c'è nessun elemento che possa far pensare al rinvio a giudizio». La difesa: «Non mi sono messo in tasca niente», «sono orgoglioso della privatizzazione», effettuata «massimizzando gli introiti dell'Ili e quindi dello Stato italiano». L'accusa: «E' un assurdo in-. credibile» che finora la magistratura non gli abbia notificato nulla. Il preannuncio della linea difensiva scelta dai suoi avvocati: «Per l'abuso di ufficio bisogna essere pubblici ufficiali e il presidente dell'Iri non lo è». Fin qui la sostanza dell'autodifesa e del contrattacco di Romano Prodi, ma se ai primi di gennaio arrivasse un rinvio a giudizio? A ben vedere, per ora Prodi non risponde al difficile enigma visto che la sua linea è: non mi dimetto ora perché non credo ci sarà un rinvio a giudizio. E Walter Veltroni? Fa il garantista: «Il presidente del Consiglio del 1994 dice Veltroni - fu raggiunto da un avviso di garanzia, ma nessuno si sognò di chiederne le dimissioni». Appunto, un avviso di garanzia, non un rinvio a giudizio. E se arrivasse? «Non parlo mai di problemi specifici», dice il Guardasigilli Giovanni Maria Flick che però esprime tutta la sua «solidarietà» a Prodi. Bossi, invece, è lapidario: «Prodi si deve dimettere perché è un presidente del Consiglio che è espressione della vecchia politica. Io parlo di dimissioni ma gli altri non lo fanno. Il leader pds: se Prodi cade si andrà a nuove elezioni Bossi: deve tornare a casa Rappresenta la vecchia politica Aspettano i congressi». E D'Alema? Dopo aver espresso a caldo una dichiarazione di stima e di «fiducia» nei confronti di Prodi, ieri il segretario del pds non è intervenuto nuovamente sulla questione. Le agenzie hanno diffuso una sua categorica intervista al settimanale Oggi («Se cade Prodi si va ad elezioni»), ma va tenuto presente un dettaglio non trascurabile: l'intervista è stata rilasciata una settimana fa. Diceva D'Alema: «Una crisi del governo Prodi e un grande accordo tra Ulivo e Polo non sarebbe compreso dai cittadini» e «se questo governo dovesse cadere si andrebbe di nuovo ad elezioni». Parole importanti, ma non c'è politico che non tenga le sue carte coperte. Una ventina di giorni fa lò"stesso D'Alema aveva detto chiaro e tondo che la Grande Riforma era più importante del governo, parole che senza particolari interpretazioni dietrologiche erano state lette come un ponte verso un governo con Berlusconi. Proprio dopo le difficoltà giudiziarie e politiche di Prodi, D'Alema ha cambiato idea? O tiene coperta la sua carta di riserva? Prodi lo sospetta e infatti ha già posizionato la sua Maginot, lungo l'asse Palazzo ChigiFausto Bertinotti. Certo, ieri ai tg Prodi ha ripetuto che «la storia del governo ostaggio di Bertinotti è una leggenda metropolitana, un'etichetta che dà l'opposizione». Ma poi a chi gli chiedeva delle pensioni, il presidente del Consiglio ha risposto che la riforma del sistema previdenziale si farà nel 1998, mentre il «il 1997 servirà per discuterne». Prodi sa che sulla riforma anticipata delle pensioni, potrebbe trovare un pds disponibile, ma una Rifondazione intransigente e dunque glissa. Ma nelle sue esternazioni ai tg, Prodi si è tolto parecchi «sassolini». Gli attacchi che gli ha portato Fini? «Lui fa il suo gioco politico, ha sempre preso su questi temi la sua iniziativa politica. Ci gioca, gioca sulle persone. Come sempre». E Berlusconi l'eterno nemico che stavolta non ha lesinato parole gentili? Prodi dice soltanto: «Berlusconi mi trova d'accordo sul garantismo». E a Lamberto Dini che gli aveva rimproverato un eccessivo protagonismo di Rifondazione comunista, Prodi risponde acido: «Il governo ha voluto essere coerente rispetto a quello che aveva deciso il governo Dini. Sarebbe un'ironia troppo grossa». Fabio Martini CAMPAGNA «ANTI-GIUDICI» IROMA L problema vero è che la magistratura non si autodistrugga in un conflitto non trasparente. Non autodistrugga la sua credibilità e la sua capacità di continuare a svolgere quel ruolo di controllo di legalità che ha