La verità virtuale delle carte ritrovate

m IL PALAZZO La verità virtuale delle carte ritrovate TBANO Paese. Ogni tanto, in Italia, sia pure per poco, spariscono delle carte (pagina bianca di Mancuso, verbali Pacini Battaglia, ricerche Nomisma-Ffss, dossier Mach). Ed altre carte, invece, a un dato momento ricompaiono dal nulla, di solito indicando qualche nefandezza. Va da sé che i ritrovamenti sono molto più misteriosi delle sparizioni. Nell'autunno del 1990, per dire, con una dozzina d'anni di ritardo rispetto al sequestro Moro e la prevedibile partecipazione di qualche «manina» o «manona», l'abbattimento di un tramezzo in cartongesso portò alla caduta del muretto di via Montenevoso. Craxi e Andreotti, subito, si rinfacciarono la messinscena. Ora è difficile dire se la «scoperta» dell'archivio della Divisione Affari Riservati del Viminale, l'altra settimana, sia stata o no una messinscena. Se sia stata, cioè, casuale, o pilotata, favorita, esagerata, accettata, regolata, subita o che altro. Di sicuro, le carte ricomparse dentro l'anonimo deposito dell'Alberone jsiftvolta, sono davvero''tante, forse troppe: due camion capaci di contenere 265 raccoglitori in 2&scatoloni. Troppa grazia, dunque, San Spione! E però non è solo la spaventosa quantità di fascicoli, e il loro enigmatico rinvenimento, a renderla una tipica storia italiana di eccessi: se non vera, si può dire, bene inventata. Troppo semplice e insieme troppo complicata. Troppo casareccio lo sfondo di sottoscala e magazzini periferici in cui per anni hanno riposato i dossier. E troppi, al contrario, i soggetti (giudici, governanti, parlamentari, giornalisti e prevedibili agenti segreti) che adesso se li contendono. Senza che si sappia cosa vi si potrà trovare. Già, cosa c'è lì dentro? «Un 80-90 per cento di immondizia» ha già calcolato il presidente della Commissione Stragi, Pellegrino, con il che lasciando intendere che il restante 10 o 20 per cento del materiale, con tanto di sinistro reperto bombarolo, può far riemergere dalla polvere e dalla sporcizia un qualche barlume di verità. Ed ecco il punto: non serve a questo scoperchiare gli archivi? Non è la memoria chiusa in luoghi fino a ieri inaccessibili la miglior vendetta postuma contro i silenzi, i depistaggi e i segreti di una storia negata? Non che dubbi del genere siano peregrini, tutt'altro, specie in Italia. E tuttavia, pure con le migliori intenzioni dei nuovi arrivati, quasi sempre finiscono per tirarsi appresso un'apparenza, una semplificazione ingannevole, il sogno e il mito liberatorio dell'«apertura dei cassetti», o armadi che siano. I/idea, perciò, che tra i fondamenti del potere ci sia quello non solo di' ' conoscere ■ ier'ckrte1 proibite, ma anche di divulgarle nude e crude. E magari di giodarsele proprio, .contro chi - si tratti di Ustica o della morte di Mussolini, delle foibe o della strage di Portella della Ginestra - quelle carte aveva accuratamente blindato dentro armadi. Il che invece accade molto di rado. Perché la verità, semmai - e proprio da parte del nuovo potere - si spezzetta, si manipola, si negozia, si amministra. Al limite si seguita a celarla, questa verità, o a rimescolarla in un caos sempiterno di migliaia di fogli, cartelline bugiarde, falcioni senza nome, al di là di qualsiasi classificazione. Come sanno i poveri periti dell'inchiesta Gladio. L'enorme fiducia che la politica ripone negli archivi è dunque pari solo all'ignoranza delle sacre leggi che ne governano il respiro. Dentro gli armadi, a volte, la memoria implode; e la verità, soprattutto, sa sempre aspettare il suo tempo beffardo. SD Filippo Ceccarelli Bili |

Persone citate: Andreotti, Craxi, Filippo Ceccarelli Bili, Mancuso, Mussolini, Pacini Battaglia, Portella, Spione

Luoghi citati: Italia, Ustica