Delitto CARTESIO un giallo frai ghiacci

Delitto Il filosofo non morì di polmonite ma fu avvelenato: tre secoli dopo, il libro-indagine di un medico tedesco riapre il caso Delitto CARTESIO ungiallofraighiacci I L caso è di quelli che avrebbero solleticato la fantasia del cavaliere Auguste Dupin, celebre investigatore di E. A. Poe. Spirito analitico per eccellenza, si sarebbe trovato a suo agio in compagnia del filosofo francese del Seicento René Descartes, ovvero, alla latina, Cartesio. Giacché nessuno meglio di Dupin, che traeva ragioni di vita dal sondare uomini e situazioni, poteva dire di se stesso: Investigo, dunque sono. Non è improbabile che il discorso sul metodo di Descartes con la celebre asserzione Cogito, ergo sum fosse tra le sue letture preferite. Peccato che per evidenti ragioni cronologiche la regina Cristina di Svezia non abbia potuto giovarsi della collaborazione di Dupin come fa la Prefettura di Parigi nei racconti di Poe. Perché, a questo punto, il mistero che ancora avvolge la morte del filosofo, avvenuta a Stoccolma nel febbraio del 1650, sarebbe stato risolto da tempo. E dire che in Svezia il buon Cartesio proprio non ci voleva andare. Continuava a nicchiare di fronte alle insistenti lettere di Sua Maestà. Pensava ai soleggiati giardini della Touraine, dov'era nato nel 1596, all'Olanda, dove aveva deciso di vivere, che «forse non ha tanto miele come la terra che Dio promise agli ebrei,' ma certo più latte». E annotava ancora: «Non è facile decidere di andare nel Paese degli orsi a vivere fra scogliere e ghiacciai». Ma la regina non demorde. Ha appena 23 anni e un carattere duro come la roccia. Figlia del grande Gustavo Adolfo, caduto nella battaglia di Liitzen nel 1632 durante la spaventosa guerra dei trent'anni, Cristina è un'amazzone in odore di lesbismo che parla dieci lingue, conosce a fondo poeti antichi e moderni, si muove a proprio agio nelle letterature classiche e tra gli scritti dei Padri della Chiesa. Uri filosofo e umanista come Descartes fa al caso suo, tanto più che il diplomatico francese Pierre-Hector Chanut, suo confidente, gliene ha parlato con entusiasmo. E tanto fa che il filosofo accetta, sia pure a malincuore. Stoccolma, dove egli giunge nell'ottobre del 1649, non sarà la terra promessa, ma la sua tomba. La morte lo coglie quattro mesi dopo e il bollettino di corte parla di polmonite. Più che plausibile visti i rigori dell'inverno nordico. Per di più Sua Maestà ha preso l'abitudine di convocarlo a palazzo alle cinque del mattino e a quell'ora, nel gelo svedese, nessuna filosofia, nemmeno quella del grande Descartes, può riscaldare le ossa. Egli si lamenta di un Paese in cui anche «i pensieri della gente durante l'inverno sembrano gelati come i fiumi» e dove a corte viene guardato con sospetto e invidia. Tanto che il giorno dopo la sua morte si sparge la voce che il filosofo sia stato avvelenato da filologi desiderosi di liberarsi da quell'originale pensatore che attira su di sé tutte le attenzioni della regina. Così andavano a quel tempo le cose fra i cultori dell'umanesimo. Ma i sospetti non hanno vita lunga. La malattia polmonare è stata accreditata da biografi e storici fino a qualche anno fa, quando un pubblicista e medico di Wuppertal, Eike Pies, riaprì il caso dopo secoli sollevando una serie di dubbi che ora ha esem- plificato in un curioso volume dal titolo eloquente, Ber Mordfall Descartes (Descartes, un caso d'omicidio, Verlag E. fr U. Brockhaus, Solingen). Dove l'autore abbia attinto nuove informazioni è presto detto: nell'archivio manoscritti dell'Università di Leida. Stava studiando la corrispondenza di un suo antenato del Seicento, Willem Pies, medico personale del principe Johann Moritz von Nassau-Siegen, quando gli capitò fra le mani la lettera scritta il giorno stesso della morte di Cartesio, l'I 1 febbraio 1650, che Pies ricevette da Johann van Wullen, medico di Cristina di Svezia. Era stato proprio lui a seguire negli ultimi giorni il decorso della malattia minuziosamente descritto nella lettera. Strano però che essa venga spedita in tutta fretta tramite corriere e definita «segreta». E ancor più strano che i sintomi in essa descritti non siano proprio quelli di una polmonite: «Singulto, vomito nero, respirazione irregolare...». Tutto fa pensare, urine comprese, a un avvelenamento da arsenico. Lo stesso paziente sembra esserne consapevole e chiede con insistenza vino con tabacco per poter «vomitare il nemico», come si legge nella missiva. Eike Pies è ora più che mai convinto che Cartesio sia stato assassinato. Da chi? Colleghi invidiosi, letterati da strapazzo, filologi pignoli che vedono pregiudicata la loro posizione a corte? Macché. Il problema va ben oltre la psicologia umana e assume contorni ideologico-religiosi. Del tutto naturale dal