E' l'Uem il «motore» dell'Europa politica di Aldo Rizzo

=1 F OSSERVATORIO =1 E VUem il «motore» dell'Europa politica ITALIA è nello Sme con qualche sacrificio. Procede, sia pure a fatica, la marcia dell'Europa verso l'unione monetaria. Lo Sme è solo l'anticamera dell'Uem. Ma i rapporti di cambio che esso prevede sono la base di quella che sarà, tra poco più di due anni, la moneta comune. E questo ha reso complesso, diffìcile, il negoziato di Bruxelles. Quello che invece non procede, al punto da sembrare quasi fermo, è il tentativo di creare, accanto aD'Europa economica e monetaria, un'Europa politica. Là cosiddetta Cig (cioè la Conferenza intergovernativa per il rafforzamento della parte politica, appunto, del Trattato di Maastricht, avviata in marzo a Torino) è a un punto morto o quasi, quando mancano due settimane al vertice di Dublino, che dovrebbe approvare la bozza di un accordo, in vista di un esame conclusivo, in giugno ad Amsterdam. Ciò induce ad alcune riflessioni sulle prospettive globali dell'unità europea, almeno a medio termine. Secondo un modo di vedere, abbastanza diffuso nelle opinioni pubbliche, e non solo, il fatto che ai faticosi progressi economico-monetari non cor: risponda una «visibilità» europea sul terreno della politica estera e della sicurezza significa che l'Europa nel suo complesso non fa alcun serio passo avanti. Ciò non è vero. Per due ragioni. La prima è che l'unione monetaria, di per sé, rappresenta un salto di qualità anche politico. La moneta comune è qualcosa di ben diverso dall'unione doganale e dallo stesso mercato unico. La moneta è, col controllo del territorio e il monopolio della legittimità dell'uso della forza, un attributo essenziale della sovranità; e dunque la rinuncia alle valute nazionali è un passo potenzialmente decisivo verso un'autorità europea in senso generale. Lo sanno bene quei Paesi come la Gran Bretagna e altri, che, pur potendo aspirare subito, per rispetto dei «parametri», all'Uem, ne diffidano per le sue implicazioni politiche. La seconda ragione, conseguente alla prima, è che proprio quei Paesi che daranno vita per primi all'unione monetaria saranno una forza trainante anche per l'unione vita I neta I trair politica. Certo, sarebbe preferibile un'Europa che si desse tutt'intera, concordemente, una sicura e definitiva identità politico-strategica, e non bisogna rinunciare a battersi per quest'obiettivo. Ma nell'attesa, che potrebbe essere lunga e anche vana, è fondamentale che un gruppo di Stati membri (guidato, perché no, dalla Germania democratica e federalista di Kohl) si assegni un ruolo di punta, naturalmente lasciando aperta la porta ai ritardatari, e a quelli che sono ancora i candidati esterni all'Unione europea. E infatti, nella speranza di risultati maggiori o più ampi, la discussione nella Cig, da qui a Dublino e poi ad Amsterdam, verte sulla proposta francotedesca di un criterio di «flessibilità» o di «cooperazione rafforzata», dentro il quadro istituzionale comunitario. Quali le conclusioni? Presto iS detto. Né pessimismo né ottimismo, bensì realismo. L'Uem è molto importante di per sé, ma lo è doppiamente alla luce delle resistenze, britanniche e altrui, a una vera integrazione politica, perché può essere 1' «uscita di sicurezza» dell'Europa da un'ipotesi di fallimento. Ed ecco il grande significato, per l'Italia, del rientro nello Sme. anticamera dell'unione monetaria, con la possibilità di esserne parte fin dall'inizio. Certo, un lieve ritardo rispetto al 1° gennaio 1999 non sarebbe una tragedia, grazie appunto al principio di flessibilità, equamente inteso. Ma altra cosa è esserci subito, perché vorrebbe dire essere e anzi tornare dentro il gruppo «federatore», dentro il motore, il solo per ora disponibile, ma appunto per questo cruciale, vitale, dell'Europa del XXI secolo. La strada, ovviamente, è ancora in salita, ma importa che si prosegua nello sforzo concreto, anziché abbandonarsi a sterili dichiarazioni di fede in un tipo ideale di Europa, che non c'è. Aldo Rizzo !ZO^|

Persone citate: Kohl