Il pds e il 1956, ritorno alla preistoria di Alberto PapuzziAntonio GiolittiClaudio Petruccioli

Il pds e il 1956, ritorno alla preistoria Sull'Unità Petruccioli «scopre» le colpe del pei all'epoca della rivolta di Budapest Il pds e il 1956, ritorno alla preistoria «Come eravamo ciechi»: ma dimentica Giolitti, Foa e tutti gli altri ^1 ELLA nobile competizione a chi è più ex fra gli ex comunisti, Claudio Petruccioli ha riscoperto il 11956. In un articolo sul- Y Unità 2 di ieri, che prende metà della seconda pagina «Indimenticabile '56. Così il nuovo pei abdicò al suo ruolo» il dirigente pidiessino spiega ai lettori come la linea di Palmiro Togliatti sui crimini di Stalin e sulla rivolta di Budapest avesse rappresentato un «grande regresso»: il partito aveva abdicato alla sua «funzione nazionale». Il legame di ferro con il comunismo mondiale prevalse sulle possibilità, che il 1956 offriva, di costruire una sinistra «unita per governare». Si consumò, invece, «la frattura fra una sinistra che deve e vuole essere di governo e una sinistra che non si pone il problema di esserlo». Una rottura che ha provocato «il blocco della democrazia italiana nei trenta anni successivi». Non si poteva dire meglio. Difficile non essere d'accordo. Solo che Petruccioli, oggi presidente della commissione Lavori pubblici del pds (dopo essere stato in un passato un po' lontano leader del Movimento e direttore dell'Unità), ce la vende come una novità che dovrebbe lasciarci stupefatti. Tant'è vero che non cita nessuno fra quanti hanno denunciato esattamente la stessa cosa - uomini politici, intellettuali e storici - molto prima di ieri mattina, qualcuno nello stesso 1956, durante il memorabile Vili Congresso. In quelle assise, alla fine dell'anno, passate alla storia del partito come il congresso della via italiana al socialismo, un deputato comunista sfidò a viso aperto il segretario, associandosi alla condanna dell'intervento sovietico pronunciata in ottobre da Di Vittorio e dalla Cgil e mettendo sul tavolo proprio le questioni delle libertà democratiche e della funzione nazionale. Era Antonio Giolitti, che se ne sarebbe andato nel '57, passato nelle file dei socialisti e protagonista dell'esperienza di centrosinistra. Trentasei anni dopo scriverà in Lettere a Marta (Mulino), a proposito della risposta ricevu¬ ta dai compagni del gruppo dirigente: «S'irrideva alla fragilità dei governi socialdemocratici sempre esposti al rischio dell'alternanza e perciò della reversibilità delle riforme: senza accorgersi che codesta irrisione rivelava una ben singolare concezione della democrazia. Sottolineo l'aspetto culturale di questa linea di propaganda e di azione: ignoranza e discredito dei risultati del Welfare State e di tutta la letteratura connessa». Che cosa chiedevano, d'altra parte, gli intellettuali che lasciarono allora il pei - da Italo Calvino a Furio Diaz, da Carlo Muscetta a Vezio Crisafulli per citare alcune personalità di prestigio - se non che la denuncia dello stalinismo, l'insurrezione di Poznan, i fatti d'Ungheria diventassero le premesse di una svolta democratica? Che il 1956 segni un «regresso» lo ha scritto di recente un testimone d'eccezione, Vittorio Foa, in Questo Novecento (Einaudi): «Il distacco dei socialisti dai comunisti avrebbe aper to una fase nuova nella politica italiana. Il partito comunista si riprese lentamente dal dissenso interno, ma entrò in una lunga fase di grigiore e di passività». Cronache e questioni del 1956 affollano il Togliatti di Giorgio Bocca (1973), respinto dai comunisti come un delitto di lesa maestà, e il Togliatti di Giorgio Agosti (1996), che mette in luce la posizione del Migliore piuttosto che giudicarla. Ma il 1956 di Petruccioli è tabula rasa. L'unica citazione è per il compagno di partito Emanuele Macaluso, che in Togliatti e i suoi eredi avrebbe ribadito la tesi che le scelte compiute nel '56 evitarono la liquidazione del pei. Secondo Petruccioli, invece, i comunisti avrebbero avuto la possibilità di diventare un polo per la costruzione di un'alternativa di sinistra, avviando in anticipo il cammino verso il partito di governo. «Non so se i dirigenti del pei di allora non lo capirono - scrive sull'Unità - o avendolo capito si siano sottratti al compito». Suggestiva domanda. Peccato che ci sia un intero dibattito politico e storiografico dove andare a trovare la risposta. Alberto Papuzzi Antonio Giolitti: sfidò Togliatti. A destra Claudio Petruccioli

Luoghi citati: Budapest, Poznan, Ungheria, Vezio Crisafulli