momento che si tratta di un cadavere filosofico di prima grandezza finito per caso in un gioco imprevedibile. C'è un segreto alla corte di Svezia che forse nessuno conosce tranne i diretti interessati: Cristina, regina di un Paese che ha combattuto per decenni, da posizioni protestanti, l'imperatore e la lega cattolica, ha la segreta intenzione di passare al cattolicesimo. Uno scandalo per la Svezia e un possibile trionfo per il Papato, che ha provveduto a inviare a Stoccolma il monaco agostiniano Frangois Viogué per preparare tale conversione, che avvenne quattro anni dopo la morte di Cartesio. Il destino di Viogué, «missionario apostolico nei Paesi nordici», s'incrocia con quello di un Descartes critico della religione e demolitore di dogmi e credenze. E' lo scontro tra laicismo e spirito controriformistico: che ci scappi un cadavere, con i tempi che correvano, può anche non stupire più di tanto. Forse Viogué ha scorto in De- LA LETTERA Cara Stampa, non so se sia giusto biasimare gli studenti oggi bambini perché si limitano a pretendere libri facili e riposanti, di buoni sentimenti e di semplicità elementare. Nella mia infanzia ho fatto in tempo a conoscere tante vecchie casalinghe di Voghera nate alla fine dell'Ottocento che per tutta la vita hanno ragionato esattamente così: vogliamo storie agevoli di mamme e bambini e bravi compagni di scuola che «parlano come mangiano»; ci piacciono «i bei film da piangere»; e sui giornali cerchiamo solo i cagnolini e i gattini, ma soprattutto i morti. D'Annunzio? Si fa troppa fatica. (Eppure era il maggiore autore di successo e scandalo). I concerti? Famio dormire. I classici italiani o stranieri? Non siamo mica alle magistrali, grazie. I musei? Ci sono troppi gradini, meglio una bella passeggiata al cimitero. Forse una differtnza fra gli Anni Trenta e i Novanta è soprattutto che alle mostre oggi si va volentieri perché si salta la scuola, si scambiano spiritosate e scappellotti, si guardano i gadget, ci si siede nella sala video. Alberto Arbasino scartes un grave impedimento alla conversione di Cristina. Eppure il monaco ha un alibi di ferro: era in viaggio proprio nei giorni della malattia del filosofo e rientrò solo la vigilia della morte. Ma proprio ciò è motivo di sospetti, sostiene Pies, che sull'onda delle sue speculazioni pensa magari a un sommelier prezzolato pronto a sciogliere qualche goccia d'arsenico in un buon bordeaux d'annata. Per fugare o confermare i sospetti un metodo ci sarebbe, a dire il vero, a portata di mano. Come sosteneva Dupin, la verità non sempre sta in fondo al pozzo. Stavolta è direttamente racchiusa in un teschio conservato al Musée de l'Homme di Parigi. Pare sia quello del grande Cartesio, trafugato, venduto all'asta, studiato da anatomisti e frenologi. Una semplice analisi chimica potrebbe chiarire ogni cosa, giacché questo veleno lascia tracce anche a distanza di secoli. Ma ogni richiesta del dottor Pies è andata per ora elusa. Forse i francesi l'analisi l'hanno già fatta da tempo e con esito positivo, altrimenti si darebbero la pena di confutare ogni cosa. Oppure temono che qualcuno possa mettere in forse l'autenticità del reperto. E poi c'è di mezzo un sospetto assai spiacevole: che mio dei maggiori filosofi francesi sia stato ucciso per mano di un connazionale più attento ai dogmi che alla vita del prossimo. Nell'attesa il Dupin tedesco ha girato sull'argomento un paio di documentari televisivi. Uno l'ha acquistato anche la Francia, ma mai trasmesso. E così il mistero s'infittisce. Resta pur sempre una certezza: i resti mortali di Descartes conservati nella chiesa di Saint-Germaindes-Prés. Il giorno che ci diranno che anche quelle poche ossa sono di qualcun altro, non potremo che trovar totale conferma della filosofia di Monsieur Descartes, che, come è noto, elevò il dubbio a metodo scientifico. Luigi Forte Spunta la lettera di un testimone che descrive l'agonia del pensatore in Svezia: i sintomi sono quelli tipici dell'arsenico. Il cerchio dei sospetti si stringe intomo a un monaco Cristina di un testimone ia del pensatore ono quelli tipici chio dei sospetti mo a un monaco lli che cato la valiere celebre E. A. eccelo a suo ilosofo né Dea, CarCuckhausre abbizioni èvio madi Leicorrispnato dmedicoJohangen, quni la stesso l'I 1 fecevettmedicoEra stnegli della mdescritperò ctutta fdefinitstrano scritti di una mito nlare...»compr Nell'immagine grande un ritratto di Cartesio a lato il filosofo francese alla corte di Stoccolma con la regina Cristina La regina Cristina di Svezia che aveva l'abitudine di convocare Cartesio a Palazzo tutte le mattine alle cinque. Il filosofo morì in pochi mesi, l'I I febbraio 1650

Persone citate: Alberto Arbasino, Brockhaus, D'annunzio, Eike Pies, Johann Moritz Von Nassau, Luigi Forte, Touraine, Willem Pies