Il parroco bruciato Caccia a un maniaco di Raffaello Masci
Il parroco brucialo Caccia a un maniaco Il parroco brucialo Caccia a un maniaco ROMA. Don Mario Torregrossa, il parroco di Acilia a cui ieri uno sconosciuto ha dato fuoco, è ancora in condizioni gravi, gravissime: le tracce di speranza emerse ieri mattina non hanno trovato conforto nel pomeriggio. Se il parroco ce la potrà fare lo si saprà solo tra un paio di mesi. Intanto si spera e, da parte dei parrocchiani, si prega. Quanto don Mario fosse amato e quanto contasse per la comunità di San Carlo da Sezze, lo si è visto già domenica sera quando per la messa vespertina la parrocchia si è riempita di una comunità orante per il proprio pastore. Ieri mattina, alle otto e mezzo, un'altra messa, celebrata dal giovane viceparroco, don Fabrizio. Era «la messa dei poveri», quella che si tiene ogni lunedì mattina e che è seguita dalla distribuzione di viveri. Nella parrocchia non c'era - co¬ me si potrebbe immaginare - una «corte dei miracoli» di sbandati e derelitti, ma persone «nonnab'», discrete, dignitose, semplicemente attraversate dal peso di una congiuntura sfavorevole: anziane donne sole e pensionate al minimo, disoccupati, famiglie in difficoltà. Sì, certo, anche qualche barbone e qualche tossicodipendente, ma non più di quanti ce ne siano in altre comunità. La parrocchia di mons. Torregrossa non è l'estrema Thule della civiltà, non è una terra di abbandono, e i parocchiani guardano con un garbato fastidio i cronisti che l'hanno dipinta a tinte fosche. x Acilia non è una sacca di vagabondi, sbandati e tossici irredenti, ma semplicememte una zona in cui l'abusivismo edilizio ha infierito più che altrove, dove i servizi sociali, quando sono arrivati, si so- no fatti attendere a lungo e in cui la parrocchia costruita da don Mario - oltre a essere l'unico edificio presentabile - è la struttura terrena e spirituale che funziona meglio. Don Fabrizio ieri mattima ha potuto parlare con don Mario. Il malato era - come il giorno prima - in sala di rianimazione, protetto da uno schermo di vetro, il suo corpo bendato come una mummia e il dolore delle bruciature lenito solo dall'uso generoso di calmanti. Però non si è lamentato mai, hanno testimoniato quelli che l'hanno ve- gliato, e le uniche cose che ha detto al suo vice riguardavano la cura pastorale della parrocchia. Don Mario soffre di diabete, ulcera alla stomaco e disfunzioni tiroidee, inoltre ha avuto due ictus negli ultimi anni. Le sue condizioni generali erano dunque assai compromesse già prima dell'aggressione e questo non aiuta ora nella terapia: molti farmaci sono interdetti e l'alimentazione stessa è un problema. Mercoledì il paziente dovrà subire un intervento non meglio specificato e per i prossimi sette giorni avrà bisogno di molto sangue che i suoi parrocchiani hanno già provveduto a donare. Dalla tarda mattinata nessuno è ammesso alla sua presenza e lo stesso vetro attraverso il quale comunicava con lo sguardo, è stato schermato da un telo verde: le emozioni che potrebbe subire - hanno spiegato i sanitari - gli potrebbero nuocere. Così durante l'orario di visita dalle 17 alle 18 - i suoi familiari, i parrocchiani, i ragazzi del centro di Formazione (una trentina in tutto) hanno atteso notizie in corridoio, al di là di quella barriera di tela verde. Dal vicariato telefonano sempre - dicono gli «animatori» della parrocchia - e il cardinale ha mandato con un suo messaggio il segretario generale del vicariato mons. Luigi Moretti. Dell'aggressore ancora non si hanno tracce: l'ipotesi del barbone è caduta subito, quella del «tossico» ha perso molto terreno. E' più probabile che ad agire sia stato uno squilibrato che nel parroco ha voluto colpire il simbolo di una dimensione - religiosa, esistenziale, psicologica - vissuta conflittualmente. Ma anche questa ipotesi per ora non ha dato risultati. Mentre don Mario lotta con la morte. Raffaello Masci Don Mario Torregrossa, 52 anni, il parroco di Acilia aggredito
Persone citate: Luigi Moretti, Mario Torregrossa, Torregrossa
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