Gulliver gigante d'effetto speciale ma l'emozione ormai si è persa di Alessandra Comazzi
IP TIVÙ' & TIVÙ' Gulliver, gigante d'effetto speciale ma l'emozione ormai si è persa REDUCE dai favolosi trionfi americani, dove è stato seguito da 57, dicesi cinquantasette, milioni di telespettatori, è arrivato ieri sugli schermi di Canale 5 «I viaggi di Gulliver», tratto dal capolavoro di Jonathan Swift, regista Charles Sturridge, coprodotto da Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e Italia, costato circa 35 miliardi e un anno di lavoro, premio Emmy (l'Oscar della televisione) per la miglior miniserie del '96. Protagonista è Ted Danson, accanto a lui il cast delle grandi occasioni, con Peter O'Toole che fa l'imperatore dei Lillipuziani, sir John Gielgud che fa lo scienziato nell'isola di Laputa, Omar Sharif che fa lo stregone e Geraldine Chaplin che fa l'imperatrice Munodi. Mary, la moglie del dottor Gulliver-Danson, è Mary Steenburgen, sua moglie anche al di là della telecamera. L'attore è d'accordo con gli strali lanciati da Swift contro i bersagli dell'epoca, che sono poi bersagli universali, la classe politica, quella ecclesiastica, gli avvocati, i medici, gli intellettuali inconcludenti ermeticamente chusi nella loro torre d'avorio. Dice l'attore, preso di mira ai tempi del suo divorzio dalla prima moglie e poi per la sua storia d'amore con Whoopy Goldberg, che l'unico obiettivo non colpito dall'universale scrittore, fu la stampa, che evidentemente non faceva ancora danni troppo grandi. C'è qualche possibilità di rendere sopportabile la trasposizione televisiva di un capolavoro come «I viaggi di Gulliver»? Intanto s'è avuto un po' di adattamento: il protagonista, tornato a casa, comincia a raccontare i suoi viaggi alla moglie, al figlioletto e al perfido dottor Bates che, dopo aver prèso il suo posto di medico ed essersi insediato in casa sua, vuole anche sposarne la moglie, novello procio. Ma la bella Penelope tesse la sua tela, e, pur ostacolata dal perfido rivale (lei non sa quanto sia perfido) vuole il marito di nuovo con sé. Lo crede pazzo, ma spera che guarisca. Tra un internamento e l'altro, lui racconta in flash back le sue avventure. Mirabolanti, naturalmente. Si trova tra i lillipuziani, enorme mostro che diventa un'attra¬ zione e pone fine alla guerra con gli eterni nemici; capita tra i Giganti, alla corte tutta femminile condotta da una bellissima regina nera. E con lui fatto fuggire da un'aquila, sulla testa l'isola volante di Laputa, termina la prima puntata. I viaggi allucinanti e splendidi continueranno nella seconda: Gulliver incontrerà gli Yahoos, essere umani privi di qualsiasi dignità, e gli Houynhnyms, una razza di cavalli parlanti, civilizzati, razionali e saggi. Ma i veri problemi del nostro eroe sono ben altri: non le terre folli e sconosciute, ma la sua Londra alla fine delle peregrinazioni, tra le grinfie del dottore malato di invidia e realismo. Lo sceneggiato, ben appoggiato dagli effetti speciali (supervisore è il mago Tim Webber, quello della Disney) è gradevole, grandioso, ben girato e ben interpretato da quel novero di attori. Però, la magia, l'emozione, l'incanto che emanano dalla pagina scritta, nessun effetto speciale potrà mai eguagliare. Sarà la nostalgia Alessandra Comazzi
Luoghi citati: Germania, Gran Bretagna, Italia, Londra, Stati Uniti
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