riacquistato in questi anni. Per questo bisogna ripristinare un quadro di regole che prevedono riserbo, garanzia, rispetto di tutti i cittadini... La sinistra è per sua natura, per la sua storia una grande forza garantista. Garantista significa rispettare l'autonomia dei giudici, ma non mettersi a loro rimorchio». drtóài ' ' D"Alèfmà ' questi ' ' discorsi li ripete ogni giorno. Nei coordinamenti del partito, nei comizi come quello di Napoli, nelle riunioni più o meno allargate. E intorno a lui fioccano le prese di posizione degli altri pidiessini. Luciano Violante spara contro la «repubblica giudiziaria». Folena non esita a criticare mostri sacri come Caselli per quel reato sul concorso esterno in associazione mafiosa che non 10 convince, o personaggi insidiosi come Di Pietro («Non gli si può perdonare tutto. Eppoi Borrelli lo ha steso»). Macaluso, invece, prende di mira proprio 11 capo della procura di Milano: «Quello che ha detto Borrelli su Di Pietro è la più grande operazione di delegittimazione del Pool. Come fa un giudice a dire, "ora sfascio Berlusconi"? E come può Borrelli starlo a sentire senza richiamarlo?». Senza contare che quella richiesta di rinvio a giudizio di Prodi pone la Quercia anche in una condizione imbarazzante: non si contano, infatti, le interrogazioni, le interpellanze, le mozioni presentate da esponenti di primo piano come Reichlin, Bassolino, Carmine Nardone (ma anche di Rifondazione e dei verdi) che, prima e dopo la vendita della Cirio-Bertolli, criticarono duramente quell'operazione, avanzando pesanti dubbi. Insomma, più di qualcuno vorrebbe farla finita con quel passato che ogni tanto ritorna e manda gambe all'aria la politica. «Si è persa l'occasione del governo Maccanico - si lamenta l'ex segretario del pds di Bologna, Sergio Sabatucci ma se non si pone un limite ogni giorno che passa sarà più difficile. Come si fa, infatti, a muoversi se il capo del governo, il capo dell'opposizione e magari il capo del maggior partito sono sotto schiaffo. Il gioco è semplice: Roma colpisce lì, «Il Paese deve reagire ridando alla Giustizia la sua dimensione Più riservatezza e nuovo spazio alla vita politica» COLOMBO PORTAVOCE DELL'ULIVO? ROMA. Il portavoce dell'Ulivo è «una delle ipotesi» in campo. E comunque è solo una «soluzione tecnica». Furio Colombo, deputato della Sd, parla della fase che sta attraversando la coalizione di centro-sinistra. E spiega che, assieme ad altri, si sta domandando «cosa può diventare a regime l'Ulivo, una realtà ben delineata in campagna elettorale. Una domanda tenuta viva dal fatto che moltissima gente che ha votato Ulivo si riconosce ancora nell'Ulivo». Colombo commenta anche le dichiarazioni del vicepremier Walter Veltroni, che ha parlato di «calvario di solitudine» a Palazzo Chigi. «Noi - ribatte Colombo - alla Camera sentiamo una grande solitudine rispetto al governo. Come minimo, quindi, è una solitudine reciproca. Vorremmo essere più collegati, fare più cose insieme. E' vero per il governo, è vero per moltissimi di noi della maggioranza. Vorremmo fare di più non come esibizione di se stessi, ma come contributo creativo, immaginativo e costruttivo per far camminare questa macchia nuova». [r. i.] Furio Colombo Milano colpisce là e, vedrete, Venezia, Nordio, colpirà qui. Ecco perché bisogna tracciare una riga. A parte i reati di concussione e corruzione che non si possono toccare, bisogna trovare una soluzione per tutti quelli che sono al di sotto». Così più passa il tempo e più la questione giustizia diventa una priorità, un argomento imprescindibile per la Quercia. Tanto più oggi che per necessità pure Prodi deve fare la voce grossa con i giudici. Ma prima dei provvedimenti legislativi, delle soluzioni politiche è fondamentale che si crei un'atmosfera adatta nella pubblica opinione, che la famosa «gente», per usare un'espressione che piace ai giustizialismo nostrano, prenda atto che non si può andare avanti così. La pa-

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