Indulto dialogo Curcio-Bertinotti di Gio. Bia.

«Sblocchiamo l'iter della legge» «Sblocchiamo l'iter della legge» Indulto, dialogo Curdo-Bertinotti ROMA. «Ci sono ancora 250 persone in carcere, e 150 all'estero, che non possono tornare in Italia perché verrebbero arrestate. Tutto questo nel più assoluto silenzio». Le parole di Renato Curcio chiudono così il film «I cancelli della memoria», dialogo tra il fondatore delle Brigate rosse e Enrico Fletzer, un ex-giovane del movimento del '77, presentato e seguito da dibattito nella casa editrice messa in piedi da Curdo. Per rompere quel silenzio e rimuovere le acque ferme del progetto di legge sull'indulto, l'ex terrorista ha scritto una lettera al segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti, il quale auspica che all'indulto si arrivi e riconosce che anche quella della lotta armata è una «storia nostra, della sinistra». La lettera di Curcio viene pubblicata oggi dal quotidiano «Liberazione», sotto il titolo «Una detenzione ormai ingiusta». Il fondatore delle Br, che formalmente è ancora un detenuto dovendo rientrare in carcere ogni sera dopo il lavorò, scrive: «Non avendo mai voluto trasformarmi in un "caso giudiziario", non mi sono neppure rivolto alla Corte europea, preferendo sperare, prima ancora che in una soluzione politica e di giustizia, in un'affermazione di buon senso». Ma poi è arrivata la disillusione. «Devo riconoscere di essermi sbagliato - continua Curcio -, il buon senso non ha trovato la via per manifestarsi, la soluzione di giustizia, auspicata persino da mi capo dello Stato, è rimasta un proclama inattuato, e l'indulto langue in una commissione costretta a temporeggiare visti i numeri minacciati dalle aule». Il riferimento è a Francesco Cossiga - che oltre ad adoperarsi, da presidente della Repubblica, per la grazia a Curcio, s'è dichia¬ rato favorevole all'indulto - e al progetto di legge ancora fermo alla commissione Giustizia della Camera, che dovrebbe eliminare i sovraccarichi di pena per gli ex terroristi stabiliti proprio dalle leggi dell'emergenza che portano il nome di Cossiga. Al fondatore delle Brigate rosse risponde Bertinotti, che comincia così la sua lettera: «Caro Curcio, 22 anni di detenzione (il suo arresto è del 1974, ndr) sono tanti, forse troppi, per qualsiasi reato». Il segretario di Re ricorda che da tempo il suo partito è favorevole «ad un provvedimento che ponga fine ai lasciti dell'emergenza», e ribadisce la necessità di «una proposta di indulto, misurata e inoffensiva della memoria delle vittime, tendente a cancellare le sovrapenalizzazioni e le disparità di trattamento causate dalle leggi speciali degli anni Settanta e Ottanta». Infine, la considerazione non più giuridica, ma politica e storica di Bertinotti sulla stagione del terrorismo: «Si tratta anche di affrontare una delle questioni più controverse della storia dell'Italia repubblicana, che ha profondamente diviso e segnato la sinistra italiana. Eppure quella vicenda è storia nostra, della sinistra, con cui chi vuole cimentarsi in un nuovo progetto di trasformazione deve confrontarsi». E a Curcio dice: «Questa consapevolezza politica fino ad oggi è mancata; con questa consapevolezza è possibile forse concludere ora la tua lunga, ed ormai ingiusta, detenzione». Riparte dunque da questo scambio di lettere il dibattito sull'indulto, che il ministro della Giustizia ha affidato al Parlamento. Ma a Montecitorio quel dibattito s'è arenato, soprattutto per le perplessità degli ex democristiani e per'il «no» arrivato da Fini. [gio. bia.]

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